Non profit

Spettacoli di beneficenza Niente Iva sui biglietti

Obblighi e agevolazioni nelle raccolte pubbliche di fondi

di Carlo Mazzini

So benissimo che se inizio a parlare di Siae, a molte organizzazioni (e ai loro amministratori) viene l’orticaria. Ma questa volta vi voglio sorprendere parlando bene non della Siae, ma di un adempimento che la vede coinvolta.
Prima di tutto sapete cosa sono i diritti d’autore? Benissimo: dimenticateli perché non è di questo che voglio parlarvi. Il tema è l’Iva nelle raccolte pubbliche di fondi. Le raccolte pubbliche di fondi (rpf) sono uno dei modi più conosciuti ed usati dalle organizzazioni, grandi e piccole, per trovare risorse e per farsi conoscere da un pubblico più esteso.
Quando, in occasione di celebrazioni, ricorrenze e manifestazioni l’ente non commerciale offre beni o servizi ai sovventori, possono crearsi le condizioni affinché questa attività non sia catalogata come vendita ma sia una vera e propria rpf, e come tale consenta la decommercializzazione delle entrate e dell’attività in generale. La condizione primaria è che queste rpf siano occasionali, e possiamo supporre che due o tre all’anno sia un numero ragionevole di occasionalità; attenzione, è una supposizione, dato che nessuna norma – a parte una per le sportive dilettantistiche – dice cosa si intenda per occasionalità.
Una seconda condizione è che i beni offerti siano di modico valore, concetto che potremmo “quantificare” traslando l’omologo concetto Iva che fissa il modico valore (dei beni, non dei servizi) alle vecchie 50mila lire, quindi circa 25 euro. Infine, molto importante, ricordiamoci di redigere un rendiconto separato entro quattro mesi dalla fine dell’anno finanziario, per ogni rpf, con allegata relazione illustrativa. Questi gli adempimenti, cui bisogna aggiungere i permessi di occupazione suolo pubblico del caso. Se rispettiamo queste regole del gioco, quali sono le agevolazioni delle quali possiamo godere?
Prima di tutto la non commercialità ai sensi Ires (art 143, c 3, lett a, Tuir), quindi le entrate che abbiamo raccolto non sono soggette alla principale tra le imposte indirette. Ma la norma si spinge oltre. All’art 2, c 2 del dlgs 460/97 si legge che le attività di rpf sono esenti da ogni altro tributo. Quindi dimentichiamoci di pagare qualsiasi altra gabella, locale (no imposta sulla pubblicità) o statale, detto che i diritti di segreteria sono dovuti. Subito prima afferma anche, partendo dalla norma europea sull’Iva, «fermo restando il regime di esclusione dall’imposta sul valore aggiunto». Attenzione, non sta parlando dell’Iva sugli acquisti, ahinoi, ma su quella delle nostre “vendite” che in realtà sono “offerte”. È importante prima di tutto perché ci evita gli adempimenti legati a questa imposta (scritture, registrazioni, ecc.), ed inoltre evita il versamento dell’Iva allo Stato. Sulla vendita dei beni non ci siamo posti mai la questione di ivare il fiore o il frutto. Ma sui servizi quante volte vi siete sentiti chiedere dalla Siae il pagamento dell’Iva per i biglietti venduti per lo spettacolo di beneficenza?
Qui entra in gioco appunto la Siae che giustamente richiede – ove dovuti – i diritti d’autore (non sono tributi), ma che in questo caso non deve chiedere l’Iva, anche se la Siae sulla base di una convenzione con l’Agenzia delle Entrate ha tra i propri compiti quello di vigilare (ed incassare) i corrispettivi “ivati” di spettacoli e di intrattenimenti. Quell’Iva alla Siae e in generale allo Stato non compete. Di grazia, non ce la chieda più.

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