Formazione
Sorpresa: prof italiani soddisfatti
I dati di una ricerca Ocse: appagato il 95% dei docenti, ma il nemico è la burocrazia
di Redazione
Soddisfatti della loro professione, bravi a mantenere l’ordine in classe, tollerano anche la burocrazia, pensano di insegnare con passione e successo, chiedono formazione, non temono di essere valutati. E’ questo il quadro degli insegnanti italiani che emerge dall’indagine internazionale Ocse-Talis sulla percezione che i docenti hanno del loro ”status”. L’indagine, diffusa dalla Uil scuola, condotta in 23 paesi su un campione di insegnanti e presidi di scuola superiore di primo grado, rivela che sono gli insegnanti italiani quelli piu’ soddisfatti del lavoro svolto in classe. Il 95% dei docenti di scuola media dichiara, infatti, di essere appagato del proprio lavoro anche in relazione al clima disciplinare in aula e al rapporto con gli studenti. Nella classifica internazionale gli italiani registrano 6 punti percentuali in piu’ rispetto alla media (89,6%) seguiti dai colleghi sloveni, belgi, messicani, bulgari e austriaci. Ad essere i meno soddisfatti sono gli australiani (82,4%) e poi gli ungheresi, i turchi, i brasiliani e i portoghesi.
Rispetto ai propri colleghi internazionali i docenti italiani lamentano di dover utilizzare il 14% del tempo per mantenere l’ordine in classe. Piu’ alto della media dei 23 paesi e’ anche il tempo che e’ sottratto all’insegnamento per espletare troppi adempimenti burocratici (8,8%). Una situazione che accomuna gli insegnanti italiani a quelli spagnoli, mentre sono gli insegnanti brasiliani a faticare di piu’ per mantenere l’ordine (17,8% del tempo passato in classe). In Estonia, Lituania e Polonia ci vuole invece meno tempo: il 9% circa. Il maggior peso negli adempimenti burocratici tocca agli insegnanti messicani con un carico di pratiche pari al 16,5% del tempo, quasi il doppio rispetto alla grande maggioranza degli altri paesi.
La ricerca, sottolinea il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna ”riporta l’attenzione sui docenti e sulla loro professione. E’ un fatto nuovo per questo tipo di indagini. E’ importante ascoltare la voce degli insegnanti. Per puntare sulla qualita’ bisogna puntare sugli insegnanti. Quello delle retribuzioni – evidenzia – resta un tasto dolente del nostro sistema di istruzione. Proprio in base ai dati Ocse, l’ Italia risulta fanalino di coda in Europa. Un insegnante tedesco di scuola media guadagna quasi il doppio rispetto ad un insegnante italiano. Anche i colleghi spagnoli guadagnano di piu’. Peggio di noi solo la Grecia”. Secondo il numero uno della Uil Scuola ”la classe politica, i governi dovrebbero operare in modo da sostenere, supportare, agevolare il lavoro dei docenti. Si dovrebbe fare in modo che questa professione sia considerata un valore, una risorsa positiva del paese, quale gli insegnanti di fatto sono. Alla necessita’ di dare centralita’ e peso alla professione docente, di modernizzare i processi di istruzione e formazione risponde invece un sistema tutto burocratico di norme e carte”.
”Abbiamo da un lato insegnanti che chiedono di ‘essere al passo con i tempi’, dall’altro un’amministrazione che si muove con regole vecchie e rigide. C’e’ una riforma – conclude Di Menna – che si puo’ fare e che non costa e’ riformare il sistema amministrativo. Bisogna trasformare il ministero da centro di produzione di circolari a luogo nel quale vengono predisposte attivita’ di servizio e supporto alle scuole e ai docenti”.
Un ulteriore aspetto di osservazione della ricerca riguarda le ricadute della valutazione sulla vita professionale dei docenti: variazioni di retribuzione, bonus economico o altra forma di premio economico, cambiamento nelle prospettive di carriera, riconoscimento pubblico del preside e / o dei loro colleghi, opportunita’ di aggiornamento, cambiamenti nelle responsabilita’ lavorative che rendono il lavoro piu’ attraente, acquisizione di un ruolo nelle iniziative di aggiornamento o formazione. L’incremento della retribuzione e’ assolutamente marginale per la media dei Paesi: si verifica nel 9,1% dei casi, mentre in Italia e’ dichiarato nel 2% (probabilmente riferibile alla conferma in ruolo dopo il periodo di prova e alla conseguente ricostruzione di carriera). Gli altri Paesi dell’Europa occidentale, con l’eccezione della Norvegia, si situano su percentuali analoghe o addirittura minori. Altri premi di natura economica o bonus sono mediamente attribuiti all’11% dei docenti, mentre la gratificazione – immateriale – per il pubblico riconoscimento del preside e dei colleghi – che riguarda il 36,4% degli insegnanti dei paesi presi in considerazione sale al 46,4% nel caso dell’Italia. Altre forme di riscontro nel nostro paese sono: il coinvolgimento attivo nelle iniziative di aggiornamento e/o di formazione dei colleghi (38,3%, la media degli altri paesi e’ 29,6) e il cambiamento nelle responsabilita’ lavorative che rendono il lavoro piu’ attraente (27,1%, la media degli altri paesi e’ 26,7%).
L’inchiesta non si limita a registrare le dichiarazioni dei docenti circa le attivita’ ma domanda anche quale siano le loro necessita’ d aggiornamento. Tra i settori nei quali gli insegnanti dichiarano di avere maggiore bisogno di aggiornamento ci sono l’insegnamento a studenti con bisogni speciali di apprendimento (31,3%) e lo sviluppo di competenze nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, TIC, (24,7%). I docenti italiani esprimono una diffusa domanda di formazione, superiore di 10 punti alla media dei colleghi delle altre nazioni. Per loro rappresentano delle priorita’: l’insegnamento a studenti con bisogni speciali (35,3%), l’esigenza di migliorare la pratica didattica (34,9%), l’accrescimento delle competenze nel proprio ambito disciplinare (34%).
Una parte dell’indagine Talis e’ dedicata alla valutazione degli insegnanti. Ricerca condotta non in modo ‘generico’ ma basata sulla richiesta di ‘precise’ esperienze di valutazione, sia interna che esterna, che i docenti hanno avuto negli ultimi cinque anni.Il 13,8% dei docenti dei 23 paesi esaminati dichiara di non aver ricevuto alcun tipo di valutazione. Per gli italiani questa percentuale e’ del 20%. Sono gli spagnoli, i danesi, i portoghesi, gli austriaci e gli irlandesi i meno valutati. Coreani, ungheresi, slovacchi e turchi sono quasi tutti sottoposti a processi di valutazione. Per quanto riguarda la valutazione interna quasi la meta’ degli insegnanti italiani e’ impegnata almeno una volta l’anno nelle pratiche di autovalutazione della scuola, livello simile alla media degli altri paesi. Per quanto attiene alla valutazione esterna oltre il 60% dei nostri insegnanti non e’ mai stato coinvolto (negli altri paesi il livello di quanti non hanno ricevuto mai una valutazione e’ mediamente intorno al 30%). L’11, 3% e’ stato coinvolto una volta, il 14,6% da due a quattro volte, il 12,3 % una volta all’anno, solo l’1% piu’ di una volta all’anno.
L’indagine Talis ha poi interrogato i docenti sulla percezione che loro hanno dell’ efficacia personale in relazione all’attivita’ educativa con i propri studenti. Sotto la lente di ingrandimento sono state messe una serie di variabili relative al lavoro d’aula, non sotto il profilo delle materie insegnate, ma su quello relazionale. L’analisi comparata dei dati mostra che e’ appannaggio dei docenti norvegesi la piu’ positiva percezione complessiva circa l’efficacia del loro lavoro, al secondo posto gli italiani mentre, all’estremo opposto, si situano i professori coreani e quelli spagnoli.
Tra i temi affrontati nella ricerca c’e’ anche quello della partecipazione ad attivita’ di sviluppo professionale: si va dai corsi / seminari alle conferenze o seminari di formazione, dai programmi di qualificazione (ad esempio un corso di laurea) alle visite di osservazione in altre scuole, dalla partecipazione ad una rete di docenti alla ricerca individuale, fino alle esperienze di tutoraggio, osservazione ed esercitazione con colleghi, come parte di un sistema di formazione formale, alla lettura di testi professionali, al dialogo fra colleghi.
E’ stato quindi chiesto agli insegnanti se hanno partecipato a tali attivita’ negli ultimi 18 mesi e per quanti giorni: il risultato e’ che, in tutti i Paesi, la partecipazione a questo genere di attivita’ e’ piuttosto ampia. L’Italia si colloca sotto la media per numero di insegnanti coinvolti.Per quanto attiene invece al numero medio delle giornate impegnate in tali attivita’, si va da un minimo di 5,6 giorni dell’Irlanda ad un massimo di 34 giorni del Messico, attestandosi la media di tutti i Paesi a 15,3 giorni medi nel periodo dei 18 mesi considerati. I docenti italiani, al quarto posto, si situano abbondantemente al di sopra della media con 26,6 giornate medie.
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