
Faceva freddo, tanto freddo, come non ero più abituata a provare. Qui a Torino gli ultimi inverni erano stati piuttosto miti. Stavo camminando vicino a casa, col mio deambulatore. Col freddo però, magicamente, le mie gambe funzionavano meglio. Mi sentivo rinvigorita, avevo voglia di camminare, di spingermi più lontano, rispetto ai soliti itinerari. Andavo avanti, incredula per non avere ancora provato stanchezza, ma venni presa dallo spavento. Se il freddo continuava, la strada avrebbe potuto gelarsi. Poco tempo prima erano scesi anche dei fiocchi di neve. Attardandomi nel camminare, rischiavo di trovare degli strati di ghiaccio, che potevano farmi cadere. Tornai indietro sconsolata e triste. Il mio sogno di libertà era già finito. Sentii di nuovo la frustrazione di non sapere cosa potermi aspettare dal mio corpo, come se non fosse il mio. Ritornata vicino al portone di casa mi sedetti a pensare, mi sentivo fragile come la Piccola fiammiferaia di Handersen.
Mi tornarono in mente le immagini della trasposizione cinematografica della famosa favola, realizzata da Jean Renoir. Mi sarebbe piaciuto calarmi nella dimensione surreale del film e poter accendere un po’ di fiammiferi magici. Magari sarei potuta fuggire per un attimo da quella triste sensazione di impotenza.
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