Politica
Sostenere (bene) il Terzo settore è un traguardo culturale
La portavoce del Forum Terzo settore riflette sull'approccio a questo ambito che caratterizza gran parte della politica; c'è secondo lei un problema culturale a riconoscere un valore anche economico - oltre che sociale - a un settore che rappresenta il 5% del Pil
Gli ultimi mesi del 2023 hanno visto Governo e Parlamento approvare una serie di provvedimenti che riguardano anche il Terzo settore. A partire da questi si può allargare l’analisi dalle singole misure all’approccio nei confronti del Terzo settore che caratterizza gran parte della politica, e che non riguarda solo questo esecutivo.
Esiste un problema di tipo culturale che si traduce nella difficoltà a riconoscere pienamente la dignità e il valore, economico oltre che sociale, del Terzo settore e del suo impatto positivo sulle comunità: è ciò che continua a far percepire erroneamente l’economia come presupposto per lo sviluppo sociale, e non viceversa.
Partiamo dalla legge di Bilancio che, pur essendo la più importante legge annuale, troppo poco investe nel sostegno agli Enti del Terzo settore – Ets e soprattutto nel rafforzamento del sistema di welfare, che dovrebbe invece rappresentare la principale risposta all’aumento drammatico delle disuguaglianze, disparità e povertà nel Paese.
Nonostante la complessa e delicata situazione internazionale, adeguati investimenti nella cooperazione allo sviluppo non se ne trovano né in Manovra né se ne sa nulla nel cosiddetto Piano Mattei.
Il decreto Made in Italy “dimentica” come il Terzo settore, in forma di associazione o di impresa, sia a tutti gli effetti un’eccellenza italiana da promuovere ed esportare in Europa, che lo guarda peraltro con molto interesse. E il decreto Milleproroghe non sembra affrontare la cruciale questione dell’entrata in vigore del nuovo regime Iva, che rischia di complicare fortemente la vita delle piccole associazioni.
Ci sono ovviamente delle novità positive tra i vari provvedimenti, il cui merito è principalmente quello di non produrre passi indietro rispetto ai risultati già conseguiti. Il Terzo settore, ad esempio, è stato escluso dal taglio alle detrazioni fiscali inizialmente previsto per redditi superiori a 50mila euro mentre, nel decreto Anticipi, è stato prorogato l’accesso al 5 per mille per le Onlus e sono stati mossi i primi passi verso l’estensione del Fondo di Garanzia Pmi al Terzo settore. In quest’ultimo caso, però, si tratta di un’occasione a metà poiché, così come nella nota vicenda Irap, non viene compreso fino in fondo che le attività degli Ets, in grado di generare benessere sociale ed economia, inclusione e partecipazione, meritano il sostegno e la valorizzazione delle istituzioni almeno quanto quelle svolte dalle aziende profit, per finalità di lucro.
Se nel tempo l’attenzione delle istituzioni nei confronti del Terzo settore è cresciuta, e anche questo Governo è impegnato su alcuni fronti per incontrare le esigenze di associazioni, organizzazioni di volontariato e imprese sociali, ciò che frena una politica efficace di sostegno e valorizzazione è una lettura del Terzo settore concentrata solo sulla “buona volontà” di tanti operatori e volontari, sempre più spesso indispensabili per tirare il Paese fuori dalle emergenze, ma che non riconosce la capacità di queste realtà di rappresentare pienamente un nuovo modello di sviluppo, che ha al centro il benessere della persona.
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Eppure sappiamo che il trend in crescita del numero degli enti e degli occupati nel non profit non è stato invertito nemmeno dalla pandemia e che il livello di partecipazione che è in grado di generare il Terzo settore è un esempio per la politica stessa. Non solo: si stima che l’economia sociale rappresenti il 5% del Pil italiano e una recente ricerca di Intesa San Paolo rivela che ogni euro investito nel non profit ne genera il doppio in benefici sociali.
Molto del lavoro culturale per affermare l’identità, la dignità e il ruolo del Terzo settore spetta, è vero, anche al Terzo settore stesso, ed è per questo che l’impegno del Forum va nella direzione di sostenerne la consapevolezza, nella società e nel dibattito politico.
Ma tante partite importanti – si pensi anche al Pnrr e al Piano nazionale per l’economia sociale che l’Italia è chiamata a redigere – si giocano nel presente ed è cruciale, per ottenere buoni risultati e far sì che tutti riescano a goderne, che il Terzo settore non sia in panchina.
*Portavoce del Forum Terzo settore
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