Mondo
SOS Darfur: il lungo cammino
Le radici di un conflitto che sembra senza fine. Le deboli speranze di pace. Gli interventi umanitari. E l'esperienza innovativa di quattro ong italiane. Per la prima volta insieme
È un cammino lungo e travagliato quello che sta compiendo il Darfur per uscire dall?incubo della guerra. A metà dicembre, l?ennesimo round di incontri: la delegazione del governo sudanese e i rappresentanti dei ribelli della regione occidentale del Darfur si sono incontrati, per la settima volta, ad Abuja, capitale della Nigeria.
È un cammino fatto di rinvii, di cessate il fuoco e di riprese dei combattimenti, di contrattazioni sulla spartizione delle risorse (da aprile 2005 dopo due anni di guerra è ufficiale: il petrolio in Darfur c?è), di botta e risposta con le Nazioni Unite. Il tutto ha avuto l?effetto di trasformare il conflitto interno di una regione africana in una delle crisi umanitarie più gravi del pianeta. In Darfur le vittime sono quasi tutte civili: 180mila, secondo le stime delle Nazioni Unite. Gli sfollati hanno raggiunto i due milioni all?interno del Darfur, più altri 500mila nel confinante Ciad. Circa 14mila operatori umanitari sono presenti sul campo per affrontare l?emergenza, con 13 agenzie dell?Onu e 82 organizzazioni non governative.
Le radici
Non è soltanto una faccenda interna all?Africa, la guerra in Darfur. Anche se affonda le sue radici nell?opposizione delle tribù fur (da qui il nome Dar-fur, ?la terra dei fur?) contro il governo sudanese di Karthoum e le milizie janjaweed, responsabili di incursioni nei villaggi fatte di eccidi, stupri e violenze contro la popolazione.
La guerra civile è iniziata formalmente nel febbraio 2003 quando due gruppi ribelli, il Movimento per la giustizia e l?uguaglianza (Jem) e l?Esercito – Movimento per la liberazione del Sudan (Sla-m), si sono sollevati in armi contro Karthoum. Le autorità sudanesi, da parte loro, hanno usato le milizie dei janjaweed (letteralmente ?i cavalieri del diavolo armati di kalashnikov?) contro la popolazione inerme per soffocare la rivolta.
Ad accertarlo, con un?inchiesta sul campo alla fine del 2004, è stata una commissione delle Nazioni Unite guidata dall?italiano Antonio Cassese, dopo che a marzo, alla vigilia del decimo anniversario del genocidio ruandese, le agenzie dell?Onu si erano decise a denunciare apertamente la ?pulizia etnica? in corso nel Darfur. Il 26 maggio 2005 è arrivata la decisione del Consiglio di sicurezza di incaricare la Corte penale internazionale di indagare sui crimini di guerra commessi in Sudan.
Gli interventi
In Darfur, una regione semidesertica grande come la Francia, il problema maggiore per la popolazione e per le organizzazioni umanitarie resta la sicurezza. Nell?area a forma di mezzaluna tra i due capoluoghi di Nyala ed El Geneina si è concentrato, soprattutto a partire dall?inizio del 2004, l?intervento di emergenza delle Nazioni Unite, dell?Unione europea e delle organizzazioni non governative. Ma negli ultimi mesi si sono intensificati gli attacchi ai convogli e agli operatori umanitari, soprattutto nel Darfur occidentale, uno dei tre stati che compongono la provincia. I camion delle ong sono regolarmente fermati dalla polizia governativa, dai predoni arabi e dai ribelli. Spesso vengono assaliti da uomini armati che si impadroniscono degli aiuti.
L?assistenza umanitaria si svolge soprattutto nei campi profughi, arrivati a 130 in Darfur e 11 nel confinante Ciad. La gente ha paura di uscire dalle poche zone protette per far legna o per rifornirsi di acqua a causa delle incursioni dei janjaweed. Il lavoro umanitario in questo contesto ha spinto le organizzazioni italiane che operano in Darfur (Cesvi, Coopi, Cosv e Intersos) a coordinarsi fra loro, costituendo alla fine del 2004 il Comitato Darfur onlus e a lanciare la campagna Sos Darfur, di cui si è resa promotrice Barbara Contini, inviata speciale per la cooperazione italiana.
Il futuro
Sul percorso di questa travagliata regione verso la pace ci sono ancora troppi ostacoli, interessi contrapposti che sembrano non trovare possibilità di incontro, nonostante la mediazione dell?Unione africana, impegnata in una missione di osservazione e peacekeeping in Darfur con 5mila soldati e promotrice dei colloqui di Abuja. E nonostante sia entrato in vigore, nel gennaio 2005, un altro accordo di pace: quello che ha posto fine a più di vent?anni di guerra fra il governo di Karthoum e il Sud Sudan controllato dall?Spla, l?esercito di liberazione sud sudanese.
Secondo molti osservatori l?ingresso nel governo dei ribelli del Sud avrebbe dovuto sbloccare anche la situazione in Darfur, ma così sinora non è stato. Sembra piuttosto che la guerra, insieme agli interessi in gioco, si sia spostata in altre zone della regione, e che non abbandonerà tanto presto la ?terra dei fur?.
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