Sostenibilità

Spagna: pesce in pericolo. Sangue e sushi

Il tonno rosso, ingrediente fondamentale del famoso piatto nipponico, rischia di scomparire dal Mediterraneo. Nuova dispensa di Tokyo.

di Carlotta Jesi

È il piatto più conosciuto della cucina giapponese. Ma nel sushi servito sull?arcipelago nipponico, di orientale c?è ben poco. La materia prima, denunciano Wwf, Greenpeace e una lunga schiera di associazioni ambientaliste, arriva dal Mediterraneo. A tonnellate: 35, per tre volte a settimana, solo dall?aeroporto San Javier di Murcia, Spagna. Da cui, tra ottobre e gennaio, alta stagione per l?esportazione dei tonni, partono anche 454 mila tonnellate. Una quantità divenuta ingestibile per l?aeroporto che ha chiesto aiuto allo scalo di Alicante dove i carichi di tonno rappresentano già il 10% di tutta l?attività. Destinazione, per i voli che partono da entrambi gli aeroporti: Tokyo. Un surplus di produzione da destinare al mercato estero?

Meno 20%
Tutto il contrario: per la prima volta in 2mila anni di storia, sui mercati del Mediterraneo si fa fatica a trovare il tonno rosso. Perché le nostre acque – dove secondo la Commissione internazionale per la protezione del tonno atlantico negli ultimi 30 anni la popolazione di tonno rosso è diminuita del 20% – sono diventate la dispensa del Giappone.
Ma ciò che rischia di portare all?estinzione il tonno rosso, denuncia Greenpeace, è l?aumento della pratica dell?ingrassamento in acqua per soddisfare la domanda di sushi sui mercati e le tavole del Sol Levante.

Tokyo connection
Secondo il quotidiano spagnolo El Pais, la prove che il numero di pesci all?ingrasso cresce in maniera proporzionale alla domanda di sushi va ricercata nelle partnership nate fra le aziende nipponiche e numerose imprese che catturano tonni nel Mediterraneo. La giapponese Maruha, per esempio, possiede il 39% della spagnola Viver Atun. Il colosso Mitsubishi controlla addirittura il 49% della Atunes de Levante e la Mitsui il 39% della Tuna Graso.
Le conseguenze di questi interessi incrociati? Una produzione industriale di tonno rosso che rischia di far estinguere la specie, denunciano gli ambientalisti che chiedono una moratoria sull?installazione delle gabbie in cui vengono fatti ingrassare i pesci. Ma le loro proteste, almeno per il momento, non sembrano interessare le compagnie giapponesi che si difendono mostrando il buon impatto sociale delle loro importazioni.

Pescatori illegali
Secondo l?ultimo bilancio del Gruppo Fuentes – cui appartengono Viver Atun, Tuna Graso e Tuna de Levante – nel 2000 la sua attività avrebbero dato lavoro a 400 persone e le sue esportazione oggi rappresenterebbero il 3% del Pil di Murcia. Ma c?è di più. «Le imprese che si dedicano all?ingrasso del tonno rosso», spiega un comunicato del Gruppo Fuentes, «fanno un?attività del tutto lecita perché non pescano: si limitano a comprare il pesce, a farlo ingrassare e quindi a venderlo».
A occuparsi della pesca, infatti, sarebbero delle barche francesi che trasportano reti lunghe anche 100 chilometri e che localizzano i branchi di tonni con l?aiuto di aerei. Una pratica assolutamente illegale.
Preoccupata per il destino dei tonni rossi è anche la popolazione dei Paesi Baschi, dove oltre 2mila persone vivono della pesca di questa specie. «Negli ultimi quattro anni la pesca è passata da 4mila tonnellate a 2mila», ha denunciato al quotidiano madrileno Esteban Olaizola, presidente della Federazione dei pescatori dei Paesi Baschi. «La nostra quota di tonno è piccola, e va rispettata»
E i mangiatori di sushi giapponesi, che ne pensano? Nulla, denunciano le associazioni che stanno cercando di sensibilizzare i cittadini del Sol Levante.

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