Politica & Istituzioni
Social card? Non basta un cerotto sulla ferita della povertà
Il Governo finanzia per il secondo anno l’iniziativa “Dedicata a te”. Una carta prepagata, un aiuto una tantum, per le famiglie povere, da un valore complessivo di 500 euro, 40 in più rispetto allo scorso anno. «Un aumento che non fa i conti con l’inflazione», dice Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la Povertà. «Questo strumento non può contrastare la povertà e resta oltremodo discutibile la modalità scelta di erogazione del contributo che indica a chi vive in uno stato di indigenza come deve spendere i soldi della spesa alimentare»
di Anna Spena
Il Governo finanzia per il secondo anno l’iniziativa “Dedicata a te”. Una carta prepagata, un aiuto una tantum, per le famiglie composte da almeno tre componenti e con un Isee non superiore a 15mila euro. La misura è stata introdotta per la prima volta nel luglio 2023, la prepagata aveva un valore di 460 euro da spendere entro la fine dell’anno in generi alimentari. Quest’anno la card ha un valore complessivo di 500 euro, circa 40 euro in più. Nel 2024 sono stati stanziati 676 milioni di euro contro i 520 del 2023, e le famiglie beneficiarie saranno 1,33 milioni: 30mila in più. Le famiglie potranno utilizzarla per l’acquisto di beni alimentari (il paniere dei generi è stato allargato), abbonamenti a trasporti pubblici e anche carburante. Il cittadino non dovrà presentare alcuna richiesta: è l’Inps ad individuare le famiglie che hanno diritto alla carta e a segnalarle ai Comuni. La card sarà utilizzabile a partire dal prossimo settembre e sarà quindi utilizzabile per gli ultimi tre mesi dell’anno 2024.
Certo fa riflettere il tempismo: l’iniziativa è stata comunicata due giorni prima dell’inizio delle elezioni europee, annunciando qualcosa che partirà fra tre mesi. Ma il fenomeno della povertà in Italia è una cosa seria. E trascendendo dalle ragioni politiche e dai tempi della comunicazione ecco perché la social card non può funzionare, o almeno, da sola, non basta.
Social Card? È solo un palliativo
Lo scorso anno il 96% degli acquisti effettuati con la carta riguardava generi alimentari. «Questo», dice Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà, che dal 2013 raggruppa più di trenta organizzazioni sociali che hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta in Italia, «è un sussidio di ultima istanza, che non contrasta strutturalmente il fenomeno della povertà. Non facciamo nessun passo avanti rispetto al passato: contro la povertà serve una misura diretta e universale mentre nel nostro ordinamento, con l’entrata in vigore della legge 85/2023 i poveri sono divisi in categorie».
I 40 euro in più? Se li mangia l’inflazione
Quest’anno alla carta prepagata sono stati aggiunti 40 euro. «Ma in una situazione in cui l’inflazione è ancora alta e il potere d’acquisto delle famiglie diminuisce, capite che quei 40 euro non rappresentano un aumento significativo. Tra l’altro non è ancora chiaro se sono stati firmati gli accordi con la grande distribuzione per confermare lo sconto del 15% sui prodotti alimentari per chi acquista con la prepagata. Se la firma non dovesse arrivare questi 40 euro in più sarebbero evidentemente erosi dai maggiori prezzi.
Oggi in Italia vivono circa sei milioni di poveri assoluti: «La cifra è raddoppiata nell’ultimo decennio», spiega Russo. «Quella della social card è una misura temporanea che al massimo lenisce, una tantum, una ferita ben più profonda. La lotta alla povertà assoluta divenuta intanto una malattia cronica in Italia, ha bisogno di interventi di altro tipo e non solo in alcuni momenti dell’anno. La social card agisce in assenza di misure universali. E ricordo che siamo l’unico Paese in Europa – da quando non esiste più il reddito di cittadinanza – a non avere uno strumento diretto e universale contro la povertà assoluta».
I limiti su come devono essere spesi i soldi
«Indicare alle persone come deve essere speso il contributo alimentare può essere persino un’offesa alla povertà», commenta Russo. «Dire alle persone che possono comprare solo da una lista bloccata di alimenti equivale ad incrementare lo stigma della povertà. A rafforzare quella cultura aporofobica “della povertà per colpa” che sempre più si sta diffondendo. Altra cosa da ricordare è che alcune delle persone che si trovano in uno stato di indigenza oggi sono le stesse che fino a prima della pandemia lavoravano, avevano una vita normale e un reddito dignitoso. E ora invece sono tra quelle che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena». E l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione? Nel corso degli ultimi due mesi l’Alleanza contro la povertà ha chiesto quattro volte al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali di poter ottenere i numeri della platea dei beneficiari di queste due misure, che comunque non esclusi dalla Social Card. «Non abbiamo ricevuto risposta», spiega Russo, «ma continueremo a chiederli. Riteniamo che evadere la nostra richiesta non solo consentirebbe di capire come e se sta funzionando la riforma che ha introdotta l’Adi e l’Sfl ma anche rispondere ad una richiesta di trasparenza e di informazione».
Credit foto Mauro Scrobogna / LaPresse
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