Non profit

Solidali per contratto

Entro l’anno si rinnovano gli accordi sull’impiego nel Terzo settore.

di Massimiliano Franceschetti

«Un contratto unico per il Terzo settore? Nemmeno a pensarci, non siamo affatto d?accordo. Noi abbiamo ancora problemi a mandare pienamente a regime il contratto stipulato lo scorso maggio. Le realtà del non profit sono inoltre troppo diverse tra loro, al momento la stipula di un solo contratto non avrebbe alcun senso». Costanza Fanelli, responsabile nazionale delle coop sociali aderenti a Legacoop, esprime senza mezzi termini un divieto netto. Il secco no è rivolto alla proposta dei sindacati di sfruttare l?occasione dei rinnovi dei sette contratti collettivi dei lavoratori del non profit (vedi box), prevista entro il 31 dicembre 1997, per incamminarsi sulla strada della unità contrattuale. Su questo punto, infatti, i sindacati confederali sono d?accordo: per tutelare diritti e qualità del lavoro di chi opera nel sociale occorre un sistema di regole comune, insomma un inquadramento unitario. «Almeno», specificano, «per quanto riguarda le attività del welfare, legate all?area socio-sanitaria-assistenziale-educativa che conta ormai circa 200 mila addetti». «Basta con l?imperativo del contenimento dei costi. Quello che serve è mettere i soggetti che fanno servizi alle persone nella condizione di fare leva sulla capacità progettuale e gestionale prima che sull?aspetto della concorrenzialità economica», sostiene Mauro Alboresi, responsabile nazionale del settore non profit per la Funzione pubblica Cgil. Dello stesso avviso è Francesco Lo Grasso, segretario nazionale Uil-Sanità: «Se ancora oggi l?economia sociale si scontra con la politica al massimo ribasso delle amministrazioni pubbliche nella concessione di appalti di lavori, ciò è dovuto anche alla frammentazione contrattuale del Terzo settore». Cosa fare per invertire la rotta? «Elaborare, d?intesa con associazioni e cooperative, una piattaforma contrattuale comune. L?occasione giusta può essere proprio quella dei rinnovi. Noi la proporremo. La disponibilità della maggioranza delle organizzazioni non profit sembra buona, il vero ostacolo sono le cooperative sociali». Molte le questioni sul tappeto. Quella del socio-lavoratore, per esempio, è motivo di un serrato braccio di ferro. Come conciliare questa figura atipica, metà dipendente metà imprenditore di se stesso, con l?ipotesi di un contratto unico? Il dubbio è sollevato da Nuccio Iovene, segretario generale del Forum permanente del Terzo settore. «Qui si pone un problema sostanziale, di democrazia. Una omogeneizzazione contrattuale rischia infatti di creare un monopolio della rappresentanza assolutamente non compatibile con un settore dove esistono soggetti particolari e ibridi come il socio-lavoratore. Inoltre, se i sindacati vogliono coinvolgerci gradualmente in questa ipotesi di lavoro, prima devono imparare a dialogare con noi su altri versanti. Che fine ha fatto l?idea di un Protocollo d?intesa sulla riforma dello Stato sociale di cui si parlava qualche mese fa? Comunque sia, è meglio non avere fretta. Partiamo con un accordo quadro, per definire diritti, criteri fondamentali e garanzie minime. Poi si potrà eventualmente cominciare a ragionare sull?idea di un contratto unitario».


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