Cultura

Sostegno, corsi e ricorsi

Il Ministero apre un'inchiesta, le associazioni delle famiglie mettono sotto accusa i rettori, "complici dei diplomifici"

di Paola Mattei

Un tam-tam insistente, già dal giugno scorso, aveva allertato qualche migliaio di giovani, tutti laureati a Scienze della formazione o al vecchio Magistero. La notizia era di quelle da suscitare speranze: in attesa di specifici corsi di laurea, alcune università italiane avrebbero realizzato corsi biennali di specializzazione per formare gli insegnanti di sostegno delle scuole di ogni ordine e grado. Una facoltà concessa temporaneamente dalla stessa legge, la 104/92, che istituisce i corsi di laurea per questi profili professionali. Centinaia di posti per entrare di ruolo nella scuola ad aiutare gli alunni portatori di handicap. Così a migliaia sono corsi alle prove di ammissione.
A Catania, dove il locale ateneo aveva bandito corsi da venti posti ciascuno per molte province siciliane (400 in tutto), ai primi di settembre si sono presentati in 4.000. Ognuno ha pagato centomila lire per svolgere il test di ammissione gestito da una società specializzata. I più bravi sborseranno 9 milioni all’anno per frequentare e conseguire l’agognato titolo. Una scena che si è ripetuta in molte altre parti d’Italia (vedi box), dove gli atenei hanno preso analoghe iniziative con costi annuali oscillanti fra gli 8 e i 10 milioni. A svolgere i corsi, in base ad una convenzione, le associazioni professionali del settore come l’Ansi e l’Isfar. Peccato che, come ha precisato la Pubblica istruzione, buona parte di questi corsi non siano validi perché non in linea con la normativa. Secondo la Cgil-Scuola, che ha fatto scoppiare il caso con un veemente atto di accusa del segretario nazionale Enrico Panini, si tratta di truffe vere e proprie, iniziative affaristiche senza rapporto con gli organismi territoriali della scuola. E sulla base delle reiterate denunce del sindacato, il ministro Berlinguer aveva messo tutti in guardia. Il 5 agosto scorso, aveva scritto ai rettori delle università italiane e ai Provveditorati ricordando i limiti stabiliti dalla legge: documentato fabbisogno sul territorio, gestione diretta della didattica da parte degli atenei, convenzioni con istituti riconosciuti. Condizioni che, secondo la Cgil, non sarebbero state rispettate in più di un caso. «In molti casi, delle università c’era solo la carta intestata dei bandi». Tutto il resto, dalla gestione all’insegnamento, “appaltato” ad organizzazioni professionali del settore.
Una vicenda che suscita commenti piuttosto duri da parte delle associazioni che operano nel settore dell’handicap. «Ritengo che la Pubblica Istruzione faccia bene a non riconoscere iniziative poco serie, che purtroppo alcune università hanno subappaltato a corsifici a pagamento», commenta Carlo Hanau dell’Anffas, mentre Gianluigi Zaina, presidente dell’Aias di Milano, è addirittura caustico: «Mi stupirebbe che ne uscisse qualcosa di buono: le università hanno dato sempre così poco alla scuola e all’handicap». Lo stesso concetto di specializzazione viene messo in discussione: «Sarebbe preferibile aggiornare tutti gli insegnanti per mettere in condizione di affrontare la disabilità, piuttosto che continuare a formare figure settoriali», osserva Zaina, «l’handicap non è nella persona ma nell’ambiente. È lì che si deve intervenire». Secondo Carmen Rotoli, dell’Associazione Genitori Persone Down, «se le notizie diffuse sono esatte, sarebbe davvero sorprendente la facilità con cui iniziative possano essere organizzate ed attivate coinvolgendo centinaia di persone». «Amareggia», prosegue, «vedere nascere intorno alla disabilità fenomeni che hanno carattere marcatamente speculativo». Intanto anche il ministero dell’Università vuol capirci di più e ha aperto un’inchiesta. Resta da vedere cosa risponderanno le università già sotto accusa per lo scandalo dei corsi di preparazione agli esami che giusto qualche giorno fa ha fatto perdere le staffe a Fabio Roversi Monaco, rettore dell’Università di Bologna. «Questa non è preparazione universitaria, questo è doping a scopo di lucro», ha detto il magnifico rettore. Chissà se c’è del doping anche nei corsi di formazione degli insegnanti di sostegno?

Convenzioni e appalti, la lista nera

L’università Federico II di Napoli ha sospeso. Nella lettera in cui la decisione viene comunicata all’Istituto Martuscelli, partner locale dell’iniziativa, il direttore dei corsi prega «l’Ente di dare l’opportuna pubblicità agli interessati alle selezioni». Particolare che la dice lunga su chi gestisca effettivamente i corsi. Il prestigioso ateneo è finito nella lista nera della Cgil per due corsi in convenzione a Nola: 130 mila lire per la sola ammissione e quasi 9 milioni per la frequenza. Alle selezioni erano in 1.300. A Catania hanno pensato di provvedere per tutta la regione: corsi in convenzione a Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Sciacca. L’ateneo di Catanzaro ha piazzato convenzioni in tutte le province calabresi spingendosi fino a Benevento. La Cgil gli attribuisce la palma del più caro: 200 mila per il test, 10 milioni per un anno di corso curato dalla cattedra di Medicina legale. Dubbi anche su Tor Vergata convenzionata con l’Ansi per Caserta e per Parma e Chieti convenzionati con enti siciliani. Anche la neocostituita università del Piemonte orientale ha bruciato le tappe: le convenzioni sono fioccate a Novi Ligure, Vercelli, Santhià, Novara ed anche Biella. Replicano i convenzionati piemontesi: «Tutto in regola, abbiamo sentito i Provveditorati». Ma non spettava all’università?

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