Non profit
Sober October: se per fare la differenza basta rinunciare a una birra
Una non-profit britannica lancia #soberoctober la campagna che invita i donatori a fare una donazione e rinunciare all’alcol per un mese. Sarà la nuova ice bucket challenge?
Dopo le maratone e i secchi d’acqua ghiacciati, per fare qualcosa di buono oggi potrebbe bastare rinunciare a una birra, almeno in Gran Bretagna. Porta l’hashtag #soberoctober, la campagna lanciata dall’organizzazione di sostegno ai malati di cancro, Macmillan Cancer Support, per raccogliere fondi, sfidando i potenziali supporter a fare una donazione e restare completamente astemi per tutto il mese di ottobre.
Se fino a poco tempo fa, erano gli eventi sportivi (maratone in primis), gli strumenti più utilizzati dalle non profit britanniche per fare fundraising e invitare i cittadini a dimostrare il proprio impegno sociale, oggi il metro della sfida per le charities del Regno Unito è decisamente cambiato. Nato nel 2013 da una partnership con l’iniziativa australiana Dry July (Luglio secco), che dal 2008 in Australia ha raccolto oltre 11 milioni di dollari convincendo i supporter a rinunciare all’alcol per tutto il mese di luglio, Sober October potrebbe riuscire a sfruttare il successo globale dell’Ice Bucket Challenge e diventare il prossimo fenomeno di fundraising virale.
La campagna infatti non coinvolge solo chi decide di rinunciare all’alcol per tutto il mese di ottobre, ma anche la famiglia e gli amici, che possono decidere di offrire il proprio supporto ai nuovi astemi, facendo una donazione all’organizzazione. Con oltre centomila like su Facebook e già diverse migliaia di euro raccolte nelle prime ore, Sober October sembra prospettare un mese parecchio promettente per il Macmillan Cancer Support, anche se qualcuno ha già mosso le prime critiche all’iniziativa, sollevando il dubbio che rinunciare all’alcol sia una sfida paragonabile a correre una maratona e nemmeno a rovesciarsi una secchio di acqua ghiacciata in testa, persino nella patria dei Pub, della birra e del whisky.
A sollevare le prime polemiche, soprattutto il termine con cui la campagna si rivolge ai propri supporter, definendoli “Heroes”, letteralmente eroi. “Se pensate che non bere alcol sia eroico, allora spero davvero che non siate voi a dovermi salvare in caso di incendio…” Scrive la giornalista Nell Frizzell sul Guardian, sottolineando che, nonostante le buone intenzioni, affermare che i “sober heroes” stiano facendo “qualcosa di straordinario per i malati di cancro”, come si legge sul sito di Sober October, offre effettivamente una percezione distorta di cosa significhi fare un sacrificio. La decisione di rinunciare all’alcol per un pò insomma, non dovrebbe essere nulla di straordinario, tutt’altro dovrebbe passare inosservata, come una semplice scelta personale a beneficio della salute di chi la compie. “Ciò che invece meriterebbe davvero la nostra attenzione è il lavoro costante di chi si prende cura dei malati e di chi ogni giorno si impegna per trovare una cura alla malattia.” Scrive Frizzell. “Le infermiere, i medici, i ricercatori. Questi sono i veri eroi.”
Risultati economici a parte, insomma, vedremo se i “sober heroes” riusciranno a portare l’attenzione anche su queste persone, sulle organizzazioni che sono alle loro spalle e, soprattutto, sui malati, o se invece, ci offriranno solo l’ennesima ondata di selfie.
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