Scuola

Specializzazione sul sostegno, firmati i decreti

Attesissimi, ecco i due decreti che permetteranno a migliaia di docenti di sostegno non specializzati o specializzati all'estero di ottenere il titolo con corsi di quattro mesi, online. Il ministero parla di «oltre 60mila docenti precari». L'obiettivo? «Assicurare a ogni studente con disabilità docenti adeguatamente formati»

di Sara De Carli

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, ha firmato i due attesi decreti previsti dal decreto legge 71 del 2024, finalizzati all’attivazione di percorsi di specializzazione sul sostegno riservati a chi ha già avuto tre anni di incarico sul sostegno, pur non essendo specializzato e a chi ha conseguito un titolo di specializzazione sul sostegno all’estero. 

Si tratta di misure, afferma il comunicato del ministero, che vanno a creare «in via straordinaria e in aggiunta all’offerta formativa delle università (Tfa), un canale formativo di specializzazione specifico per oltre 60mila docenti precari», con il fine di «affrontare in modo efficace la grave carenza di insegnanti specializzati sul sostegno». A settembre Valditara aveva detto che «su 160mila insegnanti insegnanti precari, nell’anno scolastico 2023/24 ben 108.885 sono di sostegno: si tratta del 68%».

Per il ministro, «le misure adottate puntano ad ampliare la platea dei docenti qualificati per l’insegnamento sul sostegno, consolidandone le competenze maturate attraverso l’esperienza didattica. Il nostro obiettivo è assicurare a ogni studente con disabilità docenti adeguatamente formati». 

Il primo decreto va a disciplinare il percorso di 40 crediti formativi per i docenti che hanno già effettuato servizio sul sostegno, pur senza titolo di specializzazione, per almeno tre anni negli ultimi cinque anni. Il secondo decreto riguarda gli insegnanti che hanno acquisito un titolo di formazione specializzante sul sostegno in Paesi comunitari, e che hanno un contenzioso con il ministero per il riconoscimento di tali titoli: potranno completare la loro formazione attraverso specifici percorsi di 48 crediti formativi, rinunciando al contenzioso. Per chi ha titolo conseguito all’estero più un anno di esperienza professionale sullo specifico grado d’istruzione, basteranno 36 crediti. 

I corsi di specializzazione – dice il comunicato del ministero – «si svolgeranno interamente in modalità telematica e sincrona», diversamente da quel che avviene nel Tfa ordinario, «con tutti gli esami in presenza». Le attività di tirocinio, ove previste, «verranno svolte in presenza presso istituzioni scolastiche diversificate per grado di istruzione». Due punti che hanno già fatto esplodere le chat degli insegnanti in attesa di iscriversi a questi corsi di specializzazione in versione ridotta, poiché nel testo dei decreti anticipati da alcuni siti (al momento i decreti sono stati firmati ma sono in fase di registrazione prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, per questo i testi ancora non sono pubblici) si legge che, per il decreto relativo all’art. 6 che «è consentita la modalità asincrona per una percentuale non superiore al 10 per cento delle ore previste per tali insegnamenti. I laboratori sono svolti esclusivamente in modalità sincrona» e che «il tirocinio diretto e il tirocinio indiretto si intendono assolti dal servizio prestato su posto di sostegno per almeno tre anni scolastici nei cinque anni precedenti». In sostanza il tirocinio pare riguardare solo i docenti che hanno conseguito un titolo di specializzazione all’estero e che non hanno fatto almeno un anno scolastico in Italia (180 giorni) quali docenti su posto sostegno sullo specifico grado di interesse.

La durata dei corsi dovrà essere di non meno di quattro mesi. Indire dovrà definire a breve la propria offerta formativa, mentre le Università che volessero attivare questi corsi in parallelo all’offerta ordinaria di specializzazione sul sostegno, potranno farlo rispondendo ad avvisi del ministero dell’Istruzione e del Merito che saranno pubblicati nei prossimi giorni.

Riassunto delle puntate precedenti

Secondo i dati relativi all’a.s. 2023-24, da poco pubblicati da Istat, il numero di docenti per il sostegno con una formazione specifica negli ultimi quattro anni è cresciuto: gli insegnanti specializzati sono passati dal 63% al 73%. La presenza in classe di insegnanti non specializzati, però, è disomogenea in Italia: al Nord il dato arriva al 38%. L’11% dei docenti di sostegno comunque viene assegnato in ritardo. Per provare a ovviare a tali problemi, un anno fa è stato adottato il
decreto n. 71 (era il 31 maggio 2024), poi convertito in legge durante l’estate (la legge n. 106 del 2024). Con questo atto agli articoli 6 e 7 sono stati introdotti, in temporanea ed eccezionale e in aggiunta ai percorsi di specializzazione sul sostegno realizzati da anni dalle università (i cosiddetti corsi Tfa), la possibilità – fino al 31 dicembre 2025 – di ottenere la specializzazione attraverso percorsi formativi attivati da Indire o dalle università stesse. In partenza questi corsi avrebbero dovuto fornire 30 crediti, contro i 60 dei corsi ordinari: il numero dei crediti è stato quindi aumentato, su richiesta delle organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità.

Nei mesi scorsi, attorno a questa ipotesi c’è stato un acceso dibattito. Da un lato è chiaro che questi nuovi corsi rappresentano una soluzione alla carenza di
insegnanti specializzati, ma d’altra parte è stato segnalato il rischio di un significativo peggioramento della specializzazione e l’iniquità di trattamento fra chi si specializza con il percorso classico e chi, pur potendolo fare, non ha mai fatto la scelta di investire sulla propria formazione, preferendo incarichi sì precari ma comunque – stanti i numeri degli alunni con disabilità – certi.

«È chiaro che serve tamponare in emergenza una situazione che ci portiamo dietro da diversi anni», aveva commentato con realismo un anno fa Vincenzo Falabella, presidente di Fish. «Il decreto mi piace? No. Lo reputo necessario? Sì». L’aumento dei crediti da 30 a 40 era una loro specifica richiesta, che è stata accolta. Chiaro che questo intervento straordinario non risolve tutto: convinzione della Fish infatti è che serva introdurre una cattedra dedicata per il sostegno, «perché abbiamo docenti specializzati che però poi passano sulla disciplina. La nostra proposta di legge, che garantisce una formazione apposita sulle diverse didattiche inclusive e le conoscenze delle diverse condizioni di disabilità, andrebbe a formare insegnanti specializzati che saranno finalmente sullo stesso piano del curricolare». 

Per Dario Ianes invece, ordinario di Pedagogia dell’inclusione all’Università di Bolzano, era e rimane una «scorciatoia»: «È paradossale che per risolvere il problema della qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità… abbassiamo la qualità dell’inclusione stessa», diceva. Ancora nei giorni scorsi puntava il dito contro una formazione fatta interamente online, in classi di 150 persone: «Tutta l’operazione complessivamente è una pezza peggiore del buco. Il problema non è solo che non abbiamo abbastanza insegnanti specializzati, ma anche che in alcune regioni mancano centinaia di docenti e in altre di specializzati ne abbiamo anche troppi. Io sono affezionato ai Tfa ma ormai anche quel meccanismo è strutturalmente insufficiente a garantire personale specializzato: dobbiamo trovare un altro modo di pensare al sostegno».

L’altro tema, la richiesta di continuità didattica

Intanto ci sono novità anche sul fronte della possibilità per le famiglie di chiedere la conferma dell’insegnante di sostegno precario per l’anno scolastico successivo: una novità prevista fin dal 2017 ma a cui solo ora Valditara ha dato attuazione. Per la prima volta le famiglie potranno fare tale richiesta quest’anno, presentandola alle scuole entro il 31 maggio. Sul tema – annota la newsletter dell’Osservatorio Human Hall sui diritti delle persone con disabilità – desta perplessità la previsione secondo cui possono essere confermati anche docenti privi del titolo di specializzazione. Nelle settimane scorse il decreto è stato impugnato al Tar Lazio da alcuni sindacati, ma con il decreto del 12 aprile 2025, il Tar Lazio ha respinto la richiesta di sospensiva e ha rinviato al 25 settembre 2025 la discussione. «Un rinvio così lungo consentirà alla riforma di prendere il via nelle tempistiche indicate dal d.m. Non è allora da escludere che anche il Tar
voglia, prima di assumere le sue decisioni, verificare in che modo le novità troveranno concreta attuazione».

La Fish proprio oggi ha annunciato di aver conferito mandato ad alcuni avvocati per costituirsi in giudizio, come parte controinteressata, nel procedimento pendente presso il Tar del Lazio contro il decreto ministeriale n. 32/2025 che introduce misure finalizzate a garantire continuità didattica per gli alunni con disabilità, consentendo – su richiesta della famiglia e previo parere del Glo – la conferma del docente a tempo determinato su posto di sostegno già in servizio nell’anno scolastico 2024/25.

Le norme contestate non introducono favoritismi, ma strumenti di equità. La continuità didattica non è un privilegio, ma una garanzia di qualità e dignità educativa, e deve essere difesa con determinazione

Vincenzo Falabella, presidente Fish

«Fish ritiene che questa misura rappresenti un passo concreto verso un’inclusione scolastica reale, garantendo la continuità didattica, elemento cruciale per il percorso formativo degli alunni con disabilità. La stabilità educativa e relazionale offerta dalla conferma del docente di sostegno favorisce la coerenza pedagogica e la personalizzazione dell’intervento didattico.​ […] Una scuola realmente inclusiva si costruisce anche riconoscendo alle famiglie un ruolo attivo nel percorso educativo dei propri figli», si legge in una nota. Per Vincenzo Falabella, presidente dell’organizzazione, «la persona con disabilità deve essere messa nelle condizioni di costruire il proprio progetto di vita. E questo vale anche nel contesto scolastico. Non si può parlare di inclusione senza riconoscere l’importanza della continuità educativa. Le norme contestate non introducono favoritismi, ma strumenti di equità. La continuità didattica non è un privilegio, ma una garanzia di qualità e dignità educativa, e deve essere difesa con determinazione».

Articolo in aggiornamento.

In apertura, il ministro Giuseppe Valditara. Foto, Stefano Carofei/Sintesi

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