Innovazione

Social network federati: l’interconnessione a misura di Terzo settore

Alle strutture collaborative come consorzi e associazioni manca ancora un'infrastruttura digitale capace di supportarle. Nel mondo si stanno sperimentando modalità di far rete diverse dalle attuali piattaforme: ecco alcuni esempi in cui al centro ci sono governance condivisa e partecipazione attiva

di Ivan Minutillo e Flaviano Zandonai

Nel tempo, le società hanno creato diverse forme legali come i consorzi e le associazioni per facilitare la cooperazione tra enti come cooperative, comuni, aziende o fondazioni. Le reti rappresentano, dal punto di vista organizzativo, un elemento diffuso e trasversale tra settori e istituzioni che assume una crescente rilevanza sia in senso gestionale che strategico. Basti pensare ai network dell’amministrazione condivisa, alle economie di prossimità e alle catene del valore sostenibili e inclusive che gravitano intorno al terzo settore.

L’infrastruttura digitale per le strutture collaborative

Tuttavia, manca ancora un’infrastruttura digitale efficace per supportare queste strutture collaborative.

La topologia digitale di un’organizzazione è spesso frammentata tra documenti condivisi, multipli account, chat e gruppi whatsapp, mailing list e piattaforme che centralizzano e ostacolano l’utilizzo dei dati prodotti da diverse applicazioni.

Le piattaforme gestionali a loro volta non sono progettate per la complessità di network mutevoli come quelli del Terzo settore, dove l’adattamento al cambiamento è la norma non l’eccezione. Queste piattaforme nella maggior parte dei casi non pubblicano il codice aperto, chiudendo gli utenti in recinti digitali e rendendoli dipendenti dalle esigenze di profitto di una azienda esterna. In sintesi manca una coerenza non solo di senso ma anche operativa tra la plasticità e fluidità delle reti e la tendenza alla frammentazione e chiusura degli applicativi tecnologici più diffusi.

La rivoluzione dei social network federati

In questo panorama, pensiamo che i social network federati e open source rappresentino una forza rivoluzionaria, in grado di attivare nuove dinamiche e permettere alle organizzazioni di cooperare e prosperare in mondi interconnessi, utilizzando un framework che potenzi le loro unicità e non le imprigioni – come accaduto finora – in strutture rigide pensate unicamente per il mondo corporate.

C’è un potenziale enorme da liberare. Nell’era dell’informazione, i dati trattenuti da sistemi chiusi e centralizzati, le comunicazioni interrotte, le sinergie non trasformate in collaborazioni sono tra le esternalità più impattanti per le associazioni che fanno del mutualismo il loro motore trainante. La messa in atto di questo principio si basa infatti sull’attivazione di scambi e feedback continuativi e approfonditi in modo da generare quel riconoscimento reciproco che alimenta la capacità di supporto e di condivisione del valore prodotto in comune.

Cosa sono i network federati. Gli esempi

I Network federati rappresentano una nuova modalità di collaborazione digitale, che permette a diverse organizzazioni, in particolare di quelle esplicitamente orientate al bene comune, di unire forze e risorse in modo più sicuro, flessibile e cooperativo rispetto alle piattaforme attuali.
Un esempio concreto è rappresentato dal Open Science Network, composto da ricercatori, docenti universitari e promotori dell’Open Science, che, insoddisfatti della polarizzazione e delle dinamiche ostili presenti su piattaforme tradizionali come X (ex Twitter), hanno deciso di co-progettare uno spazio digitale su misura per le loro esigenze.
Questo nuovo spazio permette loro di:

  • Condividere dati in modo sicuro tra diverse organizzazioni,
  • Collaborare su progetti di ricerca,
  • Espandere la propria rete professionale,
  • Promuovere pratiche di Open Access, sperimentando nuove modalità di collaborazione e pubblicazione di articoli scientifici,
  • Sviluppare peer review trasparenti e aperti,
  • Creare un’alternativa non commerciale a piattaforme come ResearchGate, Academia.edu o le banche dati di Elsevier.

Un altro esempio di network federato è quello in progettazione da un gruppo di attivisti, che stanno sviluppando il progetto “Federated Archive Alliances”. Questo network mira a digitalizzare e mettere online i contenuti multimediali provenienti dai principali archivi italiani, mettendo a disposizione la vasta mole di materiale creato da artisti, registi e attivisti. L’obiettivo è consentire l’accesso ai filmati e testimonianze di valore culturale e artistico, oltre a creare una rete di supporto reciproco tra gli archivi.

Infine, un altro caso interessante è rappresentato dal Mutual Aid Network del Michigan (Wisconsin), che promuove pratiche di mutuo aiuto tra membri della comunità locale. All’interno di questa rete, viene utilizzato un sistema di Time Banking, attraverso cui i membri possono definire il valore reciproco dei servizi richiesti e offerti. I partecipanti possono proporre nuovi progetti e prendere decisioni collettive su come indirizzare gli sforzi della rete.
In questo caso, la federazione permette uno scambio efficiente di informazioni, la coordinazione di attività e la promozione di eventi in modo decentralizzato.

Gli esempi citati condividono tre caratteristiche fondamentali, che ben rappresentano il valore offerto dai network federati:

  • Collaborazione senza centralizzazione: Nei Network federati, ogni cooperativa o associazione utilizza la propria piattaforma, ma può comunicare e collaborare con altre organizzazioni.
  • Federazione su misura (opt-in): Al contrario dei social network dove chiunque è esposto a tutta la rete, nei Network federati ogni organizzazione decide con chi connettersi, creando reti basate sulla fiducia e sugli obiettivi condivisi. Questo approccio riduce il rischio di spam, disinformazione e contenuti irrilevanti, favorendo interazioni di qualità e rivolte verso obiettivi specifici. D’altro canto incentiva questi stessi soggetti a esplicitare con chi e come vogliono collaborare.
  • Governance condivisa e partecipazione attiva: Le decisioni non sono imposte dall’alto, ma vengono stabilite e attuate collettivamente. Ogni organizzazione ha voce in capitolo, garantendo un sistema di governance condivisa che si adatta alle esigenze di tutti i membri. In questo modo si pone al centro un tema caro al terzo settore e cioè quello degli assetti di governo multi-stakeholder riconfigurandoli come luoghi generativi e non solo formali.

I network federati possono sembrare complessi, ma l’idea alla base è semplice: creare uno spazio digitale in cui le community possano collaborare e crescere insieme, mantenendo il controllo sulle proprie attività. Per quanto possa sembrare paradossale, la capacità di apertura e di cooperazione richiede elevati livelli di autonomia e consapevolezza in modo da navigare con efficacia in contesti caratterizzati da elevati livelli di “inter-indipendenza”.

Una rete fluida

Un network federato è una rete fluida, in continua evoluzione e mutamento, che ben si adatta alle necessità di mondi dove le partnership, le alleanze e le sinergie sono promotori di cambiamento e nuove opportunità.

Mentre i social network tradizionali hanno dato vita agli influencer – figure che capitalizzano l’attenzione di milioni di utenti per scopi commerciali – i network federati favoriscono l’emergere di ruoli molto diversi: facilitatori e moderatori. Queste figure chiave hanno il compito di nutrire le relazioni all’interno del network, mediare i conflitti, catalizzare collaborazioni significative e accompagnare le comunità verso i loro obiettivi condivisi a partire da apprendimenti che scaturiscono da pratiche comuni.

Spazi digitali per l’autonomia delle comunità

I social network federati rappresentano molto più di semplici piattaforme di microblogging: sono spazi digitali che rispecchiano e potenziano l’intero ecosistema di attività e interazioni che avvengono all’ interno di una comunità. In questi spazi, le organizzazioni possono collaborare mantenendo la propria autonomia, senza dover cedere il controllo dei propri dati o dipendere da piattaforme centralizzate gestite da terzi. Sono, in estrema sintesi, “iperluoghi” digitali capaci di catalizzare risorse che scaturiscono da più ampi ecosistemi.

Questa autonomia si traduce in una libertà concreta: le comunità possono gestire i propri dati, costruire relazioni, formare gruppi di lavoro e coordinare attività complesse. Possono produrre documenti condivisi, gestire task, definire processi decisionali e implementare forme di governance che riflettono fedelmente la loro struttura organizzativa.

Beni comuni digitali

Bonfire incarna queste possibilità in modo profondo: invece di imporre soluzioni preconfezionate che fagocitano l’agire comune fin dal suo manifestarsi bloccandone l’espressività, fornisce un framework che permette alle comunità di co-progettare le proprie soluzioni: un bene comune digitale.

Questo approccio “first principle” si basa su un’idea piuttosto semplice ma altrettanto potente: sono le comunità a definire i propri bisogni e adottare le soluzioni adeguate e le reti sono il miglior veicolo organizzativo in grado di evitare il rischio di chiusura. Il ruolo di un bene comune digitale è di fornire i building blocks necessari che permettano alle comunità di co-progettare gli strumenti di cui hanno bisogno e poterli adattare nel tempo – beneficiando dalle sperimentazioni e dagli sviluppi che altre organizzazioni portano avanti attraverso lo stesso framework.

Perché farlo?

L’elezione americana di Trump, la spinta tecnocratica verso una deregulation senza precedenti sostenuta dal Doge Elon Musk e l’integrazione pervasiva dell’intelligenza artificiale nella società, pongono sfide cruciali alle organizzazioni private, al Terzo settore e alla vita pubblica.

Ma le risposte a queste sfide – che siano in linea con i valori e i bisogni pubblici – non arriveranno dalla Silicon Valley. Le soluzioni si dovranno costruire a partire dalle esperienze cooperative nostrane, le sperimentazioni della cooperativa integrale catalana, l’esperienza di autogestione e autogoverno curdo, le imprese sociali italiane pioniere di assetti multi-stakeholder che allargano il principio del mutualismo, le comunità che già oggi abitano e animano i network federati e da tutti quelle realtà che si ostinano a restare a contatto con il problema, piuttosto che girare le spalle al mondo e credere ad escatologie tecnologiche.

Framework per creare alleanze

I consorzi, le associazioni e le cooperative hanno un potenziale di innovazione immenso in questo momento storico, e strumenti come Bonfire e i network federati possono essere un bene comune prezioso e una chiave di volta per facilitare questa trasformazione e sperimentare nuovi modi di attraversare le sfide che ci attendono.

Bonfire – in questo senso – è un framework per creare alleanze.

Nell’immagine in apertura una delle illustrazioni simbolo di Bonfirenetwork

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