Proteste

Sport per tutti? Non se ci si mette di mezzo la burocrazia

Oggi è stato organizzato un presidio davanti al Campidoglio, per protestare contro la possibilità che venga interrotta la continuità del progetto Filippide, che permette a 80 persone autistiche - anche minori - di praticare attività sportiva

di Veronica Rossi

A Roma, lo sport non è per tutti. O rischia di non esserlo, viste le difficoltà che sta incontrando il progetto Filippide, programma sportivo – in particolar modo di corsa e nuoto – per persone autistiche e con malattie rare, nato nel 2005. Per questioni burocratiche la continuità dell’iniziativa presente in otto Regioni italiane potrebbe interrompersi nella Capitale. Per questo motivo oggi gli atleti, i genitori e i lavoratori dell’associazione sportiva hanno organizzato un presidio davanti al Campidoglio, con cui chiedere che le incomprensioni si appianino.


«Siamo assegnatari di un servizio in ambito sportivo per il Comune di Roma», racconta Nicola Pintus, fondatore dell’associazione, «destinato a persone con autismo di grado grave o gravissimo». È nell’ambito del progetto Filippide, per esempio, che viene realizzata la manifestazione sportiva “Run for autism”. All’inizio di quest’anno, però, è entrata in vigore la riforma dello sport: gli istruttori sono – giustamente – diventati lavoratori a tutti gli effetti, a cui bisogna versare i contributi previdenziali. Un aggiustamento doveroso, che tuttavia ha provocato delle divergenze tra il Comune e l’associazione; non è stato, infatti, aumentato il contributo economico destinato al progetto, che dovrebbe rinnovarsi col primo di ottobre con un bando pubblico e continuare per nove mesi, dando la possibilità a 80 persone con disabilità gravi – anche minori – di intraprendere un’attività sportiva. Quest’anno, dopo diverse sollecitazioni, il bando è stato pubblicato solo il cinque settembre, non permettendo l’avvio delle attività prima di novembre.

A progetto Filippide è stata offerta una proroga per garantire la continuità, ma gli importi paiono non essere adeguati alle nuove esigenze dell’associazione, visto che sarebbero mantenuti stessi “patti e condizioni” dell’accordo precedente. «Il rapporto con l’amministrazione è diventato via via più conflittuale», continua Pintus, «perché noi abbiamo posto all’ordine del giorno i costi, che sono lievitati in maniera importante; noi siamo degli esecutori del servizio e nient’altro. Il Comune ci ha offerto una cifra minima per effettuare la proroga e noi abbiamo ribadito che non era economicamente sostenibile». Secondo il fondatore, questa situazione provocata da ritardi e burocrazia genera prima di tutto un danno sui partecipanti. «Le persone con autismo oggi vedranno negato il loro diritto alla pratica dello sport, che dovrebbe essere garantita dalla convenzione delle Nazioni Unite, che è stato inserito nello statuto di Roma Capitale, a cui il bando fa riferimento», commenta. A fare le spese delle difficoltà saranno anche i lavoratori e le famiglie, motore della mobilitazione di oggi. Ma cosa fare, a questo punto, per risolvere lo stallo? Secondo Pintus sarebbe meglio mettere da parte la conflittualità ed entrare in un’ottica costruttiva, tentando di ricostruire un rapporto positivo tra il Comune e l’associazione. «Bisogna tentare di trovare insieme una soluzione», conclude, «magari anche con una delibera del consiglio capitolino che ponga rimedio a questa situazioni e trovi gli strumenti affinché questi ragazzi, al primo di ottobre, comincino l’attività».

Foto nell’articolo fornite da Progetto Filippide

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