Sostenibilità

Spielberg contro tutti

Münich - Film impeccabile dal punto di vista formale, ha spaccato l’opinione pubblica perché fa emergere i dubbi degli israeliani e le ragioni dei palestinesi. Impegnato

di Maurizio Regosa

Serrato, fortissimo, emozionante. Münich di Steven Spielberg è davvero un grande, epico racconto, che tiene incollati alla poltrona. Che fa trepidare. Che rende incerto il giudizio: per chi fare il tifo, quando tutti hanno superato il limite della giustizia? Certo non per quei palestinesi feroci organizzatori del attentato alla squadra israeliana alle Olimpiadi tedesche del settembre 1972. Certo non per gli ebrei, che decidono di armare un piccolo gruppo clandestino di uomini quasi comuni per uccidere, uno dopo l?altro, undici fra mandanti e organizzatori dell?attentato, appartenenti all?organizzazione terroristica Settembre nero. Ma dalla violenza cosa può nascere se non altra violenza? E appunto Münich (sceneggiato da Tony Kushner ) racconta questa caccia nell?ombra: continui spostamenti da una nazione all?altra (dall?Italia al Libano, dalla Francia alla Svizzera), piani studiati nei dettagli, esecuzioni anche violentissime (rese in maniera spettacolare) e organizzate con l?aiuto di informatori ambigui. Su tutto, l?ossessione di portare a termine il lavoro affidato ad Avner (Eric Bana), il capogruppo, direttamente dall?allora primo ministro, Golda Meir (ma nessun governo israeliano ha mai esplicitamente ammesso di aver ordinato questa missione). Un?ossessione che non casualmente si concretizza in quella potente metafora del destino che è una lista, un?altra dopo quella di Schindler. Questa contiene i nomi degli arabi da eliminare, determina l?andamento del thriller, consente ai vendicatori di lasciar da parte ogni dubbio e incertezza, almeno fino a un certo punto. Fino a quando cioè la coscienza comincia a insinuare più di un interrogativo sull?utilità di questa missione, sulla certezza delle colpe, sull?efficacia di questo modo di contrastare il terrorismo. Spielberg – che ha tratto il suo film dal libro Vengeance di George Jonas – cerca di illustrare anche le ragioni dei palestinesi (grazie alla figura di Ali, una sorta di doppio di Avner) e mostra di aver raggiunto una conclusione piuttosto chiara (che in America e in Israele è stata accolta molto criticamente): non è così che si possono ricomporre fratture e sanare contrapposizioni così violente. Non è scendendo a patti con i propri valori che un paese può costruirsi veramente un futuro. Emblematica la scena in cui Avner (che in piena crisi esistenziale ha abbandonato Israele) discute di tutto ciò avendo alle spalle lo skyline di New York. Fra i grattacieli, riconosciamo le Torri gemelle. Luce in sala Travaux – lavori in casa di Brigitte Roüan, Francia Definito il Full Monty francese, è una commedia sui sans papier con la Bouquet nei panni di un avvocato difensore degli immigrati espulsi dalla Francia. ** Persona non grata di Krzysztof Zanussi, Pl/Rus/I Tra politica e religione, un vecchio diplomatico non accetta più le ipocrisie del suo lavoro: la perdita della moglie lo fa svoltare, e tornare un uomo semplice. *** Battaglia nel cielo di Carlos Reygadas, Mex/Fr/B/D Mexico City. I fatti legati a un rapimento fanno cadere nello sconforto l?autista di un generale. Inaspettato e visionario. ** Volevo solo vivere di Mimmo Calopresti, Italia Testimoni: nove cittadini italiani sopravvissuti alla deportazione nei campi di sterminio di Auschwitz raccontano. **


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