Non profit
Spegnete la tv, riaccendete PPP
Nella settimana del devastante terremoto in Pakistan o del delicato referendum su cui si giocava il futuro dellIraq, la televisione ha taciuto per lasciar spazio agli amori di Al Bano
Trent?anni fa moriva Pier Paolo Pasolini. Ma Pasolini è uno di quei rarissimi intellettuali che è difficile dar per morti, tanto la sua passione, la sua intelligenza e la sua vitalità culturale lo fanno ancora ?vivere? in senso pieno. Per esempio il suo pensiero è assolutamente attuale riguardo a un?emergenza di cui, purtroppo, nessun suo erede s?è minimamente fatto carico: ed è la devastante invasività di questo modello televisivo sulla vita e sulla coscienza delle persone. è una questione che è stata giustamente sollevata da Antonio Socci sul Corriere della Sera. Ha detto Socci: in questi anni la realtà è stata espulsa dalla tv, a vantaggio della demenzialità dei reality o dei talk show. Cioè la realtà finta e artificiosa costruita sui set ha fatto fuori la realtà vera (e l?esilio di Santoro e Biagi, più che da motivi politici sembra dettato dal proposito di appiattire il cervello e la sensibilità delle persone).
Così nella settimana del devastante terremoto che ha fatto più di 50mila morti in Pakistan o del delicatissimo referendum su cui si giocava il futuro dell?Iraq, la televisione ha taciuto per lasciar spazio alla telenovela degli amori di Al Bano.
Quando si critica la tv per i suoi effetti di massificazione, il rischio è sempre quello di sfociare nello snobismo. In questa situazione la posta in gioco è diversa. E la sfida troppo drammatica, per nascondersi dietro alibi. Del resto non c?era nessuna ombra di snobismo in Pasolini quando profeticamente aveva lanciato sulla prima pagina del Corriere (com?erano diversi anche i giornali?) la sua umanissima invettiva contro la tv. «La responsabilità della televisione è enorme», scriveva nel 1973. «Essa non è soltanto il luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. è il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere». E poi concludeva, con parole drammatiche: «Il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione non solo ha scalfito l?anima del popolo italiano, ma l?ha lacerata, violata, bruttata per sempre?».
Davanti a queste parole si è sempre portati a difendersi. A recepirle come il punto di vista appassionato ma esagerato di un poeta. Invece Pasolini, dentro la visceralità dei suoi giudizi, colpiva un punto assolutamente vero: il teatro su cui si gioca questa drammatica partita è quello della persona. È la persona, nella dimensione concreta del suo esistere, e in quella fondamentale della costruzione della propria coscienza. è la persona a essere sotto questo attacco: punto così decisivo e così fragile di ogni costruzione sociale. Luogo minacciato dell?unica libertà che è presupposto di tutte le altre libertà. Non si tratta quindi di spegnere la tv: in un certo senso sarebbe una scorciatoia. Si tratta di non censurare questo dramma che oggi sta toccando il suo punto più acuto e più oscuro. E poi, come si augurava un altro grande personaggio che aveva una stima infinita in Pasolini, don Luigi Giussani, «il problema capitale è quello di riaccendere la padronanza che la persona ha su se stessa. Io non riesco a trovare un altro indice di speranza se non il moltiplicarsi di persone che siano presenze e che stabiliscano tra loro una ?sindacalità? nuova». Più che spegnere la tv, c?è da accendere una presenza così.
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