Non profit

Sociale e sanitario due mondi (troppo) separati

La pagella di Don Colmegna

di Redazione

Bene la legge 23 sulla famiglia e le nuove linee guida sulle tossicodipendenze. Male invece povertà, immigrazione e psichiatria. Questa la sintesi sul welfare lombardo di don Virginio Colmegna, presidente di Fondazione Casa della Carità.
Vita: La peculiarità del welfare lombardo è la sussidiarietà. Come la giudica?
Virginio Colmegna: Il principio è positivo. Il problema è che come è realizzata la sussidiarietà rischia di diventare mera gestione, senza capacità di trasformare le cose. In particolare rischia di diventare una consegna tout court alla scelta autonoma del singolo, mentre la sussidiarietà deve sempre richiamare la governance pubblica, porsi il problema della custodia dei diritti minimi.
Vita: Qual è il problema di fondo in Lombardia?
Colmegna: La divisione troppo rigida tra il sociale e il sanitario, che viaggiano con due logiche molto diverse. Ma oggi i soggetti hanno una complessità multipla di sofferenze, si rischia di mettere al centro i servizi e non le persone.
Vita: La psichiatria è un tallone d’Achille della Regione?
Colmegna: È vero, la situazione è preoccupante: le associazioni dei familiari non sono coinvolte nella progettazione dei servizi, c’è una debolezza enorme degli interventi domiciliari e un’altissima ospedalizzazione dei pazienti. Nel 2008 abbiamo raccolto 35mila firme per chiedere un cambio di marcia.
Vita: Nell’anno della lotta alla povertà, come siamo messi?
Colmegna: Manca una strategia, l’intervento regionale è legato solo all’emergenza, mentre anche le politiche per le povertà estreme devono essere di cittadinanza, fondate sui diritti. In particolare la Regione deve recuperare un ruolo di regia sui temi scomodi, come i rom, consegnati in toto ai Comuni.

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