Mondo

Somalia: Conferenza di Londra, un’occasione da non perdere

di Giulio Albanese

Davvero una bella notizia alla vigilia della conferenza di Londra destinata a mobilitare, giovedì prossimo, gli attori internazionali in favore della Somalia. Infatti, le autorità somale hanno raggiunto un accordo sulla “struttura base” di un nuovo parlamento e di un nuovo governo capaci di sostituire le istituzioni transitorie che non sono riuscite a realizzare il processo di pacificazione nel Paese. L’intesa è stata firmata sabato a Garowe, al termine di una riunione di tre giorni tra il presidente della Somalia, i presidenti delle regioni secessioniste del Puntland e del Galmudug e il leader della potente milizia anti-Al Shabaab, Ahlu Sunna Wal Jamaa. Secondo l’accordo di Garowe, il nuovo sistema parlamentare riconoscerà il Puntland e il Galmudug come Stati in seno a un sistema federale. La nuova camera bassa, con 225 membri e una percentuale minima del 30% di donne, sarà designata dai leader tradizionali assistiti dai principali membri della società civile. Inoltre, un’assemblea nazionale costituente di mille membri, di cui il 30% donne, sarà designata dai segnatari dell’accordo, assistiti dai leader tradizionali e dalla società civile. Dalla caduta dell’ex presidente Siad Barre nel lontano 1991, rovesciato dai “signori della guerra”, la Somalia è precipitata nel caos: uno dopo l’altro si sono susseguiti governi transitori che non sono riusciti ad affermare lo “Stato di Diritto”, a causa di una cronica riottosità su base clanica, veti incrociati e liti tra partiti. Per non parlare di una crescente contaminazione dalla sponda yemenita di formazioni jihadiste. A ciò si aggiunga il recente intervento militare di alcuni Paesi limitrofi, come Kenya ed Etiopia, che hanno deciso di impegnarsi contro le formazioni estremiste somale. Sebbene la Storia insegni che gli eserciti stranieri sono sempre usciti con le ossa rotte dalla Somalia, bisogna rilevare che in questi mesi vi è stato un maggiore attivismo della comunità internazionale, che il 23 febbraio si riunirà a Londra per una conferenza sul futuro della Somalia. Una conferenza, questa, che potrebbe finalmente gettare le basi per un nuovo corso, guardando al futuro di un Paese “senza Stato”, dilaniato dalla guerra. L’attuale governo transitorio, guidato dal premier Abdiweli Mohamed Ali, sta tentando faticosamente di creare i presupposti sul territorio di un processo politico in grado di portare alla nascita di un sistema federale come stabilito dalla “Road map” delineata nella conferenza di Kampala del 2010. Il cammino è però tutto in salita: non sarà infatti facile disfarsi delle milizie islamiche che vogliono imporre la sharia (la legge islamica), dalla minaccia rappresentata dai pirati lungo 300 chilometri di costa (in due province della regione semi autonoma del Puntland somalo, quelle di Mudug e Nugaal) e dai traffici illeciti di ogni genere, dalla droga agli esseri umani. In questo scenario di dolore, soprattutto per la stremata popolazione civile, la proposta di un piano internazionale per ricostruire la Somalia, in agenda per la conferenza londinese, sembra essere l’extrema ratio per mettere fine a un conflitto che va avanti da 20 anni.

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