Welfare
Sono cambiato, ma ora il carcere mi sta logorando
Lettera di un detenuto tossicodipendente che si é avviato verso il cambiamento ma viene logorato dal carcere
Sono un detenuto di Trani e ho conosciuto ? Vita ?attraverso la comunità Incontro. Sono coniugato, ho 43 anni, tre figli piccoli e parecchi anni di prigione alle spalle (solo in parte espiati) per reati di droga. Quando sono stato arrestato, nel 1995, vivevo in uno stato di degrado per grave stato tossico da cocaina, e per disintossicarmi sono stato ricoverato in un centro clinico di igiene mentale.
Si, perché dopo l?arresto sono entrato in una crisi depressiva, provavo vergogna di me stesso perché avevo trascurato i miei affetti e perché mi sono reso conto di quanto fosse stata sballata la mia vita; così ho tentato il suicidio in carcere. In seguito sono stato seguito dallo psicologo, piano piano ho ripreso coscienza e volontà; volontà non solo di disintossicarmi, ma di dare una radicale svolta alla mia vita, cambiandola. Infine sono stato indirizzato alla comunità Incontro dove ho trovato don Pierino Gelmini che mi ha teso una mano.
In comunità ci sono arrivato con un provvedimento di arresti domiciliari. Piano piano ho preso confidenza con questa nuova realtà, poi ho imparato ad amarla, a capire la vera dimensione dell?uomo; conoscere altri valori e farli miei. Così ho iniziato a sperare, a credere che la vita può essere cambiata, che ci si può cambiare dentro. Ho cominciato a smantellare il mio vecchio modo di essere e di pensare, ero contento, vedevo già un futuro diverso, semplice e armonioso, felice anche di poter aiutare gli altri.
Ho trascorso 13 mesi in comunità, ma nel frattempo la mia situazione giudiziaria si è complicata, un reato si è trasformato in una denuncia a piede libero, mentre un altro di sei anni arrivava in Cassazione, quindi la comunità ha chiesto la sospensione pena, affinché potessi proseguire il programma terapeutico mediante l?affidamento sociale (art. 47 bis).
La risposta del Tribunale è stata un cumulo di pene di 14 anni e sei mesi, revocandomi ben quattro condoni. Mi hanno arrestato mentre mi trovavo a casa nei giorni di ?verifica? (tappa comunitaria).
Conclusione: dal 6 febbraio sono di nuovo in carcere a Trani. Dire come sto è superfluo: mi sento solo, lasciato in balìa di me stesso, isolato da ogni rapporto umano e soprattutto dagli amici della comunità, nonostante le lettere che scrivo loro per mantenere vivo nella mia interiorità quanto stavo amando.
Non è certo il carcere il giusto luogo rieducativo, ma il contrario. Mi trovo in un punto critico o meglio mi sento?nudo?: non mi trovo più nel condividere una certa mentalità di strada con cui sono costretto a convivere; mi sento come se stessi fermo.
Non voglio buttare via ciò che faticosamente ho costruito, né che il tempo del carcere possa logorarlo e ributtarmi in una mentalità dimenticata.
Questo passaggio di idee mi porta ad avere spesso sbalzi di umore e a sentirmi depresso. Combatto il tempo e il vuoto occupando la mente fra il leggere e lo scrivere perché non esiste altro in questo carcere di repressione. Ho chiesto al ministero il trasferimento nel carcere di Vasto, in provincia di Chieti, dove si può studiare, ci sono spazi di attività ricreative e, saltuariamente, il lavoro.
A parte questo, la mia ?passione? è rabbia e delusione, sfiducia, nelle istituzioni, nella giustizia; nell?ipocrisia del carcere come luogo di redenzione e rieducazione che poi ha troncato ogni mia speranza di cambiare in comunità. Il carcere equivale all?ozio, logora e distrugge la mia mente, i miei affetti, la famiglia. Certo, gli sbagli del passato si devono pagare e bisogna riscattarsi. È giusto che io paghi, ma l?espiazione non deve essere solo il modo di riscattare il passato, bensì di costruirmi un futuro.
Quale miglior modo di pagare che rendendosi utili, dedicandosi agli altri in cose positive? Non voglio contestare cose che tutti sanno, né biasimarmi o giustificarmi; chiedo solo una mano, suggerimenti o la possibilità di scontare la pena in modo diverso e chiedo anche la possibilità di corrispondere con qualche associazione per poter continuare a credere e a sperare. Mi piacerebbe, se fosse possibile, ricevere il vostro giornale in abbonamento.
Pasquale C. Trani
Caro Pasquale,
questa settimana sono arrivate molte lettere in cui mi viene fatta sempre la stessa domanda: «Perché se stavo cambiando sono stato ricacciato in carcere?». Le posso solo dire che il governo sta studiando una riforma per sospendere la pena ai detenuti ex tossicodipendenti che seguono un programma terapeutico.
Un appunto: in tutte le lettere c?era anche sempre lo stesso messaggio: il carcere non serve a nulla. Sarà vero?
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