Una tegola burocratica pesante come un macigno è caduta sulla testa di chi, in effetti, di macigni se ne intende, ma di solito li sposta per salvare vite umane: stiamo parlando dei volontari del Soccorso Alpino, sui quali è caduto un inaspettato quanto incredibile aumento dell'imposta di bollo applicata ai rimborsi che i volontari ricevono quando si astengono dal lavoro per svolgere le attività di soccorso. Una novità degli ultimi giorni che viene denunciata con toni accorati e forte preoccupazione dal presidente del Cnsas (Corso nazionale soccorso alpino e speleologico), Pier Giorgio Baldracco: “La legge 162/92 riconosce ai tecnici del Soccorso alpino che siano lavoratori autonomi il diritto a un rimborso per non perdere la giornata di lavoro quando impegnati a salvare vite umane. Il rimborso è tassato alla fonte con una ritenuta del 20%, a cui si aggiungevano 2,00 euro a titolo di imposta di bollo. In questi giorni, però”, continua il presidente, “alcuni Uffici territoriali del Ministero del lavoro hanno interpellato l'Agenzia delle entrate proprio sull'importo dell’imposta di bollo, e il 13 giugno scorso l'Agenzia della Entrate ha risposto portando il bollo a 32 euro!”.
Proprio così: secondo le Entrate infatti – si legge nel testo – sulle “istanze, petizioni, ricorsi e relative memorie dirette agli uffici e agli organi (…) dell’amministrazione dello Stato (…) tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili” vanno apposte due marche da bollo da 16 euro – per un totale di 32 pari al 44% del rimborso, che ammonta a 74 euro al giorno. Questa pesante tassa grava quindi su ciascuna richiesta presentata all'Ufficio del lavoro per ottenere il rimborso.
“E' ovvio che si tratta di una follia”, ribadisce Baldracco, “anche perché la maggior parte dei soccorritori del Cnsas sono persone che abitano in montagna e fanno gli artigiani, i lavoratori edili, i ruspisti, i maestri di sci… tutti lavoratori autonomi. Ora, già si fa molta fatica a reclutare nuovi soccorritori, altrettanta fatica si fa per formarli e consentire loro di raggiungere gli alti standard di professionalità richiesti; ora senza rimborso, o quasi, chi accetterà di entrare a far parte della nostra organizzazione, che ogni anno salva centinaia di vite umane?”.
E non sono parole: il Cnsas con oltre 8000 interventi l'anno assicura ogni giorno in tutta Italia il soccorso in montagna, sia alla popolazione che ai turisti; nella sola giornata di oggi, riferisce il presidente, ci sono 4 squadre di volontari in quattro regioni che stanno cercando, con l'aiuto dei cani molecolari, altrettanti cercatori di funghi dispersi. “E sono solo le squadre di cui sono a conoscenza, perché hanno richiesto l'impiego dei cani, che deve essere autorizzato centralmente. Ma chissà quanti altri sono al lavoro in altri interventi”. Insomma, il Cnsas dice no all'interpretazione della norma dell'Agenzia dell'entrate che “spreme soldi dai volontari tassando un'indennità che solo in parte compensa un mancato reddito” e chiede che “si ponga immediatamente rimedio a questa stortura che sbeffeggia e lede la nostra dignità di soccorritori, di cittadini e di contribuenti. Ci auguriamo che gli oltre 7000 tecnici del Cnsas, tra cui tanti montanari lavoratori autonomi e artigiani, di fronte a una richiesta di soccorso e con davanti un intervento che potrebbe durare anche diversi giorni non siano costretti a pensare per un solo momento di dover scegliere tra mancato reddito per la propria famiglia e il salvataggio di una vita umana”.
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