Dopo 24 vertici inutili o quasi, alcuni perfino dannosi, il recente summit europeo di fine giugno ha segnato una vera svolta. Non è stato certo “il vertice risolutivo”, molte cose che sono da fare restano ancora da decidere, molti dettagli sono da precisare nelle prossime settimane e, si sa, il diavolo si nasconde sempre nei dettagli, ma si è finalmente imboccata una nuova rotta, che ha corretto decisioni sbagliate (quella inerente il rango di creditore privilegiato dei due firewall europei) o accordi superati (nei fatti quello degli automatismi delle convergenze di Maastricht) e si sono coniugate le esigenze di breve termine con quelle di lungo termine, il necessario rigore con la giusta crescita, regole più stringenti e percorsi per ulteriori passi nella integrazione europea, che comporta solidarietà certo ma anche cessione di sovranità.
C’è un dato che colpisce in quanto accade nello spazio pubblico europeo negli ultimi tre anni. Ed è la straordinaria accelerazione di tutti i processi politici, determinata dall’estendersi e dall’aggravarsi di una triplice crisi (finanziaria prima, economica e sociale poi, del debito pubblico e della sostenibilità dell’assetto delle finanze pubbliche e del sistema bancario europeo infine) che ha ormai generato una più generale crisi di sistema capace di compromettere non solo i nostri sistemi sociali ma anche i nostri sistemi politici.
Dopo dieci anni di balbuzie, 23 anni di costruzione europea dopo la caduta del mura all’insegna di troppe riforme a metà, l’Unione si è trovata ad affrontare la vera prima crisi sistemica dalla sua fondazione e non sempre la nostra classe dirigente è stata all’altezza. Si sono rincorsi i riti dei vertici inutili, con decisioni parziali, talora finte, con comunicati volti a calmare i mercati e l’effetto che il giorno dopo tutto crolla.
Questo vertice si è invece svolto all’insegna di una cifra del tutto diversa e l’aspetto forse più positivo è che si è trattato di un vertice vero, con una trattativa serrata, aspra, con tensioni e conflitti evidenti e alla fine decisioni che, a mio parere, sono cruciali.
Il passaggio della vigilanza bancaria dal livello nazionale a quello europeo è una cessione di sovranità decisiva verso più integrazione e più solidità del sistema, le nuove regole di intervento nei confronti delle banche e la possibilità di interventi di calmierare gli spread dei paesi sotto attacco speculativo sono un segnale decisivo verso i mercati (non potete più fare quello che volete…..) capace di rompere il ciclo vizioso dell’intreccio tra debito pubblico ed esposizione delle banche; il patto per la crescita e le risorse ad esso finalizzate (120 miliardi, pur con i limiti della loro composizione) sono questione che, come ben si ricorda, solo sei mesi fa erano un tabù assoluto; il complesso piano presentato dal Presidente Van Rompuy per la costruzione delle prossime tappe di una integrazione economica, fiscale e politica dell’UE sono anch’esse un cambio di passo a lungo voluto dal tandem Merkel – Monti e dal Parlamento europeo, ora calendarizzato in una agenda serrata nei prossimi sei mesi.
Ad un passo dal baratro, si è cambiata rotta, e ora bisogna essere conseguenti e determinati nella applicazione delle decisioni prese all’unanimità tra i 27 paesi membri.
Per questo mi permetto tre considerazioni.
E’ del tutto fuori luogo cercare con il bilancino chi ha vinto e chi ha perso. Ha vinto l’Europa, ha vinto la responsabilità collettiva, ha vinto il desiderio di trovare un futuro comune, di non soccombere, di uscirne insieme. Ha vinto la straordinaria pressione dei popoli, delle organizzazione sociali ed economiche e della gran parte dei partiti di tutta Europa. L’Italia del governo Monti ha dato un contributo decisivo, preparato per mesi, la Francia di Hollande è stata anch’essa determinante, ma la Germania non ha perso, anzi. Se si legge con molta attenzione il comunicato finale si osserva che è passata quella logica europea che per troppo tempo abbiamo messo da parte. Non è che ora è tornato il tempo delle cicale e delle regole fatte a misura di ciascuno di cui per troppo tempo molti hanno abusato (anche l’Italia e la Germania). E neppure che si continua solo a parlare di austerità e rigore, senza una prospettiva di sviluppo e di un piano organico e di prospettiva.
Le due parole chiave di questa difficile fase dell’UE sono Solidarietà e Sovranità: ampliare gli spazi della prima, resistendo a tutte le fortissime pressioni delle rispettive opinioni pubbliche di restringerle, e procedere a ulteriori e sostanziali cessioni di sovranità nazionali per sovranità condivise nel campo economico, fiscale e politico, questione anch’essa assai ostica da oltre vent’anni per molti paesi europei (Francia in testa) e forze politiche le più diverse, sono l’unica road map che abbia oggi un senso. Il Vertice di Bruxelles ha fatto scelte precise in questo senso, sistemiche e non di facciata. Potranno ora essere oggetto di dure e faticose critiche applicative, ma il fatto resta in tutta la sua portata e nella sua complessità.
La seconda considerazione è che, seppure molte decisioni tecniche debbano ancora essere precisate, tutti (commentatori, analisti, media, mercati, politici, mi pare anche le opinioni pubbliche) hanno chiaramente percepito la valenza politica di questo vertice e il salto di leadership collettiva che si è misurato a Bruxelles in questo fine giugno 2012. La politica, quella vera, è finalmente tornata in campo, quella che comporta vero coraggio nel negoziato. Ora è decisiva la capacità di ogni leader di difendere i risultato nel proprio paese, di convincere i propri cittadini ed elettori e non di alimentare qualche frottola ad uso dei sondaggi elettorali. Non è all’altezza del coraggio e della lungimiranza dimostrata da tutti i leader europei nella lunga 48 ore di Bruxelles tornare a casa e tirarsi indietro, come hanno fatto i primi Ministri di Olanda e Finlandia e come duramente hanno stigmatizzato Barroso e Van Rompuy di fronte al Parlamento europeo a Strasburgo questo mercoledì 4 luglio.
Il terzo fatto, passato assai più sotto silenzio, è contenuto nel punto 4 della road map proposta da Van Rompuy al Vertice e che pone per la prima volta da lungo tempo, a quel livello, la questione della ricostruzione di una nuova legittimità democratica a livello continentale, rispetto ai passaggi strutturali e di integrazione che si vanno disegnando. Un punto he riprende quanto già espresso alcuni mesi or sono da un applauditissimo intervento del Premier Monti di fronte al Parlamento europeo. Un punto quantomai cruciale, sia per le crescenti tendenze xenofobe e nazionalistiche che attraversano tutte le opinioni pubbliche dell’UE e che si traducono in quasi tutti i paesi in precise e pericolose proposte di nuovi e vecchi movimenti politici. Proprio in questa linea, ho già epresso da alcuni mesi una precisa proposta nella plenaria del CESE, in presenza del neo Presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz. In sintesi, che si utilizzi l’anno 2013, Anno europeo dei cittadini, per preparare in modo adeguato il prossimo appuntamento delle elezioni europee del 2014, animando un largo e cruciale dibattito sull’Europa che vogliamo nel 2020. Si può fare, lavorando per la convocazione a fine 2013 degli Stati generali del Parlamenti dell’Europa (Parlamento europeo più i Parlamenti dei 28 allora membri dell’UE) che discuta delle cinque o dieci priorità per l’Europa che vogliamo, rimettendo così al centro lo spazio della democrazia rappresentativa che è il pilastro su cui si fondano le nostre società. A fianco di questa convocazione, si potrebbero convocare, da parte del CESE, gli Stati generali della società civile europea, con il medesimo e convergente obiettivo, dando così vigore alla gamba sempre più necessaria delle democrazia partecipativa.
Questo duplice e convergente processo, facendosi interprete di quanto previsto dagli articoli 10, 11 e 12 del Trattato dell’UE sui principi democratici su essa è fondata, potrebbe così adeguatamente accompagnare questo nuovo approccio sistemico avviato dal Vertice di Bruxelles di fine giugno 2012 e renderlo politicamente più strutturale e stabile.
E’ difficile dire se e come questo vertice sarà ricordato come una tappa decisiva della politica europea. In ogni modo, noi tutti sappiamo che già oggi l’80% delle decisioni che contano vengono prese in ambito europeo, che senza un decisivo e inevitabile passo avanti, questa costruzione di pace e progresso è quantomai a rischio implosione, con la conseguenza che finiremo tutti, Germania compresa, per prendere ordini dalla Cina o dall’insieme delle altre economie emergenti e che soprattutto dovremo pagare costi inimmaginabili per il nostro tenore di vita e per le nostre società. Il costo di una rottura dell’Euro e della conseguenze crisi sistemica dell’UE è stato calcolato in riduzioni del 40-50% del PIL per i paesi più deboli (Italia compresa oggi) e del 20-25% le economie più forti (Germania in testa). Nessun sistema sociale o politico può resistere ad un tale tsunami e noi europei ben sappiamo ciò che ciò ha significato nel secolo passato.
Per tutto questo, la “Piazza europea” nel senso letterale del termine (spazio delle opinioni pubbliche e spazio delle istituzioni) diventa oggi ancor più cruciale per tutti noi. E richiede anche uno sforzo decisivo del mondo della cultura, dei media, della società civile organizzata, per partecipare, discutere, informarsi e impegnarsi a costruzione ciò che Habermas chiamava lo spazio pubblico europeo. E ora di coraggio, speranza, visione, coesione, scelte anche difficili si imporranno, non solo a causa della crisi ma anche di cambiamenti strutturali che per troppo tempo abbiamo ignorato.
La Piazza europea è troppo importante per noi, per i nostri figli e anche, io credo, per il mondo intero, per lasciarla solo alle tendenze disgregatrici, agli appetiti sempre presenti degli speculatori e dei falchi, che puntano sul nostro disastro per fare affari. Non cediamo dunque ai tanti fuochi fatui che si rincorrono, alle logiche di bottega e al pessimismo della decadenza dell’impero. Ci sono enormi energie da liberare, uomini e donne di grande valore capaci di accompagnare il processo, eredità importanti da non disperdere, un futuro ancora tutto da disegnare: sursum corda, con l’orgoglio di essere cittadini europei!
Per chi volesse approfondire sui testi ufficiali dell’ultimo vertice:
http://www.european-council.europa.eu/council-meetings?lang=it#t2
‘Compact for Growth And Jobs’:
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/12/497&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en
Fiscal Union:
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/12/483&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en
Banking Union:
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/12/478&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en
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