Non profit

Spegnete la tv, riaccendete PPP

Nella settimana del devastante terremoto in Pakistan o del delicato referendum su cui si giocava il futuro dell’Iraq, la televisione ha taciuto per lasciar spazio agli amori di Al Bano

di Giuseppe Frangi

Trent?anni fa moriva Pier Paolo Pasolini. Ma Pasolini è uno di quei rarissimi intellettuali che è difficile dar per morti, tanto la sua passione, la sua intelligenza e la sua vitalità culturale lo fanno ancora ?vivere? in senso pieno. Per esempio il suo pensiero è assolutamente attuale riguardo a un?emergenza di cui, purtroppo, nessun suo erede s?è minimamente fatto carico: ed è la devastante invasività di questo modello televisivo sulla vita e sulla coscienza delle persone. è una questione che è stata giustamente sollevata da Antonio Socci sul Corriere della Sera. Ha detto Socci: in questi anni la realtà è stata espulsa dalla tv, a vantaggio della demenzialità dei reality o dei talk show. Cioè la realtà finta e artificiosa costruita sui set ha fatto fuori la realtà vera (e l?esilio di Santoro e Biagi, più che da motivi politici sembra dettato dal proposito di appiattire il cervello e la sensibilità delle persone). Così nella settimana del devastante terremoto che ha fatto più di 50mila morti in Pakistan o del delicatissimo referendum su cui si giocava il futuro dell?Iraq, la televisione ha taciuto per lasciar spazio alla telenovela degli amori di Al Bano. Quando si critica la tv per i suoi effetti di massificazione, il rischio è sempre quello di sfociare nello snobismo. In questa situazione la posta in gioco è diversa. E la sfida troppo drammatica, per nascondersi dietro alibi. Del resto non c?era nessuna ombra di snobismo in Pasolini quando profeticamente aveva lanciato sulla prima pagina del Corriere (com?erano diversi anche i giornali?) la sua umanissima invettiva contro la tv. «La responsabilità della televisione è enorme», scriveva nel 1973. «Essa non è soltanto il luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. è il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere». E poi concludeva, con parole drammatiche: «Il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione non solo ha scalfito l?anima del popolo italiano, ma l?ha lacerata, violata, bruttata per sempre?». Davanti a queste parole si è sempre portati a difendersi. A recepirle come il punto di vista appassionato ma esagerato di un poeta. Invece Pasolini, dentro la visceralità dei suoi giudizi, colpiva un punto assolutamente vero: il teatro su cui si gioca questa drammatica partita è quello della persona. È la persona, nella dimensione concreta del suo esistere, e in quella fondamentale della costruzione della propria coscienza. è la persona a essere sotto questo attacco: punto così decisivo e così fragile di ogni costruzione sociale. Luogo minacciato dell?unica libertà che è presupposto di tutte le altre libertà. Non si tratta quindi di spegnere la tv: in un certo senso sarebbe una scorciatoia. Si tratta di non censurare questo dramma che oggi sta toccando il suo punto più acuto e più oscuro. E poi, come si augurava un altro grande personaggio che aveva una stima infinita in Pasolini, don Luigi Giussani, «il problema capitale è quello di riaccendere la padronanza che la persona ha su se stessa. Io non riesco a trovare un altro indice di speranza se non il moltiplicarsi di persone che siano presenze e che stabiliscano tra loro una ?sindacalità? nuova». Più che spegnere la tv, c?è da accendere una presenza così.


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