Famiglia
Somalia: si attendono sviluppi sui cooperanti rapiti
La Farnesina ribadisce il massimo riserbo sulla vicenda, restano al vaglio le ipotesi di rapimento sia per estorsione, sia per fini politico-religiosi
di Chiara Sirna
Non ci sono novità sul rapimento dei tre cooperanti avvenuto ieri in Somalia. La Farnesina ribadisce il massimo riserbo, invocato anche ieri in tarda serata dal ministro degli Esteri in persona per non compromettere le trattative in corso per la liberazione degli ostaggi. Il Cins (l’ong per cui i tre sequestrati lavorano) non dà alcun aggiornamento sui contatti indiretti stabiliti con i rapitori. Le cause sono ancora da chiarire.
Al vaglio della procura di Roma, che pure ha aperto un’inchiesta per “sequestro a fini di terrorsimo”, resta l’ipotesi, ancora tutta da confermare, di un rapimento per scopi politici, dietro al quale potrebbero esserci le bande degli “shebab”: letteralmente i “giovani”, il gruppo di “pistoleri a noleggio” nato in Somalia nella guerra civile seguita alla caduta di Siad Barre (1991), che negli ultimi anni è divenuto il braccio armato dell’ala più radicale delle Corti Islamiche. E che tra giugno e dicembre 2006, prima dell’intervento armato etiopico a sostegno del governo di transizione, salì al potere governando Mogadiscio e il Sud del paese.
La pista degli ?shebab’ è quella che preoccupa maggiormente, soprattutto alla luce delle recenti dichiarazioni del movimento, che dopo l’uccisione, il primo maggio scorso, del proprio capo militare, Adan Hashi Ayro, durante un bombardamento statunitense aveva definito gli operatori umanitari internazionali un ?obiettivo legittimo?. A suffragare la tesi del rapimento per motivi politico-religiosi potrebbe esserci anche un altro fattore, confermato dallo stesso Cins ieri: pare che i rapitori sospettassero che “i cooperanti stessero costruendo una Chiesa”.
Ma altrettanto numerose restano, sul versante opposto, le fonti che sostengono un’ipotesi di sequestro a fini di estorsione.
Insomma il panorama è ancora confuso e tutte da confermare sono le ragioni alla base del rapimento dei due italiani Iolanda Occhipinti, Giuliano Paganini e del somalo Abderahman Yusuf Aralee. Così come da confermare sono eventuali collegamenti con quanto accaduto il 2 maggio scorso nei pressi della sede del Cins ad Awdhegle: allora, a seguito di una sparatoria avvenuta a un posto di blocco nei pressi del villaggio, circolarono voci su un presunto tentativo di rapimento anche ai danni del personale del Cins, che venne in parte temporaneamente trasferito. La stessa Iolanda Occhipinti era stata mandata a Merka e rimandata ad Awdhegle “solo dopo aver accertato che le voci erano infondate e che l’episodio era una delle tante sparatorie che avvengono ai posti di blocco somali?, ha spiegato ieri una fonte della sicurezza somala contattata dalla MISNA. Per lo stesso motivo era stato fatto rientrare ad Awdhegle anche Giuliano Paganini che si trovava a Nairobi. Ma comunque, già in quell’occasione – fanno sapere sempre le fonti – era stato chiesto a tutto il personale straniero dell’Ong di lasciare l’area.
Intanto neanche i mezzi di informazione somali si sono sbilanciati stamani avallando l’una o l’altra ipotesi: a dominare le cronache locali è stata la condanna espressa dai rappresentanti dell?Onu, che hanno chiesto il rilascio immediato dei tre.
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