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Sos: 30mila educatori cercansi. L’affanno dei Comuni per garantire i servizi per l’infanzia
È la quota di personale necessaria per accogliere i 150.480 bambini in più che troveranno posto nei nuovi asili nido finanziati dal Piano nazione di ripresa e resilienza. Altissimo il rischio che diverse decine di migliaia di posti restino senza copertura. Il report dell'Istat
Nei prossimi anni serviranno fino a 30mila educatori nei servizi per l’infanzia previsti dal Pnrr. C’è il rischio però che i Comuni non riescano a reclutare il personale necessario. A lanciare l’allarme è l’Istat nel report I servizi educativi per l’infanzia in Italia. Stato dell’arte, personale e accessibilità dell’offerta Zerotre realizzato in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, grazie al quale è stato possibile misurare per la prima volta l’organico attualmente in servizio (quasi 100mila unità fra personale educativo e ausiliario, se sei abbonato/a puoi consultare l’infografica) e stimare quello che sarà necessario per accogliere i 150.480 bambini in più che troveranno posto nei nuovi asili nido finanziati dal Piano nazione di ripresa e resilienza.
Un potenziamento dell’offerta indispensabile per colmare il gap che ci separa dal raggiungimento degli obiettivi comunitari fissati a 33 posti ogni 100 bambini (elevati a 45 su 100 entro il 2030 dagli obiettivi di Barcellona). Ebbene, secondo l’indagine campionaria curata dall’ateneo veneto occorrerà contrattualizzare tra 28mila e 29.300 nuovi educatrici e educatori nel caso in cui si mantenga l’attuale assetto organizzativo (prescindendo dunque dal tipo di rapporto part-time, full-time e contratti flessibili) oppure tra 23.700 e 24.900 unità nel caso si ipotizzi che tutti i dipendenti lavorino a tempo pieno, secondo il criterio di calcolo full-time equivalent.
I ricercatori fanno notare tuttavia che, considerato che solo poco più della metà dei fondi Pnrr è attribuita alla creazione di servizi ex-novo mentre la restante parte è destinata a progetti che potenziano quelli già presenti, l’incremento dei posti potrebbe tradursi semplicemente «in un maggiore utilizzo del personale già contrattualizzato, ad esempio aumentando le ore contrattuali previste».
E i Comuni che invece assumeranno nuovo personale? Riusciranno a reclutare i lavoratori necessari? L’Istat segnala che, sebbene molti municipi stiano affrontando le difficoltà legate alla costruzione dei nuovi edifici o al rinnovamento e all’ampliamento di quelli esistenti, emergono interrogativi su come i nuovi servizi riusciranno a reperire i dipendenti. Risulta infatti che nei due anni precedenti l’indagine il 66,4% dei servizi educativi ha effettuato assunzioni di personale educativo, mentre il 28,2% ha avuto forti o fortissime difficoltà a reperirlo. Una percentuale che sale al 46,1% se si aggiungono anche i servizi che hanno avuto “qualche” difficoltà.
La situazione però cambia molto da territorio a territorio. Mentre ben il 37% dei servizi educativi del Settentrione ha incontrato forti o fortissime difficoltà nel reperire personale educativo nell’ultimo biennio, la quota scende al 20,8% per l’unità di offerta del Centro e al 15,8% per le strutture nel Mezzogiorno. I problemi nel reperire educatori, sintetizzano gli autori della ricerca, sembrano essere collegati «anche ai livelli di offerta dei servizi presenti nei territori».
L’indagine ha permesso inoltre di accendere un faro sulle cause della difficoltà di reperimento del personale educativo. Dalle osservazioni dei referenti dei servizi educativi per l’infanzia è emerso che i principali ostacoli sono: la mancanza di titoli di studio idonei, l’incompatibilità con i metodi di lavoro, la carenza di esperienza pratica nel campo educativo e la collocazione periferica del servizio educativo. L’ultimo elemento rilevato dai referenti degli asili nido e delle sezioni primavera ha riguardato la previsione di assunzioni di personale educativo nei prossimi due anni. Il 58,6% dei servizi prevede di assumere nuovo personale educativo. Una percentuale che cresce al 67% nel Mezzogiorno, sia tra le unità di offerta pubbliche sia tra quelle private. Segno che le strutture del Sud si stanno attrezzando in previsione di un’espansione del servizio.
Foto: Pexels/Markus Spiske
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