Formazione
Sostegno negato: sicuri che convenga far causa alla scuola?
Qual è la strada migliore per ottenere le ore di sostegno a cui un alunno disabile ha diritto? Fare ricorso al Tar, che infatti di solito obbliga la scuola ad adempiere. Ma Salvatore Nocera non è d’accordo, e spiega come questa soluzione si stia trasformando in un boomerang per i ragazzi e un comodo alibi per le scuole
Genitori, attenti: prima di far causa al Tar perché a vostro figlio disabile certificato non viene garantito il sostegno per tutte le ore di scuola, pensateci e soprattutto leggete quanto scrive Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, su Superando. Perché altrimenti rischiate, contro le vostre intenzioni, di fare un danno al ragazzo anziché aiutarlo.
Osserva infatti Nocera che negli ultimi anni c’è stata una crescita esponenziale del numero di Sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, che normalmente assegnano “il massimo di ore di sostegno, non solo imponendo all’Amministrazione l’assegnazione di una cattedra di sostegno per ogni alunno certificato con disabilità grave, ma anche secondo una nuova interpretazione del rapporto 1 a 1 e cioè un’ora di sostegno per ogni ora di insegnamento, per tutta la durata settimanale di frequenza scolastica dell’alunno”.
Bene, è così che si deve comportare un tribunale: applica la legge e impone a chi non lo fa di adempiere subito. Peccato che nel caso di cui stiamo parlando le conseguenze possano essere deleterie, come nota ancora il vicepresidente della Fish: se infatti nel caso di una scuola dell’infanzia o primaria l’alunno può andare a scuola solo la mattina, nel caso molto più frequente del tempo pieno vengono assegnate addirittura 40 ore di sostegno, il che impone “la presenza di più di un’insegnante di sostegno con lo stesso alunno e talora anche di più di due: ad esempio nelle scuole secondarie una cattedra non può superare le 18 ore, quindi per coprire 40 ore di sostegno occorrono due cattedre e un quarto!”. E’ capitato, come documenta Nocera, in decine di casi: uno dei più clamorosi a Pisa, dove il Tar ha riconosciuto a 11 alunni di una stessa scuola 40 ore di sostegno ciascuno. Non bastasse, i TAR non si limitano alla condanna dell’Amministrazione Scolastica ad assegnare più ore di sostegno, ma anche “alla rifusione delle spese di causa e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali”. Un problema di costi, come si capisce bene, di buon senso, ma non solo, tanto che Nocera si chiede se “di fronte a questa deriva, giovi veramente alle famiglie che promuovono i ricorsi e all’Amministrazione che si vede perennemente condannare”.
Quali sono infatti le controindicazioni? Eccole: primo, la mancata integrazione reale. Se infatti le famiglie vogliono “la coeducazione e l’istruzione dei propri figli con disabilità con i compagni nelle sezioni e nelle classi ordinarie delle scuole di ogni ordine e grado”, come prevede la 104, devono rendersi conto che avere un’insegnante per il sostegno per tutta la durata dell’orario scolastico “spesso provoca l’esclusione del figlio proprio da quell’integrazione con i compagni che la legge ha voluto garantire”. Secondo, il ricorso facile alle ore di sostegno come unica risorsa per l’inclusione scolastica, scaricando di ogni responsabilità i docenti non di sostegno. Eppure è vero che, come scrive ancora Nocera, “la cultura e la prassi dell’inclusione scolastica, sin dalle origini hanno puntato, come risorsa primaria, sulla presa in carico da parte dei docenti curricolari che venivano aggiornati continuamente sulle didattiche inclusive, ‘sostenuti’ da insegnanti specializzati per il sostegno didattico”. Tutto ciò viene così dimenticato: il “problema disabile” si delega all’insegnante di sostegno, e i docenti curricolari continuano a occuparsi degli studenti “normali”.
E le scuole ci marciano, senza organizzare percorsi di formazione iniziale sulle didattiche inclusive per i docenti curricolari, né corsi di aggiornamento obbligatori in servizio. Eppure la recente Legge 128/13 lo ha previsto espressamente per le didattiche inclusive. “Il Ministero, quindi”, conclude Nocera, “dispone già di tutti gli strumenti utili a ridare ai docenti curricolari il ruolo primario nella presa in carico del progetto inclusivo, evitando così la disastrosa delega ai soli docenti per il sostegno. Ma vorrà realmente farlo?”.
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