Welfare

Sordociechi: è ora di fare rete

La prima Giornata nazionale dei sordociechi, promossa dall’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) in collaborazione con la Lega del Filo d’Oro si è celebrata con un convegno che ha messo a tema il rapporto fra le istituzioni ed il mondo dei sordociechi

di Paolo Biondi

A tema il rapporto fra le istituzioni ed il mondo dei sordociechi. Questo l’argomento che ha tenuto banco alla prima Giornata nazionale dei sordociechi, promossa dall’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uici) in collaborazione con la Lega del Filo d’oro. Del resto il mondo della politica era padrone di casa, visto che la manifestazione si è svolta nella Sala Zuccari del Senato.

«Questa giornata richiama l’attenzione di tutti. Il nostro è un impegno che vuole dare alla società il proprio contributo, se le associazioni che rappresentiamo sono messe nelle condizioni di poterlo fare. Confidiamo che il nuovo governo riprenda il discorso avviato la scorsa legislatura e metta attorno a un tavolo le varie associazioni», ha detto aprendo i lavori Rossano Bartoli, Segretario generale della Lega del Filo d’oro.

Subito la risposta di Vincenzo Zoccano, Vice ministro alla Famiglia e alla Disabilità: «La trasversalità è il grande tema del nuovo ministero che non è ghettizzante, come qualcuno ha rilevato, ma l’esatto opposto. Mancava una cabina di regia che facesse parlare fra di loro i vari ministri con competenze nel settore. Certamente il plus è quello delle associazioni del terzo settore: vedremo celermente come riunirle».

«Questa giornata rappresenta l’occasione per far conoscere a quante più persone un fenomeno in crescita come quello della sordocecità, che in Italia riguarda circa 189mila persone (lo 0,3% della popolazione), di cui 108mila costrette a vivere confinate in casa senza la possibilità di accedere al mondo esterno e partecipare alla vita sociale a causa della loro condizione di pluridisabilità», aveva aggiunto Bartoli nel dare un quadro del problema e ricordando come l’attuale legislazione del settore, la legge 107 del 2010, vada ancora applicata e in parte emendata e migliorata.

Il presidente nazionale dell’Uici, Mario Barbuto, ha sottolineato che quella che si è svolta a Roma «è una giornata di riflessione, non di celebrazione, su questo tema per pensare alla vita dei cittadini. Non è più il tempo delle espressioni di vicinanza o anche di compassione: da oggi è il tempo delle realizzazioni. Occorrono interventi precisi e mirati perché queste persone siano supportate a costruirsi una vita normale». E Stefano Tortini, vice presidente Uici, ha aggiunto che «le famiglie si trovano ad affrontare da sole le difficoltà quotidiane e i disservizi dei territori. È ora di fare rete a prescindere dai campanilismi locali o delle singole associazioni e di trovare una interlocuzione forte con le istituzioni».

Commoventi le testimonianze. Da quella di Gianni Consorti che ha raccontato l’esperienza della Sant’Alessio di Roma, ad Antonio Russo: «Troppe cose ho amato, uscire da casa, vedere i negozi, mi piaceva cucinare: ora non posso farlo perché i miei assistenti hanno paura che prenda fuoco ai fornelli».

Lucia Varchera ha recitato una sua poesia, il cui testo ha voluto offrire anche ai lettori di Vita:

«Vengo dal Sud
Vengo dalla mia cara Cosenza, una città bella ma purtroppo piena di malavita
Vengo da una famiglia modesta
Vengo dalla solitudine di essere l’unica figlia, dalla speranza di non diventare come mio padre, che solo Dio sa risparmiare tutto
Vengo dagli abbracci di mia madre, da i sorrisi e i racconti divertenti dell’infanzia di mio padre
Vengo dall’abbraccio gioioso dei miei cani e dalla vecchiaia del loro sguardo stanco
Vengo dal piacere di imparare sempre tutto e dalla voglia di crescere
Vengo dai poeti e scrittori che mi appassionano ogni giorno, dall’amore per la letteratura e i libri
Vengo da molti sogni impossibili, da un mondo pieno di delusioni
Vengo da un mondo che non sento mio, dal disagio e dalla delusione di non riuscire a farmi capire dagli altri
Vengo dalle lunghe passeggiate solitarie e dalla mancanza di amicizie con cui condividere le mie emozioni
Vengo da uno stile un po’ strano
Vengo dalla mia testardaggine e dal mio carattere scontroso
Vengo dalla felicità di confidarmi con la carta anche se non parla e non può dar consigli. Mi sono liberata dalle mie emozioni, da ciò che mi bruciava dentro a forza di perder sempre lacrime
Vengo da Anne Frank che disse: La carta tira fuori ciò che hai dentro
Vengo dall’impazienza degli adulti che non comprendono i problemi dei ragazzi d’oggi».

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