Non profit

«Sono qui per ascoltare». Il verbale dell’incontro

Due ore di confronto intenso tra il ministro Paolo Ferrero e i rappresentanti delle associazioni che fanno parte del Comitato editoriale di Vita: il resoconto completo

di Redazione

Paolo Ferrero In queste prime settimane da ministro non ho fatto altro che ascoltare, per provare a capire il complesso dei mondi con cui avrò a che fare. Voglio che il ministero che dirigo valorizzi quello che accade nella società, e da qui partire per un aumento della spesa sociale. Da una parte ci sarà da ?litigare? con il ministro Padoa-Schioppa sulle quantità delle risorse da assegnare, dall?altra si dovrà tenere ben presente che non c?è meccanismo economico che riesca a compensare la costruzione dei legami sociali che avviene attraverso il lavoro volontario e le sue varie forme di partecipazione. Su tutti i temi socialmente sensibili il dibattito politico tende poi ad essere volgare. Il meccanismo di far leva sulle paure sociali ai fini di costruire una sorta di consenso non informato è vergognoso. Se la discussione sulla società rimane interna alle forze politiche, è destinata a non produrre nulla, perché è un meccanismo da campagna elettorale continua, in cui si usano in modo demagogico i soggetti e i problemi sociali. Bisogna spostare l?attenzione della politica verso una dialettica reale con i soggetti sociali. Se non accade questo spostamento si può fare ben poco, perché il livello di crisi politica e sociale è tale che spesso la demagogia prevale sulla razionalità. Come ministero, faremo qualcosa di buono solo dando una risposta a questo problema, e in questo chiedo l?aiuto degli organi di informazione come Vita, che non si piega ai teatrini della politica ma è capace di esprimere quello che c?è sotto un certo tema, non solo l?elemento sensazionale. In queste settimane ho parlato su tre questioni: la droga, l?immigrazione e gli anziani. Indovinate su quale di questi tre temi non c?è stato interesse dei media? Gli anziani, ovviamente. Se ne parla solo quando muoiono per il caldo estivo. Fausto Casini (presidente Anpas) Sono presidente della più grande associazione di volontariato laica d?Italia, l?Anpas. A noi oggi sta a cuore il servizio civile, che oggi è assai fragile. Nel compilare una cronologia dei fatti accaduti al servizio civile negli ultimi anni, abbiamo notato che a lei, ministro, è stata preparata una bomba a orologeria, un meccanismo funzionale dal di fuori, ma con dentro tutti i problemi che il nuovo bando ha messo a nudo. Per esempio il tema della ?regionalizzazione?. È giusto che le Regioni interagiscano con funzioni di controllo e monitoraggio del servizio civile, perché l?ufficio nazionale non riesce a fare i controlli su tutti i progetti del territorio. Il servizio civile nasce e si sviluppa nel volontariato, arriva dopo negli enti locali, dove per essere utile deve vedersi come un meccanismo che contamina l?ente locale sui valori della cittadinanza attiva. L?attuale sistema dei service, che fanno progetti per conto degli enti locali, stravolge tutto: il Comune di turno compra il progetto di servizio civile senza interagire direttamente con le associazioni. Il meccanismo va messo sotto osservazione. Un altro aspetto riguarda il servizio come obiezione di coscienza: c?è una sentenza della Corte che dice che il servizio civile è un modo per difendere la patria, quindi si deve garantire la contiguità con il valore dell?obiezione. È assurdo che, ad oggi, il fatto che un ente abbia gestito obiettori per 20 anni non conti nulla nella graduatoria. Se il servizio civile è un diritto allora bisogna ribaltare la situazione attuale, assegnando tanti posti quanti sono i ragazzi che fanno domanda, e solo di conseguenza stabilire il budget. Oggi invece si stabilisce il budget e di conseguenza si assegnano i posti. Se non succede questo, il servizio civile resta diritto solo per alcuni. Le associazioni di volontariato che si autotassano per accedere al bando sono molto più fragili dei service, che hanno la possibilità di entrate sicure rivolgendosi agli enti locali. Oggi la competizione è cambiata, è importante che gli enti sul territorio siano fonti di controllo nei Comuni e nelle Province, per vedere se i ragazzi in servizio civile stanno sviluppando o no esperienze di cittadinanza. Gianfranco Gabelli (presidente Misericordie) La nostra attività specifica è nella sanità e nel sociale, ma oggi gestiamo anche alcuni dei famigerati Centri di permanenza temporanea. È un lavoro che svolgiamo con spirito di misericordia, siamo lieti di sapere che i nostri centri siano considerati quelli gestiti in modo migliore. Ultimamente ho sentito tanti pareri sui Cpt. Noi stessi esprimiamo molte perplessità sull?impostazione dei Cpt, e su come la legge Bossi-Fini sia stata impostata e portata avanti. Bisognerebbe risolvere il problema dal punto di vista legislativo, a cominciare dal rapporto luogopersona. Da parte nostra possiamo solo far sì che il nostro impegno renda quei luoghi più umani. Non sarebbe utile, ministro, procedere all?applicazione di un tavolo nazionale dei gestori per monitorare la qualità di vita dei servizi stessi? Non bisognerebbe potenziare l?assistenza legale ai migranti finalizzandola alle loro vere necessità, al fine di poter ridurre da un lato lo sfruttamento di legali senza scrupoli, dall?altro la loro permanenza, avviando un processo di legalizzazione e integrazione? Come ritiene di intervenire per cambiare la legge sull?immigrazione? Giangi Milesi (Presidente Cesvi) Quando cerchiamo di ragionare sul futuro del terzo settore ci accorgiamo che c?è un problema di disciplina del lavoro nel non profit che va approcciato. Esiste in Italia un ente che istituisce i contributi previdenziali figurativi, esiste per esempio per i distacchi sindacali e le altre forme della pubblica amministrazione. Ci piacerebbe che si potesse pensare a come questo istituto possa fungere da sostegno allo sviluppo del terzo settore, non dal punto di vista assistenziale ma dell?eccellenza. I numeri dell?occupazione del settore sono ora inferiori a quelli degli altri paesi occidentali, ma stanno crescendo: l?Istat parla di 630mila occupati. L?istituto sarebbe un ulteriore incentivo, e sarebbe propedeutico a una disciplina che nel nostro settore è lontana dal realizzarsi viste le attuali forme di contrattazione. Noi abbiamo 140 progetti di cooperazione in un anno, la gran parte di chi ci lavora ha contratti a progetto. Ma il mondo in cui operiamo richiede una forte professionalizzazione, soprattutto del personale espatriato. Il problema è che chi lavora con noi, quando crea una sua famiglia viene risucchiato da un mercato che propone remunerazioni quattro volte superiori a quelle che noi possiamo offrire. Lo Stato dovrebbe supportare il non profit prima di tutto nella previdenza, costringendolo a riconoscere livelli retributivi adeguati ai livelli di professionalità che vengono richiesti. Alessandro Beda (Vicepresidente Sodalitas) Parlo del rapporto tra non profit e impresa. In Sodalitas ci sono 120 volontari e 62 imprese, ci interessiamo di come l?impresa attraverso la responsabilità sociale può dialogare e aiutare il non profit. Bisogna tener conto che ci sono 200mila persone in Italia che hanno finito di lavorare e sarebbero una risorsa potentissima se fossero veicolate in attività sociali. Il tema della responsabilità sociale, poi, è molto importante; con la diminuzione delle risorse statali l?intervento delle imprese in quanto a fornitura di competenze è fondamentale per il terzo settore. Il precedente governo ha istituito un tavolo in cui si parlava su come indirizzare la responsabilità sociale, che è arrivato fino a febbraio. Ora il tavolo è da mandare avanti, perché darebbe una grossa spinta al mondo non profit facendosi carico delle tante attese sociali. Marco Griffini (Presidente Ai.Bi.) Ci sono alcune considerazioni da fare sul problema dei bambini abbandonati. La prima: c?è una legge della precedente legislatura, la 149, che è importante, perché è una delle pochissime leggi voluta dai movimenti di volontariato, dalle associazioni dei familiari. Oggi la 149 non è applicata nelle parti più importanti. Soprattutto, non c?è una banca dati. Oggi in Italia noi non sappiamo quanti sono i bambini che vivono fuori dalla famiglia, è uno scandalo. Inoltre, il bambino è l?unica persona che non può avvalersi di un avvocato difensore, in Italia il ?famoso? avvocato dei minori è rimasto tabula rasa per mancanza di fondi. Una seconda questione. Oggi le adozioni da noi sono assai poche perché non riusciamo a spezzare il legame con la famiglia d?origine, ci sono bambini che per anni vivono in istituto perché nessuno è in grado di tutelare i loro diritti. Infine, c?è il problema del sostegno a distanza, eccellente pratica di solidarietà avviata da centinaia di associazioni: è una forma bellissima di solidarietà. Molti di noi vorrebbero che sul sostegno a distanza venga fatta una legge, per non lasciarlo allo stato brado, alla autoregolamentazione. Una parola sulle adozioni internazionali che oggi sono un sistema bloccato, non controllato, per cui siamo di fronte a un mercato legalizzato di adozione internazionale, dove le pochissime ong che stanno facendo faticosamente adozione internazionale stanno chiudendo di fronte a una pratica adottiva ?mordi e fuggi?: agenzie autorizzate, che non hanno strutture nei paesi, vanno lì, contrattano avvocati, li pagano in nero e ottengono così le adozioni. Questa, ministro, non è adozione internazionale. Felice Romeo (Presidente Legacoopsociali Lombardia) La cooperazione sociale ha oggi 100mila occupati. Cominciamo però ad avere problemi seri. Dopo i tagli statali ai fondi comunali e quelli regionali sui servizi ai minori e le gare d?appalto al massimo ribasso dei Comuni, come paghiamo i nostri lavoratori? O facciamo far loro volontariato fuori dalle ore di lavoro o troviamo forme diverse di gestione di servizi. Servirebbe ragionare sulla ricerca di altri finanziamenti, ad esempio mettendo attorno allo stesso tavolo le fondazioni e le comunità. Un altro problema è l?inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati, perché paradossalmente i soggetti svantaggiati, così come classicamente definiti dalla nostra legislazione, sono sempre meno. Piuttosto oggi si rivolgono a noi per un lavoro cinquantenni espulsi dai cicli produttivi, o donne in cerca della modalità di coniugare lavoro, famiglia e senso del lavoro. Non chiediamo ulteriori sgravi fiscali, però nell?obbligo del 30% di dipendenti come inserimento lavorativo che hanno le cooperative di tipo B, vorremmo ragionare dell?allargamento delle tipologie che entrano in questa percentuale. Infine, riguardo alla legge delega sull?impresa sociale, andiamo avanti, magari con qualche piccola correzione. Maurizio Ampollini (Forum Terzo Settore Lombardia) Ministro, noi abbiamo una buona legge, la 328, che è stata una vera rivoluzione copernicana in cui il cittadino è al centro dell?attenzione con in suoi diritti, ma è rimasta lì, ferma in mezzo al guado. Anche gli enti del terzo settore sono valorizzati, attraverso la loro capacità di esprimere l?analisi dei bisogni, la conoscenza del territorio, la messa a disposizione di interventi, di advocacy. Ma questa legge è stata poi lasciata in mano alle Regioni, che ne hanno fatto un uso strumentale, depotenziandola, dando ad esempio molti fondi alla sanità, lasciando all?assistenza le briciole. Per cambiare le cose, dovrebbe fare un salto di qualità. Lanfranco Norcini Pala (Acli) L?associazionismo non è in grado di sostenere un atteggiamento complimentoso verso il governo: siamo in un momento di attesa, stiamo aspettando da tempo che accadano alcune cose. Il panorama normativo è confuso e ci chiediamo, ad esempio, a cosa serva l?Osservatorio sull?associazionismo o che ruolo può avere oggi l?Agenzia per le onlus, o lo stesso servizio civile. Quello che chiediamo non sono solo contributi, abbiamo bisogno di un pensiero, e che questo pensiero ci permetta, con un quadro normativo più semplice, di avere un ruolo chiaro e trasparente verso tutti, non solo verso il governo. Gabriella Salvini Porro (Presidente Fondazione Alzheimer) È oggi difficile far parlare degli anziani, ha ragione ministro, e noi ne sappiamo qualcosa, soprattutto degli anziani che hanno molti problemi. Non serve avanzare richieste, l?importante ora è porre il problema. Serve maggior assistenza, uniformità, informazione, per indirizzare le persone nei luoghi giusti si deve sapere quali sono. A livello internazionale ci sono oggi 24 milioni di malati di Alzheimer nel mondo, in Italia la malattia coinvolge quotidianamente 100mila famiglie, dobbiamo parlarne. Franco Taverna (Direttore Fondazione Exodus) Nella parola ?droga? è espresso un concetto, una sostanza, non si vede la persona. Ci si muove in un ambito che risente di ideologia ma è quello che ne ha meno bisogno. Il settore degli adolescenti problematici è oggi un dramma, ha bisogno di un lavoro paziente, su tempi lunghi. Due sottolineature: primo, parlando di urgenze non doppiamo parlare di ?stanze del buco?, le urgenze nel settore sono altre, come ricostruire i rapporti che non abbiamo più con interlocutori istituzionali. Oggi le Regioni fanno fatica a parlarsi tra loro. Secondo, facciamo una conferenza vera, con un percorso serio, dobbiamo rivoltare come un calzino il settore, non si può più pensare alle comunità e ai Sert come sono fatti adesso. Per far questo, però, serve il coordinamento con altri ministeri: Giustizia, Istruzione, Famiglia, Giovani, Interni. Infine, un?altra urgenza è quella del carcere. Bisogna ripensare tutta la questione legata alla pena, ancor più per i minori: non dovrebbero esistere carceri minorili senza la presenza di processi educativi per chi ha commesso degli sbagli. Paolo Ferrero (Ministro della Solidarietà Sociale) Grazie a questo incontro ho sottomano un?utile agenda su cui farò ulteriori approfondimenti. Lasciatemi dire solo una cosa su quest?ultima questione: le stanze del buco. Ecco come è nata. Ho fatto un?intervista di un?ora a Radio radicale, sono riuscito a maneggiare con attenzione quasi tutti i temi che mi venivano posti, poi alla domanda «Ministro, cosa ne pensa delle stanze del buco, è contrario?», ho risposto no, ritenendo utili tutte le sperimentazioni di riduzione del danno. Così è nata la ?grande proposta? del ministro sulle stanze del buco! Lo dico perché bisogna stare attenti a come i problemi sociali vengono trattati. Non fidatevi perciò di qualsiasi titolo di giornale. Servizio civile.Ho fatto una valutazione non eccellente di come sono state fatte le graduatorie che hanno dato luogo ai circa 45mila posti. Ho provato a guardare a campione le regioni e ho visto progetti fatti al ciclostile e poi approvati, a fronte dei molti fatti con partecipazione dal basso, da Caritas o Gruppo Abele e altri, bocciati. Ero nella condizione di bloccare il bando, poi ho pensato che sarebbe stato un rimedio peggiore del male, voleva dire impedire l?avvio al servizio civile di 45mila ragazzi e ragazze. Del resto ho visto enormità ma non illeciti, e la valutazione dei progetti è stata appaltata a una società esterna che ha valutato progetti con modalità discutibili ma legittime. Per rispondere però alle vostre sollecitazioni, vi dico che ho chiesto a Padoa-Schioppa altri soldi per poter avviare un bando straordinario, obiettivo che permetterebbe di far fronte, almeno in parte, al problema. Poi bisognerà cominciare a ragionare sui criteri del prossimo bando. Il mio ministero proverà a cambiare metodo di valutazione e di controllo, ma per andare a regime e per rimettere sui binari più corretti il Servizio civile nazionale ci vorrà tempo. Cpt. Sui Centri di permanenza temporanea ho una posizione moderata, non ho mai affermato che sono dei lager. Penso, semplicemente, che i Cpt non hanno nessuna ragione d?esistere. In un paese democratico e civile non si può tenere gente in una condizione simile a quella carceraria persone che non sono condannate. Nella legislazione attuale, nonostante qualche freno messo dalla Corte, il meccanismo è semplice: si entra nei Cpt, vi si sta 45 giorni, se non si viene identificati qualcuno viene rispedito (pochi), altri (i più) rimangono sul territorio con un foglio di via. Se la polizia lo prende, va in galera un mese, poi quando esce torna nel Cpt, e ricomincia il ciclo. Noi siamo obbligati da Schengen a riportare indietro la gente che entra illegalmente, ma in Italia è quasi impossibile entrare legalmente, la legge Bossi-Fini dice che si può entrare nel paese solo quando datore di lavoro ti richiede per nome e cognome. È evidente che siamo di fronte a una finzione pazzesca su cui le organizzazioni criminali fanno lauti guadagni. Che cosa fare? Qualsiasi iniziativa che miri a rendere trasparenti i Cpt è già di per sé un?operazione positiva. Poi, è del tutto evidente che i Cpt possano andare verso un superamento nella misura in cui si modificano le leggi sull?immigrazione e si dà ruolo maggiore alla cooperazione internazionale. I Cpt sono l?emblema di quanto non funzionano le leggi attuali. Lavoro nel non profit. Sui contributi previdenziali figurativi devo ragionare, ma penso che dobbiamo far di più per distinguere meglio, nel terzo settore, quello che è lavoro da quello che è volontariato. Senza questa distinzione si rischiano grossi pasticci, il terzo settore rischia di diventare un settore di precarizzazione e di lavoro nero. Da questo punto di vista penso che si sia esagerato nel pesare il terzo settore in termini di Pil. Io penso che la vocazione del non profit sia soprattutto quello della diffusione e dell?allargamento delle buone pratiche relazionali. Un valore che non si misura in termini di Pil. Sarebbe interessante, piuttosto, introdurre, anche nei contratti collettivi di lavoro, una sorta di 150 ore da usare per il volontariato. Si potrebbe lavorare insieme attorno a queste idee. Si potrebbe anche pensare a una riduzione d?orario per favorire l?impegno nella costruzione della comunità. L?altro versante del problema del rapporto tra lavoro e non profit sta nel superare le gare d?appalto al massimo ribasso nei servizi alla persona, bisogna stabilire criteri di qualità che permettano di mantenere elementi di continuità e professionalità. Welfare. Il problema del nostro welfare è che ci sono differenze pazzesche tra Regione e Regione sulla qualità dei servizi. Quando fu approvata la 328 c?erano due manifestazioni sotto il Parlamento, io partecipavo a quella che contestava la legge perché, sostenevamo, non garantiva nessun diritto esigibile. Sanciva per legge che i diritti c?erano se c?era lo stanziamento di bilancio, e non viceversa. Non vorrei dire che avevamo ragione, ma è accaduto più o meno così: il fondo sociale nel 2004 era di un miliardo di euro, nel 2005 è stato dimezzato, e nel 2006 anche. L?unica modalità per rendere rigida la spesa è creare i livelli essenziali d?assistenza. Dico spesso che preferisco scrivere livelli essenziali bruttini piuttosto che non avere nulla o una palude in cui i Comuni fanno quello che vogliono. Considerazione. Qualcuno ha invocato un impegno di pensiero, e di sicuro è necessario non solo per voi, ma anche per la politica. Per una politica che voglia confrontarsi con tutto ciò che il sociale esprime e con le sue sfere di rappresentanza. Il mio impegno sarà quello di rifare gli organismi di partecipazione avendo cura a che ci siano tutti, non solo quelli che mi stanno più simpatici, e che siano luoghi veri di discussione e partecipazione. L?ascolto è obbligatorio per il governo, perciò chiedo la vostra collaborazione e la segnalazione di problemi. Grazie.

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