Formazione
Sostegno, l’integrazione messa nero su bianco
Cosa prevedono le nuove linee guida della Gelmini
Obiettivo: rilanciare l’integrazione scolastica. Con un occhio alla Convenzione Onu e un altro alla tradizione pedagogica italiana. Un passo avanti, tagli permettendo Una boccata d’ossigeno per chi da sempre si impegna in favore dell’integrazione scolastica: la lettura delle «Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità», appena pubblicate nel sito del ministero della Pubblica Istruzione è agevole anche per i non addetti ai lavori, e costituisce un punto di arrivo e un punto di partenza alla vigilia del nuovo anno scolastico. Se nell’anno scolastico 2006-2007 erano 187.567 gli alunni con disabilità nelle scuole normali, ossia il 2,1% del totale, e gli insegnanti di sostegno erano circa 80mila, dei quali quasi la metà con incarico a tempo determinato, si comprende perfettamente come questo tema sia cruciale per determinare le dinamiche, organizzative, economiche e culturali, dell’istruzione pubblica in Italia.
Il documento approvato e firmato dal ministro Mariastella Gelmini ha una chiave di lettura del tutto nuova: ossia tiene conto della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, e dunque ripercorre la storia dell’integrazione scolastica italiana alla luce dei principi sanciti dalla Convenzione. È dunque un testo molto positivo e aperto: «Elaborate sulla base di un confronto fra dirigenti ed esperti del Miur nonché con la partecipazione delle associazioni delle persone con disabilità», si legge nella premessa, «esse mirano a rilanciare il tema in questione, punto fermo della tradizione pedagogica della scuola italiana, e che tale deve essere anche in momenti di passaggio e trasformazione del sistema di istruzione e formazione nazionale. Individuano inoltre una serie di criticità emerse in questi ultimi anni nella pratica quotidiana del fare scuola e propongono possibili soluzioni per orientare l’azione degli Uffici scolastici regionali, dei dirigenti scolastici e degli organi collegiali, nell’ambito delle proprie competenze».
Nella prima parte, «Il nuovo scenario. Il contesto come risorsa», le linee guida ripercorrono la storia dell’integrazione scolastica, a partire dagli articoli 3 e 34 della Costituzione, passando per la legge 118/71 (si parlava allora solo di “inserimento” nelle scuole normali), fino alla legge 517/77 che getta le basi dell’integrazione, e poi la legge quadro, la 104/92, fino alla Convenzione Onu e alle conseguenze dell’Icf, il nuovo criterio di classificazione funzionale delle disabilità approvato dall’Oms. È interessante notare come questa prima parte delle linee guida confermi la scelta dell’integrazione scolastica come irreversibile e qualificante del sistema di istruzione italiano. È quasi una risposta, autorevole e di indirizzo per tutti gli operatori della scuola, alla tendenza, evidente negli ultimi anni, a una gestione burocratica e al risparmio di questo “obbligo” da parte dei diversi attori dell’organizzazione scolastica.
Non a caso l’ultima parte del documento si rivolge esplicitamente alle figure che nella scuola hanno responsabilità organizzative e di orientamento, a partire dal ruolo degli uffici scolastici regionali, fino al dirigente scolastico. Non è dunque l’insegnante di sostegno l’unico riferimento concreto per attuare il processo di inclusione scolastica, anzi. Le linee guida si riferiscono esplicitamente ai Piani di zona, e dunque al territorio, al contesto sociale nel quale vive l’alunno con disabilità, affinché si creino le condizioni per soddisfare le sue “effettive esigenze”.
Riuscirà la Gelmini a imprimere una sterzata alla prassi non positiva degli ultimi anni? Molto dipenderà ovviamente dalle risorse economiche a disposizione, dal numero dei tagli al corpo docente, dall’accorpamento delle classi, dal numero di alunni con disabilità per classe, dal mantenimento del rapporto di un insegnante di sostegno ogni due alunni al massimo, dai trasporti, dall’assistenza personale, dalla effettiva collaborazione con le famiglie. I primi segnali sono comunque incoraggianti: in Sicilia, ad esempio, dopo la denuncia preoccupata della Fish, che paventava un drastico taglio degli insegnanti di sostegno, la Regione ha deciso uno stanziamento ad hoc di 40 milioni scongiurando la perdita del posto di circa seicento docenti.
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