Non profit
Sostenibile è meglio. Lo dice Goldman Sachs
Un libro racconta la storia emblematica del Gs Sustain fund
di Redazione

I prìncipi della finanza speculativa hanno puntato l’occhio sulla finanza responsabile.
E dal 2008 hanno dato
vita a un fondo.
Che ha dimostrato ottimi rendimenti. Una studiosa della Bocconi ha ricostruito questo strano connubio
Cosa sono gli investimenti sostenibili o Esg (environmental, social and governance), quali criteri adottano, come sono nati e quanto si sono sviluppati. Ma soprattutto l’approccio, il lavoro di analisi e i risultati ottenuti da due società che, pur partendo da presupposti diversi, sul campo degli investimenti sostenibili sono impegnate da anni.
Di questo tratta il volume Investimenti sostenibili (Egea, 2010) curato da Lucilla Tealdi, docente Sda Bocconi. Che sin dalla prefazione chiarisce il suo messaggio: «Sgombriamo il campo da un equivoco: finanza ed etica possono e devono convivere. La finanza è destinata a naufragare, trascinando con sé l’equilibrio del nostro sistema, se non saprà scoprire l’etica».
Il primo caso è quello di Ecpi (Gruppo Mittel), la società che nel 2000 ha lanciato il primo indice etico europeo, Ethical Index Euro, e le cui radici risalgono all’Osservatorio Finetica. Soprattutto nei primi anni, Ecpi ha assolto un compito di divulgazione dei criteri e principi degli investimenti eticamente orientati, rispondendo all’esigenza diffusa di comprendere che cosa essi fossero. «Ecpi partiva da un punto di vista istituzionale», dice Tealdi, «nel senso che, data l’esigenza degli investitori di capire questa tipologia di investimenti, ha sviluppato un sistema di rating etico e creato indici azionari che potevano essere utilizzati come benchmark nella gestione di portafogli d’investimento». Oggi la famiglia di indici etici di Ecpi si è allargata notevolmente e il suo sistema di rating etico, oltre che alle società quotate sui listini di Borsa, è stato ad esempio applicato anche alle istituzioni di microfinanza. E uno studio, che il libro cita puntualmente, ha rilevato che il modello di rating Esg elaborato da Ecpi aveva previsto con grande anticipo oltre il 70% dei grandi fallimenti di società quotate avvenuti negli ultimi anni.
L’altro caso raccontato nelle quasi 150 pagine del volume è quello di Gs Sustain, un’iniziativa di studio e ricerca sui temi della sostenibilità nata in seno alla banca d’affari Goldman Sachs. Il che potrebbe lasciare abbastanza perplessi, dato che quello di Goldman Sachs non è certo il primo nome che viene in mente quando si parla di finanza socialmente responsabile, piuttosto quando si parla di finanza speculativa e del ruolo che i colossi mondiali della finanza hanno avuto nella crisi.
Proprio per questo, però, il caso di Gs Sustain è interessante e il libro lo approfondisce. «Goldman Sachs ha creato una società completamente separata, Gs Sustain, dedicata agli investimenti sostenibili», dice Tealdi, «con manager diversi e gestita in maniera indipendente. L’abbiamo scelta proprio perché rappresenta un caso diverso, di una grande banca d’affari che ha deciso di guardare all’impatto delle valutazioni condotte secondo i criteri Esg».
Due storie, due approcci, due percorsi diversi, dunque, ma con un unico risultato: l’analisi di sostenibilità integrata con quella tradizionale funziona. Investire attraverso criteri sociali, ambientali e di corporate governance, espone a minori rischi e aumenta la possibilità di ottenere buoni rendimenti in un orizzonte di medio-lungo periodo. Ma a che punto siamo con questa integrazione? «Sicuramente avanti», risponde Tealdi, «in termini di valutazioni che utilizzano questi criteri e di costruzione di portafogli d’investimento Esg. C’è più difficoltà a far comprendere alle aziende che gli investimenti nella sostenibilità, ad esempio nella riduzione delle emissioni di CO2, di cui esse vedono soprattutto i costi nel breve, hanno un impatto nel medio-lungo termine. Con la crisi, comunque, le imprese avvertono la necessità di sviluppare la reputazione aziendale e quindi investire in sostenibilità».
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