Politica

Social card per la spesa, ritorno al passato

Si chiama “Dedicata a te” ed è una prepagata da 382,50 euro da spendere entro fine anno in generi alimentari: è la nuova card per le famiglie in povertà lanciata dal governo Meloni. Un aiuto una tantum contro il caro-carrello, ma «non è il cibo che risolve il problema della povertà», dice chi con i poveri ci lavora. «Il cibo è un aggancio, poi serve un percorso che porti casa, lavoro, autonomia». Davvero il problema dell'Italia è vincere la fame? O piuttosto dobbiamo portare le persone fuori dalla povertà?

di Sara De Carli

È un aiuto e come tutti gli aiuti può sicuramente tamponare la situazione e alleviare la difficoltà di una parte di famiglie in situazione di povertà e di difficoltà: «Ma non dimentichiamo che non è il cibo che risolve il problema della povertà. La povertà si risolve dando casa e lavoro». Alberto Sinigallia è il presidente della Fondazione Progetto Arca e commenta così la nuova card del Governo Meloni, “Dedicata a te”: una prepagata da 382,50 euro da spendere entro la fine del 2023 in beni alimentari di prima necessità. Sinigallia il tema della povertà alimentare lo conosce bene: Progetto Arca ha 6 Social Market per la distribuzione gratuita di beni alimentari, 8 cucine mobili che distribuiscono pasti in strada e 7 mense sociali. Ai social market – ne inaugureranno uno fra pochi giorni, in viale Bodio a Milano – si accede con un Isee inferiore ai 6mila euro e si riceve una tessera da 500 punti a famiglia, che corrisponde a 50 euro al mese, aumentata di 200 punti per ogni figlio tra 0 e 3 anni. «Il cibo è un aggancio. Ma poi da lì deve partire un percorso da fare insieme, per capire come è possibile aumentare il proprio reddito e come ridurre le spese: sì anche con le persone in difficoltà, perché la spesa per il l’azzardo per esempio la puoi eliminare. Il punto è far capire che io sono con te per un anno, non basta metterti in tasca una card. Io ci sono e insieme capiamo di cosa hai bisogno per uscire dalla condizione di povertà. L’obiettivo è sempre l’autonomia», dice Sinigallia.

Che cos’è la carta “Dedicata a te” e chi ne ha diritto

“Dedicata a te” è una carta prepagata da 382,50 euro (500 milioni di euro stanziati) che servirà per sostenere le spese delle famiglie in difficoltà – quelle con Isee sotto i 15mila euro, un tetto particolarmente “generoso” – nell’acquisto di beni di prima necessità e contenere il “caro-carrello”. La cosa veramente positiva (ed è una prima volta) è che il cittadino non dovrà presentare alcuna richiesta: è l’Inps ad individuare le famiglie che hanno diritto alla carta e a segnalarle ai Comuni, che poi ne daranno comunicazione ai diretti interessati. A quel punto la card potrà essere ritirata in posta. Un procedimento finalmente semplice, che mette in dialogo le banche dati esistenti. Secondo il Governo ne beneficeranno 1,3 milioni di famiglie.

Le caratteristiche per accedere al beneficio sono sostanzialmente tre: essere un nucleo di almeno tre componenti (no quindi a singoli e coppie, che restano fuori dalla misura), avere un Isee che non superi i 15mila euro presentato entro maggio (quindi chi è incapiente o chi non lo ha fatto l’Isee resta fuori dai radar), essere iscritto ad una anagrafe comunale. Ci sarà una graduatoria fra i nuclei con tre componenti e 15mila euro di Isee, che premia le famiglie con figli minori. La misura non può sommarsi ad altri interventi di sostegno al reddito (altra buona idea), per cui chi già percepisce il Reddito di Cittadinanza, la Naspi o la cassa integrazione, non potrà averla. È compatibile invece con aiuti materiali, ad esempio con i pacchi alimentari.

Entro la fine di luglio la card sarà nelle tasche delle famiglie. La carta potrà essere utilizzata presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari, dove si potranno acquistare esclusivamente beni alimentari di prima necessità. Negli esercizi – supermercati non solo – che già hanno stipulato o che stipuleranno un accordo ad hoc con il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste-Masaf verrà applicato un ulteriore sconto del 15% ai possessori delle carte. Al momento sul sito si contano 12 convenzioni siglate, quasi tutte della Coop.

La carta andrà attivata con un primo acquisto entro il 15 settembre. Le risorse caricate sulle card non attivate verranno ridistribuite tra le card attive, per essere spese entro fine anno.

Pesce fresco sì, pesce surgelato no

Sui social in queste ore si moltiplicano i post ironici sul “paternalismo” di uno Stato che dettaglia minuziosamente cosa si può comprare e cosa no con la carta. Per esempio il ministero contempla il pescato fresco ma non il pesce surgelato, lo zucchero sì ma il sale no, menziona caffè, te e camomilla ma non le tisane. È ancora Sinigallia, con la concretezza di uno che sa di che cosa parla, a smorzare la polemica: «Anche nel social market se una persona utilizza tutti i 500 punti per comprare solo olio, gli sospendiamo per sei mesi la card: è evidente che il suo scopo era rivendere l’olio. Un controllo bisogna pur farlo. Dire pesce surgelato sì o no è esagerato, ma nel concerto con la povertà bisogna fare attenzione anche a queste cose. È chiaro che per lo Stato è difficile controllare, però ci sono i social market, le Caritas, si poteva fare qualcosa di collegato a ciò che già esiste. Per una questione di verifica rispetto all’utilizzo delle risorse, ma non solo: nei social market per esempio facciamo anche educazione alimentare, se una famiglia compra solo pasta e salsa di pomodoro è chiaro che mancano tutta una serie di componenti nutrizionali. Passare dalle organizzazioni consente di fare un pezzo di lavoro educativo e di accompagnamento che la carta acquisti di per sé non può fare», conclude Sinigallia.

Ritorno al passato?

“Dedicata a te” è un ritorno al passato? Per certi versi sì. Di social card si parlò infatti per la prima volta nel 2008, con il governo Berlusconi. Quella carta prepagata – che pure era una prima misura per il contrasto alla povertà – all’epoca era tanto nuova che sollevò un aspro dibattito sul fatto di poter essere vista come un “marchio” che bollava come povero chi l’avrebbe utilizzata alla cassa di un supermercato. La sperimentazione venne poi radicalmente modificata dal sottosegretario Guerra, nel governo Monti e Letta e per un certo periodo in Italia sembravano dover addirittura convivere due social card. La stagione delle card sembrava superata quando si decise di puntare (finalmente) ad una misura universale per il contrasto della povertà: una storia che ha visto in pochi anni la nascita e la morte del Sia, del Rei, del RdC per arrivare – dal 2024 – all’assegno di inclusione (AdI). Il punto critico non è tanto l’idea della card, ma il fatto che si torni ad una misura una tantum e di fatto categoriale (le famiglie con figli) dopo aver smantellato la misura universale di cui l’Italia si era finalmente dotata per tutte le persone in povertà: migliorabile, certo, ma universale e strutturale. La Banca d’Italia per esempio nella sua Relazione annuale il 31 maggio 2023 ha già detto che per le famiglie di residenti di nazionalità italiana l’introduzione dei requisiti anagrafici ridurà la platea dei nuclei potenzialmente beneficiari dell’AdI di quasi il 30% rispetto a quella dell’RdC e che la variazione dei requisiti economici comporterà un’ulteriore diminuzione di circa il 10%.

Per non dire che il moltiplicarsi delle misure non fa bene a nessuno a livello di impatto: la social card di Tremonti sorprendentemente sopravvive ancora nei bilanci dello Stato, con dei rivoli che continuano a gocciolare da rubinetti che in teoria dovrebbero essere stati chiusi da anni.

Non chiamatela social card

Si poteva scegliere un’altra via, certo. Ma se la scelta di campo del Governo Meloni è quella di una misura categoriale e una tantum, bisogna dire che il disegno del meccanismo operativo è interessante, soprattutto nel fatto che non dovrà essere il cittadino a presentare domanda: per la prima volta in Italia sarà lo Stato a cercarti per darti qualcosa a cui hai diritto. E sarà importante monitorare gli esiti. Rispetto alla social card di tremontiana memoria, infatti, c’è di uguale lo scopo ma le modalità di attuazione sono differenti: oltre al fatto che il nucleo in difficoltà non deve mobilitarsi per chiedere il beneficio, i parametri di accesso sono più accessibili e si bypassa il meccanismo della ricarica ogni due mesi che tanti problemi aveva comportato.

A monte però torna in campo la domanda sul coinvolgimento delle organizzazioni di Terzo settore: se i 500 milioni li avessimo messi sul “fondo alimentare”, ossia sul fondo nazionale per l’acquisto di generi alimentari a favore degli indigenti, il paniere di alimenti che sarebbero stati offerti alle famiglie avrebbe avuto un valore molto più alto, a parità di risorse, perché gli acquisti sarebbero stati fatti con altri volumi. Ovviamente però in questo modo la misura non sarebbe stata categoriale (in politica però la verità è che a volte serve prima di tutto questo) e i beni sarebbero andati a tutti gli indigenti che si rivolgono alle organizzazioni per ragioni di povertà alimentare: anche a quelli che non hanno presentato l’Isee e che sfuggono oggi alle anagrafiche dell’Inps e dei Comuni.

Il problema dell’Italia è la fame o togliere le persone dalla povertà?

«La card è una misura non strutturale e come Alleanza contro la povertà da sempre ripetiamo che le misure una tantum non aiutano le famiglie e le persone a uscire dalla condizione di povertà, lo abbiamo sempre detto e lo diremo sempre, con qualsiasi Governo», commenta Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà, che dal 2013 raggruppa più di trenta organizzazioni sociali che hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta in Italia. Le altre criticità? «Lascia fuori una platea abbastanza ampia, gli incapienti e anche se non lo dichiara nei fatti con la graduatoria andando a premiare le famiglie con figli minori lascia fuori gli anziani e i single. L’importo inoltre, soprattutto se lo pensassimo su un anno intero, è molto basso e ha il limite di poter essere usato solo per la spesa alimentare. Tutto aiuta, ma l’obiettivo dell’Italia nel 2023 è togliere le persone dalla fame o avere un processo di inclusione che porti a togliere le persone da uno stato di povertà e di disagio?».

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