Formazione
Sotto l’umiliazione c’è la logica dello scarto
Il cognitivista e psicologo delle organizzazioni, Ugo Morelli, aveva commentato su Twitter l'affermazione del ministro Valditara a proposito del valore educativo delle punizioni che umiliano, denunciandone il contrasto con la Costituzione. Gli abbiamo chiesto di approfondire il suo pensiero per VITA
di Ugo Morelli
C’è da chiedersi a quali conoscenze sulla crescita personale e l’apprendimento si ispiri il ministro dell’Istruzione e dei Meriti dell’attuale Governo italiano quando sostiene che l’umiliazione è un fattore di crescita.
Umiliare vuol dire in sostanza mortificare. Operare cioè una manifestazione di superiorità e di attribuzione di insignificanza nei confronti di un’altra o di un altro. Ora noi sappiamo che ogni individuazione soggettiva è possibile grazie alla relazione di riconoscimento che stabiliamo con gli altri. Quando poi gli altri sono figure rilevanti per la nostra crescita, come dovrebbero essere e di fatto sono le insegnanti e gli insegnanti, la relazione diviene fonte di sviluppo e riconoscimento. Siamo esseri intersoggettivi e apprendiamo grazie al sostegno che nel rapporto con gli altri ci aiuta a combinare emozioni e cognizione. Dietro ogni pensiero c’è un’emozione e se le emozioni che viviamo sono mortificanti, non solo non facilitano l’accesso alla conoscenza, ma ostacolano l’espressione di sé e la via per crescere ed emanciparsi.
La via dell’umiliazione di fronte agli altri poi, ha in aggiunta l’aggravante di produrre esclusione ed emarginazione a livello di gruppo, alimentando relazioni prevaricanti e favorendo la disuguaglianza. In una scuola, quella italiana, che già soffre non pochi problemi di efficacia educativa e che tende ad escludere alimentando l’impoverimento educativo anziché contenerlo e superarlo, la proposta dell’ umiliazione come metodo educativo finisce per diventare una specie di prescrizione del sintomo. Del resto il ministero è stato, da questo Governo, intitolato all’istruzione e al merito, intendendo così sottolineare che la scuola deve privilegiare coloro che manifestano di essere dotati e capaci per caratteristiche proprie. Ma l’educazione è proprio l’invenzione che gli esseri umani si sono immaginati per sostenere le possibilità che ognuno ha di portare fuori ed esprimere le proprie potenzialità grazie alla relazione che aiuta ad aiutarsi.
L’etica della prassi che il ministro propone è, in tal senso, l’esatto contrario del nostro dettato costituzionale e si ispira alla logica dello scarto, che pare caratterizzare gli orientamenti e le prassi dell’attuale governo italiano. Ciò appare evidente se si considera anche l’indicazione di trattare come “carico residuo” le persone a cui si nega il diritto di sbarcare da una nave di migranti, da parte del ministro degli interni.
Siccome non possiamo pensare che chi occupa posizioni di tale responsabilità usi il linguaggio in maniera casuale, smentite rituali incluse, dobbiamo collegare quelle affermazioni al nostro patto di civiltà che è la Costituzione, la quale come è noto prevede come compito primario la rimozione degli ostacoli alla realizzazione individuale.
Facendo il collegamento è necessario domandarsi dove stiamo andando e quali orientamenti e scelte si stanno affermando, ovvero verso quale deriva stiamo scivolando. Umiliata e offesa è la Costituzione italiana e umiliati e offesi, ma purtroppo indifferenti e complici siamo noi italiani. A meno che non saremo capaci di esprimere posizioni, volontà e azioni capaci di affermare un’educazione e relazioni sociali che accolgano e non umilino, che arricchiscano e non impoveriscano le potenzialità di ogni persona.
Nella foto di apertura, il ministro Giuseppe Valditara nel suo primo question time alla Camera, il 23 novembre scorso. Sotto il tweet di Morelli.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.