Dopo tanta attesa finalmente ieri, 2 ottobre 2013, la Commissione Europea ha varato la propria Comunicazione sul “Rafforzamento della dimensione sociale dell’Unione Economia e Monetaria” (http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/andor/headlines/news/2013/10/20131002_en.htm)
Dopo un braccio di ferro durato mesi il Commissario Andor è riuscito a far passare almeno alcune delle idee su cui aveva lungamente lavorato, anche sulla scorta del parere del CESE approvato a maggio del 2013 e di cui sono stato relatore.
Purtroppo il risultato è largamente al di sotto delle attese.
Nel suo testo, la CE ha proposto di creare un nuovo quadro di indicatori per consentire una migliore e più tempestiva identificazione dei principali problemi occupazionali e sociali nel quadro del semestre europeo, (annuale ciclo di definizione delle politiche economiche dell’UE); di coinvolgere ulteriormente i sindacati e datori di lavoro, sia a livello comunitario e nazionale per la definizione e l’attuazione delle raccomandazioni di politica durante il semestre europeo; di utilizzare meglio i bilanci UE (fondi strutturali e fondo sociale europeo in particolare) e nazionali per alleviare il disagio sociale ed eliminare gli ostacoli alla mobilità del lavoro, anche secondo criteri da definire per premiare chi effettua riforme che migliorino le singole situazioni nazionali.
L’aspetto positivo della Comunicazione, oltre al fatto di esserci nonostante tutto, è il fatto che ripropone la centralità del framework della strategia Europa2020 e dei fondamentali obiettivi di politica sociale in esso contenuti, i quali ricordiamolo sono l’aumento del tasso di occupazione, la riduzione della dispersione scolastica, l’aumento della percentuale di completamento dell’istruzione terziaria o equivalente e sollevamento di almeno 20 milioni di persone dalla povertà. La Comunicazione propone in particolare che il Rapporto per ogni paese redatto nel quadro del Semestre europeo si focalizzi su cinque indicatori:
• disoccupazione generale
• numero dei giovani che non svolgono attività lavorative, di istruzione o formazione ( i cosiddetti NEET )
• la percentuale di popolazione in età di lavoro a rischio di povertà
• le disparità di reddito, misurata comparando il 20% più ricco della popolazione con il 20% più povero
• reddito reale disponibile lordo delle famiglie
L’aspetto negativo è il fatto che il predicato rafforzamento della sorveglianza delle sfide sociali e occupazionali e l’auspicato maggiore coordinamento delle politiche nell’ambito del semestre europeo non significano nulla se non le classiche promesse di cui è lastricato l’inferno, se ad esse non corrispondono caratteri più o meno vincolanti ed eventuali connesse sanzioni e/o meccanismi di intervento automatici, come nel caso dei ben più stringenti vincoli che esistono in merito ai parametri concernenti il debito e il deficit e tutto il contorno di misure di responsabilità di bilancio che sono stati eretti e resi cogenti negli ultimi tre anni (il cosiddetto fiscal compact) Si potrebbe persino dire che non si è neppure avuto il coraggio di rieditare il meccanismo usato nelle prima parte degli anni 2000 in merito all’Agenda sociale, il cosiddetto MOC – Metodo di coordinamento aperto, che prevedeva una sorta di auto-obbligazione di risultato e di revisione tra pari, certo molto imperfetto, ma pur sempre meglio di analisi e raccomandazioni inscritte nelle Raccomandazioni paese del Semestre europeo (che salvo per quelle inerenti il deficit e il debito, per il resto non sono che letteratura ad uso dei convegni…..)
Detto in altre parole, se l’esplosione dello spread di un paese sui titoli pubblici è ritenuto così grave da far adottare un meccanismo di intervento pesante della BCE come il LTRO, perché un tasso di disoccupazione giovanile che oltrepassa il 30% non potrebbe essere meritevole di tipologie di intervento analoghe, per esempio nel campo di meccanismi fiscali, di social bonds dedicati o di programmi speciali di educazione/formazione a lungo termine?
Insomma siamo ben lontani dalle pur moderate raccomandazioni che il CESE aveva fatto nel suo parere di maggio e lo sforzo di passare da una revisione dei quadri analitici a progressivamente più efficaci e cogenti politiche comuni di intervento rimane ancora assai lontano.
Tuttavia, non siamo al passo del gambero. Pur al ritmo della formica, c’è qualche faticoso passo avanti. Intanto la Commissione ha superato le proprie resistenze interne e il Collegio ha adottato una Comunicazione attesa dal gennaio scorso, che apre alcune piste di lavoro concreto che rimettono il tema sociale nell’agenda (per cinque anni ne è stato quasi escluso). Intanto l’argomento principale del prossimo Consiglio europeo del 23-24 ottobre è la dimensione sociale e il Presidente Van Rompuy ha chiesto di poter incontrare il CESE in una riunione preparatoria per discutere di questo argomento. Intanto il tema è tornato nell’agenda dei dibattito e delle conferenze che nelle ultime settimane animano la piccola piazza pubblica delle istituzioni comunitarie e di numerosi think thank di ogni orientamento culturale. C’è ora da attendersi che qualche paese membro rilanci questa priorità nel Consiglio e poi resta come sempre l’onere delle forze vive della società civile di continuare a fare il nostro mestiere.
Ben sapendo che la strada è in salita e che ogni passo da formica richiede la pazienza di Giobbe e l’energia di una mandria di elefanti. Purché si lavori insieme, cercando tutte le convergenze possibili, e non l’uno contro l’altro armati, come purtroppo a volte accade.
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