Famiglia

Sono inguaribili ma la cura c’è

Alleviare le sofferenze dei malati di tumore si può. Per esempio, diffondendo l’esperienza degli “Hospice”. Come sta accadendo al Pio Albergo Trivulzio di Milano

di Roberto Beccaria

I malati ?incurabili? non esistono. Al massimo sono ?inguaribili?. Perché una cura per alleviare le loro sofferenze esiste sempre. Ed è questo il fronte sul quale combatte chi lavora all?Hospice del Pio Albergo Trivulzio di Milano, il primo Hospice pubblico e laico d?Italia. Un luogo dove si entra per essere ?curati?, anche se si è affetti da un tumore inguaribile. Si tratta del limite estremo della medicina. Le chiamano cure palliative, ma non sono un placebo: sono la possibilità di vivere degnamente la vita fino all?ultimo istante. Utilizzando morfina: la ragione per cui molti restano diffidenti, e questi reparti stentano a diffondersi. L?Hospice nasce in Inghilterra negli anni ?60 e ha lo scopo di rendere vivibile la malattia incurabile. È come una casa, dove il malato è aiutato a vivere la malattia il più serenamente possibile. Si affrontano globalmente i suoi problemi: non solo dal punto di vista medico, ma anche da quello infermieristico, psicologico, sociale, culturale e spirituale. Perché a volte un malato è malato anche nello spirito. Ma uno dei più grandi problemi rimane il dolore. «Oggi è possibile utilizzare delle pompe sottocutanee», spiega Flavio Cruciatti, della Fondazione Floriani, tra i fondatori dell?Hospice del Pat, «che rilasciano gradualmente morfina». Gradualmente, per non varcare il limite oltre il quale si verificano effetti collaterali né restare al di sotto di quello che consente di alleviare la sofferenza. E la qualità della vita dei ricoverati nell?Hospice è molto migliore di quella di qualsiasi altro malato terminale. Basti un esempio: un paziente, tre giorni prima di morire, è stato accompagnato dai volontari al casinò di Campione d?Italia. Qualcuno forse storcerebbe il naso. «Ma è perché non c?è ancora la cultura delle cure palliative», precisa Cruciatti. E i dati gli danno ragione. Gli unici minimamente attendibili dicono che l?Italia consuma tra i 15 e i 18 chili di morfina cloroidrata all?anno. Come nel Terzo mondo. Mentre la Svizzera, per esempio, ne consuma tremila. E questo è l?unico indicatore per sapere quanto tali cure sono applicate. A livello milanese i numeri sono più precisi. Trecento milanesi ogni 100 mila muoiono ogni anno di tumore: il 70 per cento di loro avrebbe avuto bisogno di cure palliative, e di quel 70 per cento, il 30 per cento avrebbe avuto bisogno di un Hospice. Perché l?Hospice offre assistenza 24 ore su 24, oltre a permettere a un parente di dormire accanto al malato e di consumare un pasto gratuito al giorno. Chi non sa come assistere un malato terminale in casa, lo impara grazie a un Hospice. «In Italia ci vorrebbero almeno 140 Hospice come il nostro, per assistere almeno 32 mila persone affette da neoplasia. Ma senza una legge che regoli le cure palliative, è il caos», conclude Cruciatti. Intanto la Regione Lombardia ha reso possibile la nascita di sedici Unità di cure palliative domiciliari, che hanno compiuto oltre 38 mila visite soltanto nel 1997. Un esempio per tutta l?Italia. Ma altrove? A chi rivolgersi Ecco chi contattare per avere ulteriori informazioni e gli indirizzi delle associazioni e dei centri che in tutta Italia si occupano di cure palliative: Fondazione FlorianI Piazza Castello 4, 20121 Milano tel. 02/86460404-86463024 Vidas Via G. Morelli 4, 20129 Milano tel. 02/782793 Lega italiana per la lotta contro i tumori Via Venezian 1, 20133 Milano tel. 02/2663481 L?opinione di Flavio Cruciatti Ora serve una legge L?Italia è ancora molto indietro per quel che riguarda la cultura delle cure palliative. Ma almeno in Lombardia qualcosa è stato realizzato dal febbraio 1997. E il nostro Hospice di Milano ne è una testimonianza. Inoltre le sedici Unità di cure palliative domiciliari stanno facendo tanto. Il vero problema è che non esiste una legge nazionale che regolamenti i metodi da usare. Ci vorrebbe chiarezza, come c?è nei Paesi anglosassoni, Canada in testa. Teoricamente anche da noi un medico di base potrebbe prescrivere le cure palliative, ma sono davvero pochi quelli che lo fanno. È ancora troppo vivo il pregiudizio che usare gli oppioidi sia male, o che facciano male. Ora, però, sembra che finalmente il ministro della Sanità Rosi Bindi voglia istituire una commissione nazionale per le cure palliative. Purtroppo non si sa ancora chi ne farà parte e, soprattutto, se saranno invitati coloro che già le applicano. antropologo, Fondazione Floriani


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