Salute

Sotto il silenzio l’Aids cresce Più forte di prima

La conferma viene dagli Usa: la cura con il cocktail dei farmaci non serve a battere l’infezione. Anzi, la rende più resistente.Uganda si spendono solo 5 dollari l'anno.

di Carlotta Jesi

Ancora a parlare di Aids. Ma quel suo fiocchetto rosso non era passato di moda già da un paio d?anni? Non l?avevamo sconfitto? Il professor Luc Montagnier, grande vecchio della lotta all?Aids (insieme al dottor Gallo per primo isolò il virus Hiv) non ci crede affatto e lancia un allarme davvero preoccupante (vedi intervista nella pagina seguente). A dispetto di chi crede che di Aids oggi si muore solo sotto l?equatore, che con i cocktail di farmaci perfino i sieropositivi non avranno più problemi.
E invece no, perché il virus che credevamo di aver sconfitto è più forte che mai: nel 1998 ha fatto 2 milioni e mezzo di vittime, record negativo dalla scoperta della malattia. E il peggio forse deve ancora venire. La tragica profezia arriva dall?America. E a lanciarla, già da qualche mese, sono proprio quei medici e ricercatori che nel 1996 avevano fatto tirare un sospiro di sollievo al mondo. Luminari come il dottor Michael Saag, dell?Università dell?Alabama, che nel 1993 fu il primo a somministrare un mix di inibitori della proteasi a un malato eliminando qualunque traccia del virus dal suo sangue, nel ?96 salutò con gioia l?ingresso dei farmaci sul mercato e oggi dice: «Qualcosa di non previsto è accaduto negli ultimi due anni: ?approfittando? dell?entusiasmo per i buoni risultati della triterapia, il virus ha continuato a muoversi indisturbato. E appena la tossicità delle nuove droghe si è manifestata, appena i malati hanno diminuito le dosi, è tornato a colpire. Con l?aggravante che, nel frattempo, a seguito della retorica ?l?Aids è stata sconfitta?, sono diminuiti i finanziamenti alla ricerca e alle organizzazioni di volontariato».
I numeri, purtroppo, gli danno ragione: grazie ai cocktail di farmaci, tra il 1996 e il 1997, in tutti gli Usa la percentuale dei decessi per Hiv era scesa del 47%. Nel 1996 i newyorchesi morti di Aids calarono da 7 mila a 5 mila, e tra il ?94 e il ?97 i decessi europei erano diminuiti dell?80%. Ma poi i malati hanno ricominciato a morire. «Perché», spiega David Ho, direttore dell?Aaron Diamond Aids Reserach Center di New York, «in molti casi l?organismo dei pazienti si abitua ai farmaci della triterapia che alla fine non fanno più effetto. Allora si cambia il mix delle sostanze, ma alla fine il virus ricompare». E torna a mietere vittime. L?anno scorso, in tutto il mondo, è toccato a 2 milioni di adulti, tra cui 900 mila donne e 510 mila bambini. E nonostante il Vecchio continente nel 1998 abbia registrato 30 mila nuove infezioni, di cui 1.430 diagnosticate in Italia, in Europa tutto tace. Possibile che i nostri medici, a parte Montagnier, non si siano accorti di nulla? Possibile che continuino a farci credere che l?emergenza è finita? «Il punto è», spiega Saag, «che l?Europa ha iniziato la triterapia con qualche mese di ritardo rispetto agli Stati Uniti. E poiché molti malati non hanno ancora diminuito le dosi di farmaci, gli effetti negativi tardano a manifestarsi».
Quest?amnesia collettiva, dunque, dovrebbe guarire in poco tempo. Ma che dire del ben più grave e assoluto silenzio calato sullo stato dell?epidemia nei Paesi in via di sviluppo? A dicembre 1998 l?Onu ha stilato una classifica dei Paesi più colpiti dall?Hiv, e quelli del sud del mondo, con il 90% dei malati, si sono aggiudicati tutte le medaglie. Cosa significa veramente questa percentuale? «Quasi ogni famiglia ha un malato, un morto. Grande è il numero degli orfani. E anche tra i colleghi riconosci i segni della malattia». Sono parole di Piero Corti, il medico italiano che nel 1961, insieme alla moglie Lucille, fondò in Uganda il St. Mary?s Lacor. Un ospedale che da quattro anni, con l?Istituto Superiore di Sanità, svolge ricerche sull?Aids e si appresta a sperimentarvi il nuovo vaccino dell?Iss. «La presenza dell?Aids è così costante e devastante», spiega Corti, «che accanto alla speranza per i progressi fatti, ci costringe a coltivare un senso molto preciso dei nostri limiti. Di quello che si potrebbe fare, ma non si fa, per carenze scientifiche, professionali, organizzative ed economiche». Soprattutto economiche: per più del 95% dei 33,4 milioni di persone colpite dall?Aids nel mondo, i cocktail di farmaci sono inavvicinabili.
Mentre in Occidente i farmaci per un solo paziente costano in media 20 mila dollari l?anno, i Paesi in via di sviluppo, in un anno, spendono dai 2 ai 5 dollari per l?assistenza sanitaria di ogni abitante. Ben lontano dai 13 dollari che, per l?Onu, servirebbero almeno a tenere sotto controllo l?epidemia in regioni con il 26% delle persone tra i 15 e i 49 anni affetto da Hiv. E dove l?Aids, scorrendo come un fiume di morte, separa ancora di più il Nord e il Sud del mondo.

Sos dall?Uganda, nel segno di Lucille

È il 1961quando Piero Corti e Lucille Teasdale, due giovani medici che sarebbero presto diventati marito e moglie, si trasferiscono a Gulu, Nord Uganda. Trasformando un piccolo dispensario cattolico nel St. Mary?s lacor Hospital, il principale complesso ospedaliero privato dell?Africa subsahariana con un reparto specializzato per l?Aids. Il virus che in Uganda, in 15 anni, ha ucciso 800 mila persone. Compresa Lucille, che si infetta in sala operatoria e di Aids muore nel 1996 dopo aver aiutato migliaia di persone e partecipato ai ?Progetti Aids? dell?Istituto Superiore di Sanità. Per fare il punto sullo stato della ricerca scientifica e la situazione africana, la Fondazione Corti, nata per sostenere economicamente l?ospedale di Lacor, organizza ?Aids alle soglie del 2000: alla ricerca di una sinergia tra l?esperienza occidentale e la realtà africana?. Un congresso internazionale cui parteciperanno il dottor Corti, il professor Luc Montagnier della World Foundation for Aids Research, J.A.Levy del Dipartimento di medicina dell?Ucsf e Barbara Ensoli del Laboratorio di Virologia dell?Istituto di Sanità. Il congresso si terrà il 26 marzo, ore 12.30, Centro Congressi Cariplo, via Romagnosi 6 Milano. Informazioni: 02.62411933

Nuove infezioni

Africa subsahariana:4 milioni
Sud-Est Asiatico:1,2 milioni
Est Asia e Pacifico:200 mila
America Latina:160 mila
Europa Est:80 mila
Caraibi:45 mila
Nord America:44 mila
Europa occidentale:30 mila
Nord Africa e Medio Oriente:19 mila
Australia e Nuova Zelanda:600
Italia:1.951

Così nel mondo

Persone infettate nel 1998:5,8 milioni (5,2 milioni adulti, 2,1 milioni donne,590 mila bambini

Viventi con Hiv/Aids:33,4 milioni (32,2 milioni adulti, 13,8 milioni donne,
1,2 milioni bambini

Decessi per Aids:2,5 milioni (2 milioni adulti, 900 mila donne, 510 mila bambini

Numero totale dei decessi per Aids dall?inizio della malattia:13,9 milioni
(10,7 milioni adulti, 4,7 milioni donne, 3,2 milioni bambini

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