Alleanze
Sostenibilità, reti di comuni e co-progettazione per gestire i territori
La transizione energetica e gli obiettivi dell'Agenda 2030 presentano sfide complesse per le amministrazioni locali. L'associazionismo tra comuni e l'amministrazione condivisa sono alcune delle soluzioni proposte da Giovanni Forte autore di "Unire le forze per il futuro che vorremmo". Il Terzo settore gioca un ruolo cruciale nella co-progettazione dei servizi ma il criterio del rimborso spese non basta più: serve remunerare la professionalità
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Le amministrazioni locali come possono affrontare in maniera efficace la transizione energetica, i cambiamenti climatici, la crescita progressiva delle diseguaglianze e tutto quello che l’Agenda 2030 pone come obiettivi per un futuro sostenibile? A questa domanda prova a dare risposta Giovanni Forte con il suo ultimo libro Unire le forze per il futuro che vorremmo, edito dal Centro studi enti locali. L’autore, che ha ricoperto i ruoli di direttore generale dell’Unione dei comuni della Valdera e di dirigente della Regione Toscana, esplora cosa le amministrazioni comunali possono fare per l’attuazione dell’Agenda 2030 e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs), sottolineando le difficoltà che i piccoli e medi comuni italiani devono affrontare.
La soluzione proposta da Giovanni Forte: l’associazionismo di comuni
Per Forte: «è necessario promuovere un’associazionismo di comuni per mettere insieme le realtà territoriali impegnate a raggiungere gli stessi obiettivi». Una sorta di interazione orizzontale capace di massimizzare le risorse, soprattutto quelle umane. Se si riuscissero a realizzare «reti di enti locali che, pur utilizzando approcci diversi, hanno in comune l’intento di accrescere la resilienza dei sistemi locali», si otterrebbero notevoli vantaggi per i cittadini.
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Aggiunge l’autore del libro che «una unione di comuni può: gestire servizi e funzioni comunali, sostituendosi o meglio integrandosi a essi nell’organizzazione e nell’esercizio degli stessi, oppure attivare nuovi servizi alla persona e alla comunità, a seguito di un’attenta e specifica riorganizzazione interna. Inoltre, può mobilitare le persone che abitano i territori della rete con visioni e obiettivi strategici cui aderire nell’intero territorio dove opera la rete dei comuni. Un sistema a rete ha una resilienza intrinseca largamente superiore rispetto ad un’unica entità organizzativa».
Il valore aggiunto dell’amministrazione condivisa
All’interno di questo quadro, si inserisce il valore aggiunto dato dalla costruzione di un’amministrazione condivisa, che non è soltanto esecuzione di un servizio da parte di un ente senza scopo di lucro, ma piuttosto co-progettazione, inclusione di idee differenti, professionalità della cura e dialogo perenne. «Coinvolgere il Terzo settore prima nella programmazione e poi nella realizzazione dei servizi», prosegue Forte, «presuppone però che si sia consapevoli del fatto che il servizio offerto ha una componente professionale, e non solo volontaristica, che deve essere giustamente remunerata».
Purtroppo, le leggi non sempre aiutano a superare l’idea che l’opera svolta dal Terzo settore sia solo di volontariato. Per esempio gran parte dei servizi sociosanitari sono realizzati attraverso associazioni, che vengono coinvolte attraverso avvisi pubblici. «Tuttavia», prosegue Forte, «molte amministrazioni fanno fatica ad adottare questo tipo di collaborazione perché interpretano rigidamente la normativa, e così i servizi erogati dalle associazioni, dalle fondazioni e dagli enti del Terzo settore possono essere ripagati dall’Amministrazione solo con un rimborso spese. Infatti, l’art. 56, comma 4, del D.lgs. 117/2017, prescrive che le convenzioni di co-progettazione devono contenere le modalità di rimborso delle spese, limitandole al “rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della convenzione”. In questo modo si esclude, nei fatti, il Terzo settore dalla co-progettazione, poiché le grandi cooperative non possono sostenere un impegno professionale se non è adeguatamente retribuito».
Anche in questo caso, il fare rete tra i piccoli e medi comuni permette di avere maggiore capacità di trovare soluzioni comuni e interpretazioni della legge che consentano l’utilizzo dello strumento della co-progettazione con il Terzo settore.
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L’amministrazione condivisa come strumento di sostenibilità
«All’interno dei temi della sostenibilità e del suo raggiungimento da parte delle amministrazioni», prosegue Forte, «è importante il ruolo dello strumento dell’Amministrazione condivisa, che è l’esplicazione dell’orizzontalità della gestione dei territori». La riforma costituzionale del 2001 ci dice sostanzialmente che là dove è possibile è importante delegare alla società civile la cura condivisa di specifici beni comuni di interesse generale». Nel libro Forte scrive che: «riflettere sulla dimensione politica dell’Amministrazione condivisa significa, oggi, cercare sentieri e percorsi nuovi per recuperare spazi di democrazia e sostenere quello che di nuovo sta nascendo, in forme diverse dal passato, ma con la capacità di definire identità nuove, mobilitare energie per la tutela di interessi generali, riconoscersi in principi e valori condivisi».
I Patti di collaborazione e la sussidiarietà orizzontale
In questo senso, Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà, a partire dalla constatazione che è estremamente difficile per i Comuni mantenere in efficienza il proprio patrimonio e, in particolare, tutti gli spazi e le strutture pubbliche di cui dispongono, ha promosso i Patti di collaborazione. Questi sono accordi attraverso i quali uno o più cittadini attivi e un soggetto pubblico definiscono i termini della collaborazione per la cura di beni comuni materiali e immateriali.
«Amministrare in modo condiviso i beni è un passo deciso in direzione di una reale sussidiarietà orizzontale», spiega Forte, «un passo che permette di ampliare l’azione pubblica grazie al contributo concreto e diretto dei cittadini. Un cammino appena iniziato nel nostro Paese, che risulterà tuttavia essenziale per far fronte alle sfide future che ci attendono».
La necessità di un ufficio per l’amministrazione condivisa
Per sviluppare la cogestione dei beni come spazi verdi, immobili a destinazione sociale, orti collettivi e altri beni di interesse generale, con la collaborazione di associazioni, imprese, scuole e privati cittadini, è necessario costituire un ufficio per l’amministrazione condivisa, perché spiega Giovanni Forte: «anche in questo caso è necessario applicare delle norme che vanno studiate prima, per cui è importante che i comuni si dotino di una struttura specifica che si occupi solo dell’amministrazione condivisa. Ed è così che torna l’importanza di fare rete per i piccoli e medi comuni che da soli non potrebbero costituire un ufficio preposto allo scopo».
Giovanni Forte conclude spiegando che: «mettersi insieme per fare le cose che non si riescono a fare da soli è un principio fondamentale per affrontare le sfide legate alla sostenibilità e alla governance dei beni comuni. Solo unendo le forze, i comuni possono realmente superare le difficoltà economiche e organizzative e rispondere alle esigenze di un futuro più equo e sostenibile».
Nella foto di apertura Amantes (Ag. Sintesi)
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