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Sos Somalia: AVSI e Coopi in prima linea

Il Segretario generale dell'ONU Antonio Guterres lancia l'allarme: la devastante siccità ha già causato la tragica perdita di 43.000 vite nel 2022 ma il 2023 potrebbe essere molto peggio. Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello di 2,4 miliardi di euro per aiuti alla nazione del Corno d'Africa, ma sinora appena il 13% è stato finanziato. VITA ha fatto il punto con Paolo Fattori di COOPI e Corrado Cok di AVSI, due Ong presenti nel paese africano da anni con molti progetti per fare il punto sulle criticità le azioni che l'Europa dovrebbe intraprendere per salvare molte persone oltre a prevenire l'ennesima ondata di migranti economici, questa volta dalla Somalia

di Paolo Manzo

Non è un caso se il giorno di Pasquetta il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è arrivato a Mogadiscio, in Somalia, ricevuto con tutti gli onori all’aeroporto della capitale dal ministro degli Esteri somalo Abshir Omar Huruse. Guterres ha lanciato un allerta sul paese africano sull’orlo della carestia, mentre il governo è anche impegnato in una grande offensiva per sedare una sanguinosa insurrezione di al-Shabaab. Il segretario generale ha osservato che “il cambiamento climatico sta causando il caos”, che “la Somalia ha vissuto cinque stagioni consecutive di cattive piogge”, qualcosa che “non ha precedenti” ricordando che la “devastante siccità” ha già causato la “tragica perdita di 43.000 vite” nel 2022, oltre allo sfollamento di 1,4 milioni di somali, di cui donne e bambini costituiscono l’80%.

Mancava da sei anni Guterres in Somalia, dove ieri ha incontrato i leader politici e visitato un campo per sfollati interni. L’ONU ha lanciato un appello di 2,4 miliardi di euro per aiuti alla nazione del Corno d’Africa, ma sinora appena il 13% è stato finanziato. Secondo il Palazzo di Vetro circa la metà della sua popolazione avrà bisogno di assistenza umanitaria quest’anno, essendo 8,3 milioni i somali colpiti dalla siccità. L’obiettivo è evitare quanto accadde con la carestia del 2011 che uccise 260.000 persone, più della metà dei quali bambini sotto i sei anni, in parte perché la comunità internazionale non agì abbastanza velocemente. Un rapporto delle Nazioni Unite e del governo somalo pubblicato a marzo sostiene che nel 2022 la siccità ha causato 43.000 “morti in eccesso”, la metà dei quali erano bambini sotto i cinque anni. Non bastasse, le piogge stagionali a marzo hanno causato inondazioni che, oltre ad uccidere 21 persone, hanno provocato 100mila sfollati interni.

VITA ha sentito i responsabili Somalia di due Ong del nostro comitato editoriale, Paolo Fattori di COOPI e Corrado Cok di AVSI, presenti nel paese africano con molti progetti. Obiettivo mantenere viva l’attenzione del nostro paese sul dramma del paese del Corno d’Africa, uno dei principali da cui in questo momento stanno arrivando per ovvi migranti sulle nostre coste, ma anche per capire cosa fanno, cosa potrebbe fare di più l’Europa.

Qual è la situazione umanitaria generale in Somalia oggi?

Cok: «La Somalia è in una fase molto critica. La siccità sta diventando un’emergenza costante con la sesta stagione delle piogge consecutiva che si prevede al di sotto della media. Questo sta devastando l’agricoltura e ha causato la morte di più di tre milioni di capi di bestiame, due fattori che hanno aggravato la crisi alimentare che colpisce il paese. L’anno scorso, le agenzie umanitarie sono riuscite a prevenire la condizione di fame più grave, la cosiddetta IPC 5 secondo gli standard internazionali, che comporta la morte. Ma la situazione potrebbe ripresentarsi anche quest’anno. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’UNHCR, conta 3,2 milioni di persone tra sfollati interni, rifugiati e rimpatriati volontari, mentre il gap tra i finanziamenti umanitari necessari e quelli effettivamente dati dai donatori internazionali si è allargato negli ultimi anni. Il COVID e la guerra in Ucraina hanno inoltre aumentato il costo di beni essenziali, come i cereali, il cemento, i fertilizzanti ed il carburante. Le ostilità con al-Shabaab si sono riaccese nel giugno scorso con un discreto successo del governo e dei suoi alleati negli stati del Galmudug e del Sud Ovest. Allo stesso tempo, gli scontri hanno aumentato il numero degli sfollati in fuga dalle aree di combattimento».

Fattori: «La persistente insicurezza, i conflitti, i ricorrenti cambiamenti climatici, le locuste del deserto, le tensioni politiche irrisolte e gli shock globali sui prezzi e sull’approvvigionamento stanno ulteriormente aggravando la situazione della sicurezza alimentare in Somalia. Il numero complessivo di persone bisognose è aumentato negli ultimi tre anni, passando da 5,2 milioni di persone nel 2020 a 5,9 milioni nel 2021 e a 8,25 milioni nel 2023. Sebbene la gravità della fame, della malnutrizione acuta e della mortalità sia stata alleviata in alcune aree – soprattutto nelle regioni settentrionali di Bay, Lower Shabelle, Bakool e Lower e Middle Juba – l’IPC Somalia valuta che almeno 6,5 milioni di persone (quasi il 40% della popolazione) hanno ancora bisogno di assistenza alimentare urgente, nonostante le consegne in corso e quelle previste. Si prevedono ancora situazioni di emergenza (IPC Fase 4) e di catastrofe (IPC Fase 5), indicative di un’ampia o estrema carenza di cibo e di elevati livelli di malnutrizione acuta e di mortalità, in diverse aree agropastorali delle regioni di Bay, Hiiraan, Middle Shabelle e Togdheer; nelle aree pastorali costiere delle regioni di Mudug e Galgaduud; e nei campi di sfollati interni a Baidoa, Mogadiscio e Garowe. Per questo, COOPI ha lanciato un appello urgente di raccolta fondi, chiamato “Who is my neighbour?”, insieme alle Ong internazionali del consorzio SomRep».

Quali sono i progetti che avete attualmente in corso in Somalia?

Cok: «AVSI ha un progetto in corso per far fronte alla crisi alimentare e idrica nel sud del paese, in particolare nell’area di Chisimaio. Il progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, l’AICS, assiste sia gli sfollati che le comunità locali, con particolare attenzione ai nuclei familiari più vulnerabili, quali le donne capofamiglia. Inoltre offriamo soluzioni sostenibili che rafforzano la produzione agricola, sostengono l’allevamento, aumentano le fonti d’acqua disponibili, riducono l’incidenza di malattie legate all’acqua e sensibilizzano contro la violenza di genere».

Fattori: «Attualmente nel paese abbiamo sei progetti. Con ECHO, l’Ufficio per gli aiuti umanitari della Commissione europea, sosteniamo la popolazione colpita dalla crisi attraverso trasferimenti di contanti multiuso erogati su base mensile a famiglie selezionate. Con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, l’AICS, abbiamo il progetto di emergenza per ripristinare e rafforzare i mezzi di sussistenza delle popolazioni più vulnerabili colpite dalla siccità e dalle inondazioni nei distretti di Baidoa e Dollow. Con la Cooperazione svizzera allo sviluppo, la DSC, è attivo il progetto di “Consolidamento della Resilienza” che portiamo avanti nell’ambito del consorzio SomRep. Le attività principali si concentrano sui trasferimenti di denaro per sostenere 1.320 famiglie, 420 nel distretto di Baidoa e 900 in quello di Dollow, per tre mesi e sull’attuazione di attività di cash for work che coinvolgeranno 900 famiglie. Inoltre, sempre con la cooperazione elvetica abbiamo un secondo progetto che mira a ridurre le carenze alimentari delle famiglie fornendo denaro multiuso salvavita e proteggendo i mezzi di sussistenza nei villaggi agro-pastorali e degli sfollati nel distretto di Baidoa. Con l’UNHCR promuoviamo l’autosufficienza e i mezzi di sussistenza per i rifugiati somali, i richiedenti asilo, i rimpatriati e gli sfollati interni e le comunità ospitanti vulnerabili nella Somalia centro-meridionale mentre con il Governo australiano (DFAT), sempre nell’ambito di SomRep, è attivo il progetto per suscitare una maggiore resilienza attraverso lo sviluppo di sistemi economici inclusivi e approcci intelligenti dal punto di vista climatico.

Cosa può fare l’UE (di più o meglio) per sostenere i bisogni umanitari in Somalia?

Cok: «L’Unione Europea è sicuramente molto attiva in tutti i settori di cooperazione, dallo sviluppo alla sicurezza. A mio avviso, tali risorse potrebbero essere meglio impiegate se distribuite più capillarmente, su un numero maggiore di progetti che possano raggiungere un bacino maggiore di beneficiari in difficoltà e permettano un miglior adattamento al contesto locale».

Fattori: «L’UE può dare il suo sostegno per favorire attività di recupero. C’è infatti la possibilità di andare incontro a una sesta stagione di piogge fallimentari, ma dovremmo avere le risorse necessarie nel caso in cui le piogge arrivino, in modo da passare rapidamente alla fase di recupero e creare le condizioni per cui le persone che vivono nei campi possano avere l’opportunità di tornare e approfittare del primo raccolto, se sarà disponibile. Bruxelles potrebbe inoltre abbandonare la risposta alla siccità quale sintomo della crisi climatica e concentrarsi invece sull’adattamento climatico. Il settore agro-pastorale è il principale motore economico del Paese e la base della maggior parte dei mezzi di sussistenza dei somali. La pastorizia è uno stile di vita che in questa parte del mondo, in Somalia, Kenya ed Etiopia, è in grave pericolo: la gente non ha intenzione di reinvestire nel bestiame, perché ha perso il bestiame più di una volta. Tre milioni di animali sono morti solo in Somalia o sono stati venduti a causa della continua siccità. Il continuo fallimento delle stagioni delle piogge significa che lo stile di vita di una generazione è in pericolo e ciò che è così chiaro delle persone minacciate e sotto stress è che calcolano i margini in modo molto preciso. L’esportazione di bestiame è uno dei principali introiti in termini di PIL, quindi la perdita di così tanti capi di bestiame ha un impatto enorme sull’economia somala. Lo stesso ragionamento può essere esteso anche attraverso il sostegno all’economia blu e alla pesca. Infine l’UE deve sostenere il coinvolgimento di Ong e organizzazioni della società civile locali, oltre a collegare i partner dell’UE nell’ambito del nesso umanitario-sviluppo-pace e sostenere gli attori dello sviluppo e della pace».

Credit Foto: Fondazione AVSI Somalia

Qui il link per finanziare il progetto di AVSI in Somalia

Qui il link per la raccolta fondi “Who is my neighbor?”​

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