Sustainability portraits

Sostenibilità è cooperazione

Nella nuova puntata della rubrica di VITA, Francesca Ottolenghi di Legacoop racconta con competenza e orgoglio il percorso della grande associazione sulla frontiera Esg. Fatto di radici da nutrire, scelte strategiche, collaborazioni internazionali. E, nel suo caso, di uno sguardo ispirato a Rita Levi Montalcini

di Nicola Varcasia

Nel mondo ci sono circa un miliardo di cooperatori. Praticamente un abitante del nostro pianeta su otto lavora in una cooperativa. Che tipo di impatto generano questi importanti attori economici e sociali sui temi e gli obiettivi della sostenibilità? La nuova puntata della rubrica di VITA, in compagnia di Francesca Ottolenghi, chief of sustainability & cooperation in Legacoop, parte da questa domanda. Non prima però, come di consueto in questo spazio, di apprezzare un percorso professionale che abbraccia anche l’insegnamento universitario alla Sapienza, dove tiene un corso di cooperative business model of sustainable development relativo alla cooperazione internazionale.

Tutto parte proprio dalla Sapienza, con la laurea in biologia.

Sono da sempre appassionata alle tematiche ambientali e la scelta di questi studi è stato un passo molto importante per la mia formazione.

Quali i successivi?

Il tirocinio obbligatorio, presso l’Enea, per poter esercitare anche la libera professione e un anno in Australia, alla Flinders university, dove ho svolto attività di ricerca per pubblicazioni internazionali.

Come ha proseguito al rientro?

Ho continuato a lavorare per la cooperativa di donne di ricerca che avevo avviato assieme ad alcune amiche biologhe prima di partire. Poi ho avuto la grande opportunità di diventare consulente della Fao, l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura e, successivamente, di continuare a lavorare per il settore della Legacoop che a quel tempo, siamo agli inizi degli anni Duemila, si chiamava Lega Pesca.

È in questo ambito che ha creato la ong Haliéus, di cui è presidente?

Sì, è una struttura avviatasi proprio nell’ambito della pesca e acquacoltura che, nel tempo, è diventata la ong di riferimento per i progetti e i percorsi di cooperazione in ambito internazionale di tutti i settori economici e sociali in cui operano le 10mila imprese socie di Legacoop, dal consumo, ai servizi alla cultura solo per citarne alcuni.

Come lavorate a livello internazionale?

La nostra famiglia è riunita nell’International cooperative alliance – Ica, che riunisce un miliardo di cooperatori nel mondo da 112 Paesi. All’interno di questo network, è attiva una rete speciale di organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo per promuovere il modello di impresa cooperativa nel mondo, lavorando in partnership con stakeholder diversi.

Tornando all’Italia, come il mondo delle imprese cooperative sta affrontando i nuovi scenari dalla sostenibilità?

In Legacoop abbiamo affrontato questo passaggio con una doppia consapevolezza. Da un lato, sappiamo bene che iniziare ad occuparsi di sostenibilità in modo strutturato significa essere già in ritardo, perché è una tematica dinamica ed estremamente sfidante, che richiede elasticità e forte capacità di evolversi. Dall’altro lato, però, pensando alla forte tradizione valoriale e di presenza sociale della cooperazione italiana, sapevamo di avere a disposizione un patrimonio enorme e, per alcuni versi, ancora inespresso, di competenze, esperienze e buone pratiche da valorizzare e mettere a fattor comune.

Come avete portato avanti questa progettualità?

Due anni fa in Legacoop nazionale abbiamo introdotto un nuovo ufficio chiamato “sostenibilità & cooperazione”, in modo che dalla liaison tra i due aspetti emergesse che la sostenibilità è il riflesso di tutto ciò che la cooperazione è sempre stata e che l’Onu stessa ha riconosciuto come modello di business sostenibile e inclusivo, secondo i principi dell’Agenda 2030.

Se dovesse riassumerli in estrema sintesi, quali sono i cardini di questo modello?

L’agire quotidiano delle nostre imprese è ispirato al concetto dell’open door, cioè al tenere sempre la porta aperta, all’essere inclusivi, al non lasciare indietro nessuno e a una governance democratica. Le cooperative rispondono ai molteplici bisogni – economici, sociali, culturali – delle persone e delle comunità senza perseguire la finalità di massimizzare il profitto. È per questo che è un modello diffuso in tutto il mondo.

Qualche numero?

A livello mondiale, il 12% della popolazione attiva del mondo lavora in una cooperativa e vi sono un miliardo di cooperatori che generano un impatto elevato. Sono cifre importanti che evidenziano una ricchezza ad oggi ancora poco raccontata e valorizzata. Ed è proprio quello che stiamo provando a fare qui in Italia evidenziando la sostenibilità e l’identità cooperativa nella loro interezza e ricchezza.

In che modo la sostenibilità è diventata per voi una leva competitiva?

Anzitutto creando una strategia condivisa nella quale abbiamo promosso la cultura della sostenibilità sia all’interno di Legacoop, sia nell’ecosistema Legacoop fatto di associazioni territoriali e settoriali sia verso l’esterno, con l’obiettivo di incrementare la reputazione dell’intero sistema della cooperazione.

Il vostro report di sostenibilità contiene molti progetti. Ne scelga uno per livello di azione…

Scelta ardua, ci proverò! Rispetto alle attività “interne” a Legacoop, vorrei citare il progetto Non c’è acqua da perdere che ci sta aiutando a monitorare e a migliorare i consumi idrici, stimolando di anno in anno azioni innovative contro gli sprechi. Cosa che abbiamo fatto anche per la plastica e i consumi di energia elettrica.

Rispetto al vostro vasto ecosistema?

Una delle novità più recenti è l’iniziativa di formazione con Altis Università Cattolica volta a creare una nuova figura professionale in grado di proporsi come figura di riferimento per le tematiche Esg (environmental, social, governance) nelle singole imprese cooperative: nel 2024 puntiamo a formare i primi 30 cooperative sustainability manager. Ma non posso non citare la creazione di una rete dei referenti della sostenibilità a livello di singole associazioni territoriali e settoriali, oltre che la pubblicazione del primo bilancio di sostenibilità di Legacoop nazionale, che ha rappresentato e valutato tutti i nostri sforzi.

Il terzo esempio?

In questo caso mi permetto di segnalare un obiettivo che è quello di diventare co-attori nel campo della sostenibilità, lavorando in sinergia con altri stakeholder, come è avvenuto con l’università oppure con Asvis per alcuni percorsi di collaborazione integrata.

Voi state mostrando un enorme impegno per armonizzare l’identità cooperativa e il linguaggio Esg: ma non è un’azione omologante rispetto al vostro mondo cooperativo?

Sarebbe un errore se lo pensassimo. Per misurare i nostri impatti desideriamo utilizzare gli indicatori economici, ambientali e sociali riconosciuti a livello nazionale e internazionale. Il nostro lavoro consiste poi capire come valorizzare la specificità dell’impresa cooperativa, senza rinunciare al confronto e alla comparazione anche scientifica con altre esperienze economico-sociali.

Con chi collaborate?

È un lavoro che stiamo sperimentando con  il progetto di valutazione di impatto delle cooperative che stiamo portando avanti con Euricse  e che ci permetterà di collaborare con le principali organizzazioni nazionali e internazionali quali l’Istat, l’European financial reporting advisoryEfrag, che si occupa degli standard per la rendicontazione della sostenibilità a livello europeo, naturalmente il tutto con la necessaria collaborazione della famiglia mondiale.

Lei è molto entusiasta del suo lavoro, qual è il segreto?

Più conosco il nostro mondo più rimango sorpresa ed orgogliosa dalla ricchezza di esperienze che lo abitano. Il segreto è saperlo guardare e comprendere. Uno dei libri in cui mi sono ritrovata di più è Elogio dell’imperfezione di Rita Levi Montalcini: anche io, sia da biologa sia da cooperatrice, ho sperimentato che le imperfezioni (le mutazioni) possono contribuire a far imboccare delle strade nuove, utili e importanti per affrontare nuove sfide.

Per concludere, quali sono le strade nuove della sostenibilità?

Credo ci sia un enorme bisogno di creare nuovi punti di confronto per creare insieme soluzioni all’altezza dei problemi del mondo di oggi. Nel mio piccolo, vorrei contribuire a portare con maggior efficacia i temi della sostenibilità in tutti i tavoli in cui la cooperazione è presente nel mondo. Per creare ponti ed essere ancora più impattanti.


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