Famiglia
Sociologia: Focolarini, scienza per la coesione
Il dibattito al primo convegno internazionale svoltosi a Roma
di Redazione
Il Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich lancia una sifda alle scienze socilogiche per rendere la sociologia una scienza orientata principlamente alla coesione sociale fondata sul dialogo anziche’ sullo scontro con l’altro, tipica della cultura occidentale. Al termine del primo loro convegno internazionale di sociologia, promosso da Social One, espressione del Movimento, questo progetto culturale e’ stato in qualche modo formalizzato, sia diffondendo per la prima volta in italia il volume di Pitirim A.Sorokin (”Il potere dell’amore”), sia mettendo sotto i riflettori una singolare esperienza di convivenza sociale nel Camerun africano, Fontem, un villaggio presentato come un vero laboratorio di coesione sociale. ”Nonostante la situazione politica e sociale imponga, per la sopravvivenza stessa dell’umanita’, un approfondimento sui principi della coesione sociale, il genere umano e le sue menti migliori si preoccupano di altre faccende”. Questa critica – si rileva nelle conclusioni del del convegno – tragicamente evidente anche a 50 anni di distanza, e’ posta da uno dei massimi sociologi del secolo XX, Pitirim A. Sorokin, nel volume da lui pubblicato nel 1954 ”Il potere dell’amore”, che appare per la prima volta in edizione italiana, a cura di Citta’ Nuova. Il libro e’ stato presentato durante il Convegno dal Prof. Michele Colasanto, Preside della Facolta’ di sociologia dell’Universita’ cattolica di Milano. ”Sono i tragici accadimenti della vita – il sociologo russo era stato imprigionato a condannato a morte prima dal regime zarista e poi dai bolscevici – prima ancora che l’interesse come scienziato sociale a guidare lo studio verso l’amore, come ‘unica via’ per raggiungere una rinascita psicologica, morale e materiale”, rileva il prof. Colasanto. ”Dallo studio di una grande quantita’ di situazioni storiche, di vita quotidiana, di vicende bibliche”, Sorokin mostra ”come l’amore generi amore e vinca le manifestazioni di odio, il desiderio di sopraffazione e vendetta e sia la forma suprema di socialita’, la forza trainante nel progresso creativo dell’umanita”’. Una forza – lamenta ancora Sorokin – oscurata dalla societa’ e cultura occidentale prevalentemente attenta ”allo scontro, a onnipotenti fattori economici, alla competizione per la propria affermazione”. Proprio l’approfondimento dei principi della coesione sociale e la ricerca di nuovi paradigmi per darne espressione, sono stati al centro dei lavori degli oltre 200 studiosi – docenti universitari di sociologia, studiosi dei servizi sociali, ricercatori e studenti – riuniti da 4 continenti al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, dall’11 al 13 febbraio. Il convegno e’ stato caratterizzato dal dialogo, tipico della disciplina sociologica, tra teoria e esperienze realizzate nei piu’ vari contesti culturali e sociali, come quella del Centro culturale La Pira di Firenze, aperto a studenti di varie religioni, e l’esperienza di integrazione tra europei, al primo impatto con la cultura africana, e i Bangwa, un popolo profondamente ancorato alle proprie tradizioni, a Fontem, nel cuore della foresta camerunese. Di particolare interesse lo studio su quest’ultima esperienza, proposta come ”laboratorio di relazioni”, presentata a piu’ voci dal sociologo belga Bennie Callebaut e dai protagonisti africani e europei. Un’esperienza significativa, in una societa’ sempre piu’ globalizzata e cosmopolita, chiamata ad affrontare la sfida dell’incontro delle diverse culture. Fontem, i cui abitanti 40 anni fa erano a rischio di estinzione a causa delle malattie, e’ ora una cittadina con piu’ di 600 case, scuole, ospedale, attivita’ lavorative, centrale elettrica, acquedotto, strade. Molti gli emigrati, negli Stati Uniti e in Europa, che ricoprono ora ruoli di responsabilita’ in universita’ e istituzioni pubbliche. In prima persona hanno dato la loro testimonianza. La fraternita’, vissuta da medici, insegnanti, e giovani focolarini europei, e’ divenuta stile di vita promosso dagli stessi leader del popolo Bangwa e di altri popoli confinanti ed e’ penetrato nei diversi strati della popolazione con incidenza nella vita sociale e politica. Un cammino di fraternita’ che ha richiesto il superamento di non poche difficolta’ di ordine culturale, superate grazie a quella che Sorokin definisce ”potenza dell’amore” ”capace di generare amore ed essere la forza trainante di progresso creativo”. Dopo lo sviluppo di questa regione, a cui avevano per anni lavorato i focolarini, in collaborazione con il popolo stesso, i rapporti entrano in crisi. Di qui una nuova presa di coscienza. Le molte opere realizzate dagli europei costituivano in un certo senso una dipendenza per il fiero popolo Bangwa – ha detto il dott. Lucio Dal Soglio, a Fontem sin dal 1966. ”Abbiamo capito che tutto cio’ che facevamo dovevamo ‘deciderlo insieme’, essere alla pari. Abbiamo capito che la vera fratellanza comincia li”’. Chiara Lubich, in un messaggio, ha indicato nella ”fraternita”’ ”un principio spirituale che e’ al contempo una categoria antropologica, sociologica, politica, capace di innescare un processo di rinnovamento globale della societa”’. In questa chiave, dalla lettura sociologica delle diverse esperienze, si sono evidenziati nuovi possibili modelli, nuovi schemi di applicazione, per rilevare non solo la realta’ conflittuale, ma anche i nuovi fenomeni positivi e costruttivi. Di ”paradigma dell’unita”’ ha parlato il prof. Adam Biela, gia’ Preside della Facolta’ di sociologia dell’Universita’ di Lublino, ora senatore polacco. Categoria questa, sviluppata dalla sociologa brasiliana Vera Araujo, come paradigma di unita’-fraternita’ capace di leggere le relazioni di unita’ e distinzione, di reciprocita’, dono e comunione. Dal dialogo dei partecipanti sta emergendo – ha detto Vera Araujo in conclusione del convegno – ”un’ incipiente comunita’ scientifica che assume ora questi paradigmi, queste nuove strategie di ricerca, per aprire nuove prospettive alle scienze sociologiche”.
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