Formazione

Sostenibili con un ma

L’ex presidente Rai, docente in Bocconi, guarda ai segnali positivi. E dice: «È un trend irreversibile. Con un rischio: non avere professionalità in grado di seguirlo»

di Francesco Maggio

Il dibattito sull?attivismo dei fondi di investimento è più che mai attuale. Ma anche controverso. C?è chi plaude all?intervento in assemblea. Chi sostiene che i fondi debbano limitarsi a uscire dall?azionariato quando vedono che c?è qualcosa che non va. Altri ancora sostengono che quest?ultima prassi potrebbe destabilizzare i valori dei titoli viste le enormi masse detenute, soprattutto da parte di certi fondi americani. Tuttavia, comunque la si metta, stiamo assistendo a un fenomeno importante e non è affatto secondario il ruolo che in proposito svolgono i fondi socially responsible, sempre più tallonati dai risparmiatori a essere coerenti nell?impiego dei soldi con i valori cui si richiamano».
A parlare così è Claudio Demattè, ordinario di strategia aziendale all?Università Bocconi, già al vertice della Rai e delle Ferrovie dello Stato e, attualmente, presidente dell?agenzia milanese di rating etico E. Capital Partners. Con lui affrontiamo le principali questioni che fanno da sfondo al tema di copertina di questo numero di E&F: il ?risveglio? dei fondi di investimento.
E&F: Professore, secondo lei questo risveglio è anche dovuto al fatto che, dopo tre anni di caduta libera delle Borse mondiali, era diventata indispensabile una forte correzione di rotta dell?attività dei fondi?
Claudio Demattè: Questa è senz?altro una delle ragioni. E mi riferisco non soltanto agli scandali finanziari che hanno investito grossi gruppi americani e che, in certi casi, hanno azzerato il valore dei portafogli, ma anche alla questione delle remunerazioni dei ceo (chief executive officer). Negli ultimi cinque anni il potere degli amministratori delegati è cresciuto a dismisura e, con esso, la facoltà di assegnarsi retribuzioni e stock option oltre ogni decenza. C?è addirittura chi, in proposito, ha parlato di esproprio. Ecco allora che i fondi di investimento, per tutelare i propri interessi, hanno capito che bisognava intervenire anche per calmierare i compensi.
E&F: Vuol dire che i fondi di investimento ?tradizionali? hanno cominciato a comportarsi allo stesso modo dei fondi socially responsible?
Demattè: Mettiamola pure così, anche se bisogna aggiungere che molti fondi sri finora si sono limitati a disinvestire piuttosto che a intervenire attivamente. A mio avviso le due leve andrebbero azionate contemporaneamente, anche perché la sensibilità delle imprese in fatto, per esempio, di inclusione o meno in un benchmark etico è oggi altissima.
E&F: Perché?
Demattè: Per ragioni di reputazione. Se si viene a sapere, come è accaduto in passato a marchi molto famosi, che si comportano in maniera ?irresponsabile? e, quindi, i benchmark e i fondi li escludono, le ricadute sul venduto possono rivelarsi davvero pesanti
E&F: In tal modo il mondo della finanza si riavvicina a quello dell?impresa?
Demattè: Certamente. Si attivano dei meccanismi che contribuiscono a rendere l?economia di mercato più equilibrata.
E&F: La guerra ha accresciuto significativamente l?interesse per i fondi etici. è solo una moda passeggera?
Demattè: Direi proprio di no. La mia impressione è che questo sia ormai un trend irreversibile. La guerra è stata una sorta di ulteriore spallata in questa direzione. Prima c?era stata Bophal. Poi la petroliera Prestige. Oggi il conflitto iracheno. La domanda di sostenibilità, intesa nelle sue varie accezioni, è sempre più alta.
E&F: Ma l?industria del risparmio gestito è pronta a interpretare questa domanda?
Demattè: C?è un grande lavoro da fare. è nata la sensibilità. Mancano ancora le professionalità. Anche se vedo crescere tra gli operatori la consapevolezza della necessità di affrontare il problema di come mantenere le promesse fatte ai risparmiatori che chiedono il rispetto di determinate guidelines ?sostenibili?.
E&F: Vale anche per l?Italia?
Demattè: Mi piacerebbe rispondere affermativamente, ma vedo in giro un po? troppo cinismo, un po? troppa improvvisazione. Per questo sono leggermente pessimista. Ma mi auguro, naturalmente, di sbagliarmi.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.