Cultura

Sorbara: senza i monaci, niente lambrusco

Viaggio tra arte e sapori del modenese, dal romanico a oggi

di Leonardo Tondelli

Da Matilde a Pico
Il nome di Sorbara è legato al Lambrusco, che si contende con Sozzigalli, giusto al di là del fiume. Peccato però che la vigna del prete sia stata asfaltata e che i residenti non sappiano quasi dove sia il castello di Matilde, quella che per ben due volte vinse Enrico IV. Anche per chi ama l?arte e la storia, Sorbara tuttavia è un?ottima base: nel raggio di 30 chilometri ci sono ben tre corti rinascimentali, Modena, Carpi e Mirandola. Mentre l?abbazia di Nonantola e il Duomo di Modena sono degli imperdibili gioielli dell?architettura romanica.

Questa settimana il giro d?Italia di Vita fa tappa in un piccolo centro del modenese: Sorbara, culla del Lambrusco. È un paese che non conserva quasi traccia del passato: anche se sorge a pochi chilometri di distanza da ben tre corti rinascimentali?

Leggenda vuole che il vitigno lambrusco sia stato portato a Sorbara dalle correnti del fiume Secchia, durante una delle periodiche piene. E se questo da un lato spiegherebbe la doppia identità del vino (di colle e di pianura), dall?altro è causa d?infinite discussioni coi cugini al di là dal fiume: sì, perché il Secchia non attraversa il paese (siamo in terra di bonifiche, i centri si tenevano a rispettosa distanza dalle vie d?acqua), ma traccia il confine tra il territorio di Sorbara e quello di Sozzigalli. Si tratta però di un confine fin troppo mobile, che lungo i secoli ha cambiato spesso letti e argini. Il che rende in pratica impossibile determinare su quale sponda abbia attecchito il primo vitigno selvatico. C?è da dire che Lambrusco di Sozzigalli non suonerebbe altrettanto bene.

Bisogna essere onesti, e aggiungere che – a parte il nome – Sorbara non ha molto da offrire al visitatore. Non la leggendaria sorba secolare (morta in una gelata); non la vigna del prete, dove il vitigno selvatico sarebbe stato addomesticato (asfaltata da un successore del parroco). Neppure il Castello Matildico, anche se qualche rarissimo turista passa a cercarlo, creando disappunto negli indigeni che non ne sanno assolutamente niente. Vero è che il 2 luglio del 1084 la Contessa Matilde sconfisse l?esercito imperiale, togliendo a Enrico IV «l?ultima speranza di vendicare Canossa»: lo dice una targa sulla Pieve Matildica.

Ma anche la Pieve rischia di essere una delusione: dei tempi della lotta per le investiture è rimasta solo la navata centrale, incastonata in una chiesa parrocchiale barocca. Il campanile è rustico ed elegante: ma è del tardo Ottocento. Nel frattempo Sorbara si è letteralmente smontata e ricostruita più a ovest, lungo la statale del Brennero. I sorbaresi hanno demolito i vecchi casolari per andare ad abitare in palazzine postmoderne: i più ricchi le hanno fatte in pietra vecchia, cioè coi mattoni dei vecchi casolari. È l?unica concessione alla nostalgia, in un paese di tremila abitanti e rotti, che non ha nessuna età dell?oro da ricordare: del resto metà dei sorbaresi è nata altrove (in meridione, o in Marocco, o in Albania: è albanese pure il campanaro…).

Il turista non deve però scoraggiarsi. Se Sorbara, gastronomia a parte, risulta piuttosto anonima, lo stesso non si può dire dei dintorni. Nel raggio di 30 chilometri ci sono ben tre corti rinascimentali: la più vicina è Carpi, con la piazza più grande d?Italia (lo dicono di tante piazze, ma i carpigiani ci tengono particolarmente) e, finalmente, un castello. Si tratta del Palazzo dei Pio, al cui interno i viaggiatori più motivati possono visitare il Museo del deportato, dedicato alle vittime dei massacri pianificati della seconda guerra mondiale. Il campo di concentramento di Fossoli, invece, non vale la pena del viaggio: sono rimaste solo un paio di baracche. A proposito di castelli, anche a Mirandola (capitale cinquecentesca della Signoria dei Pico) ce n?era uno, ma ne è rimasto ben poco: nel 1714 un fulmine fece esplodere la polveriera.

Forse vale la pena di concentrarsi su Modena, che da Sorbara dista appena venti minuti. Il duomo romanico, il palazzo ducale, la Galleria Estense… Ce n?è da fermarsi per più di un giorno. Senza dimenticare una tappa all?Abbazia di Nonantola, altro capolavoro del romanico. Si può scendere nella cripta e lì mormorare un ringraziamento ai monaci del Medioevo. Furono loro a bonificare tutta la zona, dopotutto. Senza di loro, niente abbazie e pievi matildiche, niente castelli, ma – soprattutto – niente Lambrusco?

Da non perdere
Duomo di Modena
A soli venti minuti da Sorbara, è uno dei capolavori mondiali dell’arte romanica. A fianco, Piazza Grande, dichiarata Patrimonio dell?umanità.

Galleria Estense
Opere di Velazquez, Bernini, Tintoretto, Paolo Veronese, Guido Reni e Correggio. Chiusa il lunedì. tel. 059.4395711

Carpi, Palazzo dei Pio
Da castello medievale a corte rinascimentale. Ospita il Museo-monumento al deportato. Piazza dei Martiri 68, tel. 059.688272

Abbazia Di Nonantola
A 10 minuti da Sorbara, un altro gioiello del romanico emiliano. Particolarmente suggestiva è la cripta, sostenuta da 86 sottili colonne adornate con capitelli di stili diversi.

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