Sostenibilità

Sotto le piramidi non si butta via niente

Nelal capitale egiziana due esperienze straordinarie di riciclo dei rifiuti

di Redazione

Il Cairo è la città dei record: è la città più popolosa dell?Africa e, a detta del Financial Times, la terza città più inquinata del mondo dopo Delhi e Calcutta. Senza contare la presenza delle piramidi di Giza e dell?Università di al-Azhar, una tra le più antiche università al mondo. Il Cairo si presenta quindi come una città complessa, sviluppatasi nel corso dei millenni in maniera talvolta programmata e talvolta disordinata, al punto che è impossibile compiere un censimento accurato della popolazione residente, stimata tra i sedici e i venti milioni di abitanti. Se la mancanza di un piano urbano per lo sviluppo della città ha dato vita a numerose problematiche, è anche vero che qualcosa si sta muovendo al livello di alcuni quartieri cittadini.

Il laboratorio Darb al-Ahmar
Porre rimedio all?affollamento e all?indigenza, senza dimenticare la preservazione della città medioevale più estesa del mondo Islamico, non è cosa facile. Per questi motivi, l?idea di costruire un parco sul sito di una discarica vecchia di 500 anni, tra un quartiere medievale e un cimitero risalente al XV secolo, entrambi densamente popolati, potrebbe sembrare quanto meno un progetto azzardato. La Fondazione Aga Khan, promotrice di questo progetto partito negli anni 90, aveva in mente molto di più di un semplice intervento di miglioramento dell?arredo urbano. La creazione di un polmone verde per la città e i lavori di riqualificazione delle adiacenti mura risalenti al dodicesimo secolo sarebbero diventati il punto di lancio di un progetto da estendere anche al quartiere limitrofo di Darb al-Ahmar.

A Darb al-Ahmar una comunità numerosa e ben radicata viveva in assenza di servizi sanitari e sociali adeguati in un quartiere che vanta alcuni dei più notevoli monumenti islamici della città. Il processo di restauro dei 1,5 chilometri delle mura ha permesso di integrare la comunità locale fornendo circa 400 nuovi posti di lavoro, ma anche rivalutando alcune tecniche di lavorazione della pietra e della ceramica, che altrimenti sarebbero andate perdute. La Fondazione Aga Khan ha iniziato e finanziato una serie di progetti per la riabilitazione di edifici a uso abitativo e l?istallazione in loco di un ambulatorio e di strutture scolastiche.

Alla conclusione dei lavori nel 2004 è stata avviata una nuova fase mirata a uno sviluppo delle capacità locali con programmi di riabilitazione di abitazioni private e il finanziamento di un programma di microcredito che dovrebbe raggiungere un volume di un milione di dollari americani entro il 2008. Il programma ha già dato ottimi risultato in termini di promozione delle piccole imprese del quartiere e questo successo non è casuale. Il tessuto sociale del quartiere di Darb al-Ahmar si è venuto a sviluppare in maniera organica nel corso dei secoli, dando vita a una serie di micro imprese di artigiani e di commercianti ricche di potenziale e che aspettavano solo un accesso a forme di emancipazione economica.

Riciclaggio all?egiziana
A poca distanza da Darb al-Ahmar, un?altra comunità marginalizzata vive tra le cave calcaree di Moqattam, invisibile dal resto della città. I 60mila Zabaleen (dall?arabo Zabala , spazzatura) sono cristiani provenienti dal sud dell?Egitto. Questi invisibili operatori ecologici, inteso nel senso vero della parola e non come eufemismo, si occupano del riciclo manuale di circa un terzo dei rifiuti solidi del Cairo, per un totale di 3.500 tonnellate al giorno. Acquistano il diritto a ritirare l?immondizia in alcune vie e a portarla a Moqattam, dove le donne e i bambini smistano i rifiuti manualmente, dividendo la plastica dal metallo o dal vetro e destinando i rifiuti organici al compost e all?allevamento in loco dei maiali. Nonostante le tecniche rudimentali, gli Zabaleen riescono a riciclare fino all?85% dei rifiuti che ricevono, una percentuale superiore alle capacità di molte città occidentali.

La vita degli Zabaleen non è certo facile. Doppiamente discriminati in quanto minoranza religiosa e per via del lavoro considerato degradante, gli Zabaleen soffrono di malattie derivate dalle pessime condizioni sanitarie in cui vivono. Nel 2003 il governo egiziano ha deciso di modernizzare il sistema, assoldando cinque compagnie spagnole e italiane che, per 50 milioni di dollari l?anno, ritirano i rifiuti con dei camion invece che con i tradizionali carretti degli Zabaleen. Risultato: quota di riciclo ferma al 20%.

Diversa la strada percorsa da ong locali e internazionali. L?Associazione per la protezione dell?ambiente ha messo in piedi un centro di riconversione dei rifiuti organici in compost, liberando centinaia di case da rifiuti di scarto dell?allevamento dei maiali. Ragazze e ragazzi Zabaleen vengono formati nel Rug Weaving Centre o grazie al Paper Recycling Project. Ogni anno, circa cento giovani imparano le tecniche del riciclo per creare tappeti o carta, assieme a nozioni di educazione alla salute e all?igiene e di prevenzione di incidenti sul lavoro.

Questi progetti dimostrano che un approccio top-down ai problemi di realtà vibranti e ricche di cultura locale non è destinato che al fallimento. Per arrivare a dei progetti che siano sostenibili è necessario coinvolgere ed emancipare le comunità che hanno un interesse attivo nella riuscita dell?opera.
Grande metropoli del terzo mondo e punto di riferimento del Medio Oriente, Il Cairo incarna molte delle contraddizioni e dei problemi della regione. E se anche la comunità internazionale imparasse ad essere più sensibile alle necessità locali del mondo arabo, forse non ci sarebbe bisogno di importare istituzioni e modelli sociali prefabbricati in Occidente.

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