Volontariato

Spieghiamo ai ragazzi che un somalo vale 500 volte meno di un americano

Editoriale di Giuseppe Frangi

di Giuseppe Frangi

Marco Revelli ci ha presentato questa statistica sconvolgente: misurando in chilocalorie i consumi di un cittadino, ci troviamo davanti ad una classifica di questo tipo. Gli Usa mettono a disposizione 250mila chilocalorie per ogni loro abitante; in Italia siamo a quota 100mila; in India si scende a 5mila; in Pakistan a 1.700; in Somalia ci si ferma a 588. Chiaramente, la proporzione è sconvolgente. Ma ancor più sconvolgente è questa considerazione: che succederebbe se gli ultimi di questa classifica avanzassero la legittima pretesa di adeguarsi a livelli quanto meno medi. Se lo sono chiesto i teorici di questo modello di sviluppo cosa accadrebbe se un adeguamento simile si realizzasse? Sarebbe la fine probabile del pianeta, lo svuotamento in tempi rapidi delle sue risorse.
Questo modello di sviluppo si regge, insomma, sul dogma non dichiarato che chi è ricco può continuare ad esserlo a patto che chi è povero accetti di restare tale. Sino ad ora così è accaduto come ha dimostrato un?accurata analisi di Attac: dati alla mano (fonti il Center for Economic and Policy Research di Washington) l?organizzazione non governativa ha verificato che …la crescita dei paesi più poveri nel ventennio 1980-2000 è nettamente rallentata rispetto al ventennio precedente: più 0,5 medio all?anno contro un più 1,9% precedente. Identici trend registrano sanità e alfabetizzazione. Ma se questo non accadesse? Se il richiamo del mercato attirasse a sé altre grandi fette di popolazione del pianeta come accadde con la caduta dei regimi dell?Est? In Cina guardano già con grande preoccupazione al 2010 quando, secondo le proiezioni, nell?immenso territorio potrebbero esserci 100milioni di auto in circolazione. Cioè una ogni 15 abitanti (in Italia oggi siamo a una ogni 2,5). Le autorità sono preoccupate perché una crescita così porterebbe la Cina fuori dagli standard previsti da Kyoto per le emissioni di carbonio.
Non vogliamo continuare con lo stillicidio delle cifre, ma ci sembra che la questione sia così radicale e drammatica che solo un cambiamento delle coscienze può affrontarla. Nei prossimi giorni, tutte le scuole italiane riaprono i portoni. Un anno che in molti profetizzano carico di tensioni e di confusione e che invece noi preferiamo immaginarci completamente diverso. Un anno in cui si impari a ragionare sui libri di storia, di scienze e di geografia, leggendoli non più supinamente, ma come chiavi utili a capire il presente. Un anno in cui i professori sappiano proporre grandi personaggi, umili e inascoltati maestri di tolleranza e civiltà, come Aldo Capitini, nel cui segno si marcerà a Perugia il 14 ottobre. Un anno in cui i programmi non vengano depurati dai grandi maestri del pessimismo, quelli che non hanno mai avuto cuore per cantare le magnifiche sorti e progressive dell?umanità, siano essi Leopardi o Pasolini. Un anno in cui ai ragazzi si insegnino e si facciano leggere le storie di uomini, innamorati del genere umano e del suo destino, siano essi Gandhi, don Bosco o Charles Péguy.
Un anno insomma un po? fuori dagli schemi, pensato nella certezza che l?attesa di tanti ragazzi, dopo questa estate così violenta ma anche così decisiva, è quella di capire di più, di sapere se ci sono altre strade percorribili, per crescere sottraendosi alla logica muscolare del successo e della potenza. È un augurio sincero, che cercheremo di accompagnare durante i prossimi mesi con un lavoro di informazione che aiuti tutti, a cominciare da noi, a costruire le parole e i gesti di un mondo che abbia davvero voglia di essere diverso.

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