Mi è stato chiesto di far parte della giuria del premio della Fondazione Sodalitas, dedicato al giornalismo per il sociale. E’ un onore, vista la qualità dei giurati presieduti niente meno che da Stefano Zamagni. Ma è anche un impegno imprevisto in termini quantitativi! Alla sua settima edizione infatti il premio presenta ben centosettanta partecipanti, divisi nelle cinque categorie (stampa, web, radio, tv, giovani giornalisti). Un segnale di vitalità davvero notevole. La vetrina è di sicuro prestigio, ma io penso che la spiegazione di questo successo risieda anche altrove. Ovviamente non svelo in questa sede quali fra gli articoli e i servizi mi hanno impressionato favorevolmente, la giuria infatti si riunisce proprio in questi giorni. Ma ho fatto veramente fatica a orientarmi, perché l’offerta era ampia e di notevole spessore, anche nei media generalisti che notoriamente non brillano per attenzione a questi temi. Articoli e inchieste che infatti spaziano dall’alcolismo al precariato, dalla disabilità grave, alla miseria nei paesi sottosviluppati, passando per tutti gli altri temi che i lettori di Vita ben conoscono. Probabilmente si tratta anche di un effetto di illusione ottica: nella selezione corposa fornita ai giurati c’è quasi tutto ciò che di buono e di efficace è stato scritto o filmato o raccontato nell’arco di un anno. E allora, se paragoniamo le quantità, non c’è dubbio che gossip e sport, o politichese, stravincono, relegando i bei pezzi dedicati al sociale in spazi, oppure orari, oppure format, assai meno frequentati dai lettori, ascoltatori, telespettatori, navigatori.
Ma ciò che mi preme ora sottolineare è che la qualità decisamente buona, il gusto dell’impaginazione gradevole, la scelta delle immagini, o delle musiche, o dei contributi, dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che non si può parlare genericamente di giornalismo dedicato al sociale, ma si deve andare più a fondo, ed esigere buon giornalismo.
Non è l’argomento scelto che fa di per sé la differenza, e si impone. Come se un giornalista eticamente responsabile sia di per sé degno di premio e di attenzione. Mai come adesso occorre avere, nell’informazione, qualità, completezza, serietà di indagine, rispetto, linguaggio e tono adeguato. Il mondo del sociale, è vero, è ricco di argomenti interessanti, di scoperte quasi sensazionali, soprattutto per chi si avvicina episodicamente a settori che di solito vengono trascurati. Ma a maggior ragione, sarebbe importante che editori e direttori sfogliassero bene la raccolta dei partecipanti al premio Sodalitas, perché forse capirebbero che investire di più e meglio nel giornalismo professionale anche sui temi più difficili e invisibili è un’ottima idea, e può contribuire, in tempi di crisi e di ripensamento globale dello sviluppo, a migliorare una coscienza collettiva, un comune sentire, che non può fermarsi sempre alla cronaca nera, specie se truculenta.
Per i giovani il messaggio dovrebbe essere ancora più forte: non abbiate paura di proporre temi scomodi. Ma sappiate renderli veri, profondi, ben documentati, piacevoli e interessanti. Insomma, fate bene questo mestiere, che, in fondo, non è così male.
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