La grande riunione all’Onu di New York del 22 aprile 2016 dei 170 Paesi che hanno sottoscritto gli impegni (ancora solo volontari) decisi alla Conferenza della COP 21 di Parigi del dicembre 2015, dovrebbe dare speranze a chi si fida di una resipiscenza di un’Umanità ancora alla rincorsa di un inarrestabile sviluppo sia demografico sia economico. Proprio la malattia che sta portando la stessa specie Homo Sapiens a superare di molto i confini di un Pianeta i cui limiti di sostenibilità naturale sono già stati da tempo oltrepassati.
L’impegno, non immediatamente operativo, firmato dai 170 capi di stato convenuti – nell’anno più caldo da quando si misurano le temperature mondiali -entrerà in vigore (con controlli nel 2023) solo quando almeno 55 Paesi, responsabili di almeno il 55% delle emissioni climalteranti, si impegneranno non più a contenere l’aumento delle temperature al 2% come finora previsto, ma addirittura, con un ottimistico quanto utopico slancio, all’1,5% rispetto al 1990. Se può interessare, a livello planetario, a maggio 2016 la percentuale di CO2 nell’atmosfera terrestre ha superato il limite delle 400 parti per milione, salendo, con una rapidità preoccupante, alle 407p.p.m!
Se, da uomo della strada preoccupato per il futuro dei figli e nipoti, considero quanto – sia a livello politico/governativo sia a quello economico/comportamentale – si sta verificando nell 8° paese industriale del pianeta, non mi sento di poter essere ottimista, almeno per quanto riguarda il nostro Paese.
La vendita di autoveicoli, tra i maggiori responsabili degli inquinamento atmosferici, cresce in maniera consistente: nel 2016 l’aumento delle immatricolazioni in Italia è stato del 17,4%, specialmente nel comparto dei SUV, mezzi universamente noti come i peggiori ma i più amati di tutti gli autoveicoli. In Europa (e anche da noi) è la categoria più venduta con il 24% delle immatricolazioni. Senza contare che l’Italia detiene il record (dopo il Lussemburgo e l’Islanda) del numero di auto rispetto alla popolazione: 61 auto ogni 100 abitanti, un triste primato dovuto all’assoluta carenza del trasporto pubblico e alle politiche sbagliate del passato.
Per quanto attiene ai consumi di energie fossili, il referendum del 17 aprile 2016 contro il mantenimento in funzione delle cosiddette trivelle petrolifere che operano nei nostri mari è stato pochi giorni fa sconfitto a tutto danno degli impegni presi a Parigi e a New York dai nostri governanti per un controllo alle emissioni.
Nel campo dei trasporti collettivi, le ferrovie (sicuramente il mezzo di trasporto più “ecologico” e meno inquinante) che nel 1939 avevano uno sviluppo complessivo di 22.992 km di strade ferrate, oggi sono scese a 16.038 come nel 1900, perdendo, solo dal 1970, ben 4. 263 km di binari. Questo mentre il trasporto su gomma è enormemente aumentato – così come gli investimenti per strade e autostrade – e mentre le ferrovie locali (indispensabili soprattutto per i pendolari) sono lasciate a livelli inaccettabili, sopratutto nel Mezzogiorno.
Le aree verdi (principalmente quelle agricole ma anche quelle “naturali”) produttrici di ossigeno e accumulatrici di gas e polveri nocive, scompaiono sotto asfalto e cemento al ritmo (record in Europa dopo la Germania) di 700 ettari al giorno. E, al contempo, una buona legge sul consumo del suolo giace da anni in Parlamento e quella del 1991 sulle Aree Protette (già penalizzate dal taglio dei finanziamenti) è minacciata da una proposta di legge che ne peggiorerebbe molto l’identità e la gestione.
I consumi di carne (gli allevamenti sono indiziati di provocare danni gravi al clima), sono cresciuti dai 27kg a testa di quarant’anni fa ai 91kg di oggi , contro i 123 degli USA, anche se quelli bovini sono recentemente in diminuzione causa la crescita del vegetarianesimo.
Una visione notturna dal satellite dell’Europa mostra un’Italia come un verme luminoso rispetto a nazioni meno sfolgoranti (anche se più ricche e sviluppate della nostra) . Un simbolo tangibile della corsa alle illuminazioni, spesso eccessive e inutili anche in luoghi e tratti stradali dove i fari delle auto dovrebbero essere sufficienti.
Infine, penso sia utile citare alcuni dati recenti che illustrano la situazione generale del nostro Paese nel campo degli impegni per la salvezza del clima.
Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2015 nell’Unione Europea le emissioni di CO2 sono aumentate dello 0,7%. In questo quadro, la posizione dell’Italia tra i grandi Paesi industriali responsabili dell’inquinamento atmosferico è deludente: mentre la Germania nell’anno passato non ha registrato aumenti di gas climalteranti e il Regno Unito è addirittura sceso a -2,9%, la Spagna è salita del 2,3% mentre il Bel Paese ha prodotto un aumento del 3,5%, record tra i maggiori Paesi, smentendo i dati secondo i quali negli ultimi anni l’aumento delle produzioni industriali non è stato collegato a un aumento delle emissioni globali.
Insomma, se si deve giudicare da quanto impegno verso un miglioramento del clima nei prossimi anni l’Italia sta mettendo in cantiere anche a livello di comportamenti personali (vedi l’uso eccessivo e patologico delle auto private) penso che nei prossimi anni ci si dovrà molto dar da fare.
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