Sostenibilità

Spaghetti in tavola. Il commercio equo aggiorna il suo men

Consumi. Il Ctm raccoglie la sfida dei prodotti di massa. Intervista a Giorgio Dal Fiume, presidente del consorzio, alla vigilia dell’assemblea.

di Giampaolo Cerri

Lui si schermisce: «Sarà il nuovo consiglio a decidere». Ma Giorgio Dal Fiume, presidente uscente di Ctm-Altromercato, si avvia ad essere confermato, il 1° luglio, alla guida del consorzio che raggruppa 110 botteghe del commercio equo e solidale. Un?azienda che fattura 23 miliardi e impiega 50 persone. Nel suo triennio sono cresciuti i fatturati, la presenza dei prodotti Ctm nella grande distribuzione ed è stata presa una decisione storica: la rinuncia al marchio TransFair. Vita: L?addio al marchio ha fatto scalpore. Giorgio Dal Fiume: Per noi è una questione acquisita, direi pacificata. L?hanno decisa i nostri soci a fine 2000, dopo un anno e mezzo di riflessioni, contributi, dibattiti. Rimaniamo soci di TransFair, ma rinunciamo ad utilizzarne il marchio. Vita: È la prima volta, a livello internazionale che accade un fatto del genere. Cosa vi divide? Dal Fiume: La gestione del marchio non era più adeguata alla nostra idea di commercio equo e solidale. Siamo un consorzio di botteghe: in capo a dieci anni un commercio identificato solo in un marchio sarebbe stato deleterio. Nella nostra idea di fair trade, la bottega non è l?unica modalità di distribuzione – forniamo da anni anche i supermercati – ma si fa della bottega l?aspetto caratteristico . Vita: Vale a dire? Dal Fiume: È negativo se il prodotto non si identifica per chi lo propone e per dove è venduto (Ctm e botteghe), ma per un marchio. Il valore del commercio equo non può prescindere dal valore delle organizzazioni che lo propongono. Vita: Non siete contro la certificazione… Dal Fiume:Tutt?altro, ma siamo per una certificazione che costituisca una verifica del processo di creazione del prodotto ma che non identifichi il prodotto con il marchio, come ad esempio accade nel biologico. E poi l?attuale modello di certificazione è applicabile solo a poche famiglie di prodotti che derivano da processi standardizzati (caffè, tè, cacao, banane ecc.) e questo è un limite enorme: commercializziamo 3.500 prodotti (di cui solo 500 alimentari). Chi ci certificherà i prodotti artigianali, gli altri 3mila? Vita: Come vi muovete, allora? Dal Fiume: Abbiamo proposto alla Conferenza mondiale del commercio equo, in Tanzania, di avviare un processo di certificazione delle organizzazioni. Se certifichiamo una struttura che produce cento prodotti, tutti quei prodotti saranno automaticamente certificati. Vita: Ma c?è dell?altro… Dal Fiume: Sì, la rappresentanza del commercio equo. La certificazione è un fatto positivo, ma rimane un servizio tecnico: il sistema di Fair trade label organization-Flo, quello di TransFair, tendeva a sostituirsi anche sul piano politico alle organizzazioni del commercio equo e solidale. Sicuramente per una nostra debolezza, ma non potevamo permetterlo, la situazione andava riequilibrata. Vita: Con un modello alternativo… Dal Fiume: Sicuramente non antagonista. Direi integrativo: il nostro obiettivo è una certificazione delle organizzazioni per la distribuzione tradizionale e una di prodotto per la grande distribuzione, dove c?è bisogno di riconoscibilità. Vita: Qualcuno vorrebbe aprire al profit… Dal Fiume: Siamo contrari. Non per principio, ma perché ci teniamo a identificare con grande chiarezza cos?è fair trade e cosa non lo è. Ci sono ottime iniziative nel mondo profit: c?è l?ethical trade, i codici di condotta, le clausole sociale, il SA 8000. Il commercio equo però è altro. La nostra politica sociale e commerciale lo ricorda. Soprattutto ora che l?economia globale dice che ?etico è competitivo?. Vita: Essere nei supermarcati ha rappresentato un problema? Dal Fiume: No, perché non siamo mai stati disponibili a vendere a tutti i costi. È un rapporto che ha regole precise: prezzo fisso, nessuna la leva competitiva verso la bottega del mondo vicina (alla quale va una percentuale), presentazione del prodotto, informazione al cliente, identificazione chiara. Vita: Il futuro? Dal Fiume: I prodotti di massa. Dopo dodici anni di vita non potevamo continuare a escluderli. Abbiamo cominciato con la pasta e le banane, proseguiremo. Non significa che ne faremo uno al mese, né che arriveremo alle scarpe, prodotto spesso al centro di produzioni inique, però, la tendenza è questa… L?identikit di Ctm Giorgio, Stefano, Giovanni e gli altri Due lauree, in storia e in scienze della formazione, un lavoro come formatore all?Ecap-Cgil dell?Emilia, una compagna e il programma ?di avere presto dei figli?. Giorgio Dal Fiume, 43 anni, bolognese, già presidente della bottega Ex aequo di Bologna, si ricandida al nuovo consiglio di Ctm (7 rappresentanti delle botteghe e 2 dei dipendenti) insieme ad altri quattro uscenti: Stefano Magnoni, attuale vicepresidente (Chico Mendes di Milano), Giovanni Bridi (Mandacarù di Trento), Cristiano Calvi (Bottega solidale di Genova), Alessandro Franceschini (Pace e sviluppo di Treviso). Info: www.altromercato.it


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