Economia

Sofferenze bancarie, l’Fmi chiede all’Italia maggiori sforzi per ridurle

Nonostante l’ampia strategia messa in campo del governo italiano per risolvere la crisi gli economisti di Washington scrivono nel "Global Financial Stability Report” di vedere nei crediti non performanti un’obiezione alla stabilità bancaria che non ha ancora trovato risposta

di Monica Straniero

Secondo il Fondo Monetario internazionale, i provvedimenti adottati dal governo italiano per rafforzare il proprio sistema bancario e ridurre i crediti in sofferenza potrebbero essere “insufficienti per tutelare la salute del proprio sistema bancario.

L’ultima edizione del "Global Financial Stability Report”, il rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria mondiale, cita la strategia su più fronti messa in campo dalle autorità italiane per risolvere la crisi bancaria: dalle misure per migliorare l’efficienza e la rapidità delle procedure d'insolvenza giudiziali ed extragiudiziali, alla garanzia pubblica sulle sofferenze cartolarizzate, fino alla creazione del fondo salva banche, “Atlante”.

Tuttavia queste misure, sottolinea l’Fmi, potrebbero non bastare a ridurre i crediti deteriorati nelle quantità e nei tempi necessari per rafforzare il sistema bancario. I crediti non performanti rimangono così un problema significativo.

Nel mirino dell’Fmi anche il Monte dei Paschi di Siena alle prese con un piano di salvataggio che dovrebbe sistemare il nodo dei non performing loans senesi, pari a 28 miliardi di euro e riportare la banca ad un livello sostenibile di redditività. “Affrontare le carenze di capitale delle banche deboli, dice il Fondo, è importante per ridurre la pressione sul settore bancario italiano nel suo complesso”. A questo proposito gli economisti di Washington chiedono alle istituzioni europee di usare tutta la flessibilità presente nella Bank Recovery and Resolution Directive, Brrd, la direttiva UE che trasferisce il costo delle crisi dal settore pubblico agli azionisti e ai portatori di altre passività bancarie. Le regole Ue sul cosiddetto bail-in prevedono infatti di evitare il coinvolgimento degli obbligazionisti tramite “bail in” quando la stabilità finanziaria è a rischio.

Il Fondo esprime il proprio apprezzamento per la riforma del credito cooperativo ma allo stesso tempo suggerisce di estendere la valutazione sulla qualità degli attivi anche alle banche piccole, che non sono sottoposte all’esame della Banca Centrale europea. Un appello che rischia di cadere nel vuoto. Banca d’Italia si è sempre dichiarata contraria a condurre stress test sugli istituti più piccoli per timore che questo possa generare instabilità sui mercati.

A livello di Eurozona, l’Fmi chiede alle banche europee di avviare profonde riforme strutturali per risolvere l’eccesso di crediti deteriorati e i problemi di redditività. “Dall'inizio dell'anno la capitalizzazione di mercato delle banche delle economie avanzate è scesa di quasi 430 miliardi di dollari, rendendo più difficile la gestione delle vulnerabilità del sistema bancario, soprattutto delle banche europee più deboli”, si legge nel rapporto.

Sul caso Deutsche bank, gli economisti di Washington hanno ribadito che le difficoltà della banca tedesca rischiano di avere pesanti ripercussioni sull’intero sistema bancario. Il governo americano vorrebbe infatti far pagare una sanzione da 14 miliardi all'istituto tedesco per lo scandalo dei mutui subprime, che è stato l’elemento scatenante della crisi economica nel 2008. “Deutsche Bank è una banca grande e interconnessa e quindi importante dal punto di vista sistemico”, ha sottolineato il vice direttore del dipartimento mercati monetari e dei capitali del Fmi, Peter Dattels, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto. “Ora la sfida per la banca tedesca è convincere gli investitori che il suo modello di business è sostenibile e in grado di affrontare i rischi operativi legati alle vicende giudiziarie e alla gestione della mole di crediti deteriorati presente nel suo bilancio”.

Gli economisti di Washington sono apparsi molto preoccupati per i conti pubblici italiani. Secondo l’Fmi il pareggio strutturale di bilancio dell’Italia slitta al 2020, due anni più tardi del 2018 atteso in precedenza, mentre il debito pubblico è destinato a salire fino al 133,4%. Il Fondo rivede al ribasso anche le previsioni di crescita per l'Italia, portandole allo 0,8% per il 2016 e allo 0,9% per il 2017, 0,1 punti percentuali in meno rispetto alle stime di luglio. Nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, Def, il governo aveva invece previsto un Pil in crescita dell’1,0% nel 2017.

Il rapporto in versione intergale è scaricabile qui

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