Economia

Snam Rete Gas, la trasparenza che non c’è

di Redazione

Somministriamo il Dams test per la irresponsabilità al bilancio di sostenibilità di Snam Rete Gas 2008. Tra le prime dieci imprese del Mib30 per capitalizzazione di Borsa, Snam Rete Gas opera nell’oscuro settore del trasporto di gas dalle Alpi al Lilibeo.
Questo business funziona così: i proprietari del gas ordinano a Snam Rete Gas di passare il proprio gas nei suoi tubi per portarlo a destinazione ai propri punti di rete micro e in certi casi all’utente finale. Snam fattura ai suoi clienti il servizio di trasporto. Trasportare il gas non è cosa banale perché occorre spingerlo, mantenere la pressione nei tubi, evitare le perdite, evitare che bruci.
Occorre servire i clienti che si presentano tutti insieme all’ultimo minuto, magari con qualità diverse di gas: quello che viene riconsegnato infatti non è lo stesso gas che viene immesso. Snam è come Terna per l’elettricità, come Rete Ferroviaria per le ferrovie, crea e gestisce le infrastrutture per fare il trasporto. Dovrebbe essere distinta dai clienti, in realtà è posseduta al 51% dal suo maggior cliente, Eni – Ente nazionale idrocarburi.
Laconico il testo dice che siamo di fronte al “principale operatore” del settore e che il settore è regolamentato. Il primo valore del Dams test è “stakeholder ignoto”: dare conto della posizione occupata nel contesto concorrenziale. Tale valore ci porta a desiderare che nel bilancio di sostenibilità del prossimo anno sia detto chi sono e che peso hanno concorrenti e clienti, sia fatto un confronto internazionale sui prezzi, sugli investimenti e sulle capacità produttive.
L’azienda riferisce un utile netto del 30% sui ricavi. Tantino, ma fa anche molti investimenti. Sarebbe utile sapere se tali investimenti attuano quel “meno ai padri e più ai figli” che nessuno si permette di contraddire. Se abbiamo problemi di picco e le massaie non riescono a cucinare tutte insieme lo spaghetto.
Oppure è un modo per rapinare il consumatore italiano a spese dei fornitori di impianti. Solo il confronto internazionale può darci una parvenza di risposta. Non una risposta precisa, ma un ragionamento giusto.
Se il regolatore, Autorità per l’energia elettrica e il gas, vulgo Antigas, lamentava ieri che i costi dell’energia al popolo sono più alti che altrove in Europa, da qualche parte questi costi devono pur venire.
Le informazioni sopra desiderate rispondono al valore della disclosure: dire le cose che tutti i giorni si discutono nella casa anche se nessuno te le chiede. Queste cose sono generate dal valore dell’attuazione: esse sono importanti per la sostenibilità, per farsi carico della filiera oltre il perimetro dell’impresa.
Il senso della microetica fa riferimento alla quota di responsabilità personale nell’ambito della responsabilità organizzativa (corporate): ci vuole una certa chutzpah a definirsi “principale operatore” e non dire quanto principale sia.
Forse mi è sfuggito perché non ho letto tutte le 210 + 120 pagine della relazione finanziaria e del bilancio di sostenibilità, come non le leggeranno analisti e rater.
E questo ci riporta al valore della disclosure, trasparenza attiva, che impone anche evidenza e sintesi nelle cose che si dicono.
Quanto sopra nella speranza di dare sostanza provvisoria agli auspici del professore Luigi Guatri (Corriere della Sera, 7 marzo 2009), nelle more che giungano a maturazione le indicazioni del Committee of European Securities Regulators – Cesr, Ref. Cesr/05-178 Cesr Recommendation on Alternative Performance Measures, consultation paper, may 2005 – che per il momento appaiono un po’ vaghe.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA