Formazione

Sport, chi specula sulla formazione?

In Italia i dirigenti delle piccole società non possono qualificarsi.

di Pasquale Coccia

Sulla pista dello sport corre anche l?economia. Un sodalizio che è destinato a consolidarsi nei prossimi anni: merchadising, management, gestione delle risorse, sponsorizzazioni sono termini ormai noti anche alle società sportive piccole e medie. O per lo meno dovrebbero esserlo. Oggi la gestione di una società che annovera 10 squadre di pallacanestro o di calcio non può più essere lasciata a se stessa e necessita di dirigenti capaci di muoversi tra i principi basilari dell?economia dello sport. Eppure, un esercito di ben 800 mila persone impegnate nelle 82 mila società sportive italiane opera ancora secondo uno spirito di puro volontariato.
A ovviare al problema ci si pensa da tempo, ma con scarsi risultati. Organizzazioni come la Fifa, l?università Bocconi e altri atenei hanno avviato corsi di formazione per dirigenti, che però spesso hanno generato confusione per il fatto che fossero condotti da persone che non avevano alcuna esperienza in associazioni sportive. A fare le cose per bene ha pensato il Coni qualche anno fa, provvedendo a istituire una scuola di formazione per dirigenti con tanto di corsi teorici, tirocinio presso le società sportive, esami e tesi finale. Il corso, organizzato dal dipartimento di Economia e Tecnologia dell?università di San Marino, è riservato però ad appena 25 partecipanti. E poi perché questa soluzione esterofila, quando il Coni dispone di ampi spazi per ospitare un master a Roma? Il Coni ha anche promosso un corso di formazione per le società sportive di base presso la Scuola dello sport, in collaborazione con una fantomatica Associazione bancari sportivi, il cui numero telefonico corrispondeva all?abitazione di un bancario raccattato all?ultimo momento dai dirigenti del Foro Italico. Perché il ministro Melandri non interviene? Intanto quello della formazione dei dirigenti sportivi resta un problema per le società dello sport per tutti, mentre le istituzioni pubbliche latitano e quelle private traggono profitti.
A Roma ad esempio ha sede la più prestigiosa istituzione privata di economia dello sport, la European School of Economics, che si fregia di aver avuto tra i suoi studenti Manuela di Centa, Fiona May, Yuri Chechi, e il calciatore della Roma Cafu. L?iscrizione annuale però è di 10 milioni, una somma di difficile portata per le società sportive impegnate nella promozione dello sport per le fasce più deboli, come bambini, ragazzi extracomunitari, anziani. «Le associazioni sportive hanno bisogno della formazione di dirigenti, perché la gestione è difficile», afferma Nicola Porro, presidente dell?Unione italiana sport per tutti (Uisp). «La latitanza delle istituzioni sportive pubbliche consente a numerosi sistemi privati di speculare, ma la formazione dei dirigenti dell?associazionismo sportivo non profit è un problema che dovrà essere affrontato alla prossima Conferenza nazionale dello sport. Le neonate facoltà universitarie di Scienze motorie potrebbero assolvere a questo compito, ma è ormai inderogabile l?approvazione della legge sull?associazionismo sportivo, che tutelerebbe le associazioni sul piano giuridico ed economico».

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