Welfare

Social housing a rischio default

Il governo inglese ha previsto un taglio del 2% degli affitti. Una misura che di fatto non favorisce le famiglie. Ma taglia le gambe a un comparto che gestisce 2,5 milioni di case

di Riccardo Bianchi

Il lavoro non c’è, le case costano troppo e il governo di Londra riduce gli affitti di quelle in edilizia sociale. Una scelta che a prima vista sembra giusta e motivata, ma che ha trovato la ferma opposizione della National Housing Federation, la federazione delle associazioni inglesi di housing sociale, quelle che costruiscono e gestiscono abitazioni dove, con un affitto calmierato e concordato con lo Stato, vivono circa cinque milioni di persone, tutte famiglie con redditi bassi o disoccupati. Una contraddizione? Non proprio. Il taglio previsto da Downing Street, che si aggira intorno al 2% della rata dell’affitto, secondo le associazioni non porterebbe benefici visibili ai nuclei familiari, che risparmierebbero 1,36 sterline alla settimana – poco più di 1,55 euro – ma fermerebbe l’attività delle associazioni stesse, che non potrebbero costruire migliaia di nuovi appartamenti. Le prime stime parlano di una riduzione di 260 milioni di sterline di entrate per il prossimo anno per gli iscritti alla Nhf, che si tradurrebbe in almeno 4mila nuove case in meno. Ad aumentare la rabbia del terzo settore è stato il fatto che la decisione dell’esecutivo sia arrivata proprio qualche giorno dopo che il primo ministro Gordon Brown aveva annunciato di aver trovato 1,5 miliardi di sterline (1,8 miliardi di euro) per la costruzione di 20mila nuovi appartamenti, la maggior parte dei quali in mano alle associazioni. La scelta, invece, di ridurre le rate è stata giustificata con il calo del costo della vita. In Gran Bretagna, infatti, l’istituto di statistica ha rilevato una deflazione del 3% rispetto al 2008. Di solito la quota mensile viene aumentata dello 0,5% ogni dodici mesi, ma questa volta le cattive condizioni in cui versa l’economia inglese hanno portato a una decisione completamente diversa e, a quanto pare, inaspettata.
«La riduzione del 2% non si farà sentire soltanto per l’anno prossimo sulla nostra capacità di investire, ma per molto più tempo», ha affermato il presidente della federazione, David Orr, aggiungendo che un rallentamento nell’attività di costruzione potrebbe protrarsi anche per dieci anni. La situazione, infatti, è anomala. È la prima volta che il social housing di Sua Maestà fa un passo indietro per affrontare una riduzione del canone. Nel regolamento che disciplina il rapporto tra Stato ed associazioni, questa possibilità non è neppure contemplata. Londra, che ogni anno paga alle associazioni circa 16 miliardi di sterline per gli affitti delle famiglie nullatenenti, risparmierà 106 milioni di sterline. «Una cifra irrisoria», ha commentato Orr, «come irrisorie sono le poche sterline che ogni mese metterà da parte il 40% di famiglie che paga per intero la sua rata. E la maggior parte delle persone con cui abbiamo parlato preferirebbe mantenere i servizi di cui dispone adesso e avere nuove case piuttosto che vedere calare la propria quota, per altro di così poco».
Le 1.200 associazioni che fanno parte della Nhf gestiscono 2 milioni e mezzo di case, dove abitano più di cinque milioni di persone. Un numero che, secondo la federazione, è destinato a raddoppiare. La crisi, infatti, ha costretto molti a vendere il proprio appartamento, ma ha anche fatto schizzare in alto la domanda e il costo degli affitti. Perciò molti si stanno rivolgendo ai gruppi del social housing, che in Inghilterra sono una realtà organizzata a livello nazionale da oltre 20 anni. Le associazioni hanno scritto a Gordon Brown per chiedergli di fare un passo indietro sui tagli. La risposta del governo è attesa per fine settembre, visto che a ottobre l’esecutivo deve presentare il piano annuale per l’edilizia sociale.


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