Sustainability portrait

Vorrei incontrarti tra vent’anni

La sostenibilità oggi è la vera strategia delle aziende per costruire il proprio successo nel lungo periodo. Nella nuova puntata della rubrica di VITA, Matteo Tanteri di Snam racconta la visione di un player dell’energia impegnato nella transizione ecologica. Toccando temi che riguardano tutti: le comunità, la biodiversità, passando per la finanza e la capacità di fare impresa

di Nicola Varcasia

In questa puntata della rubrica di VITA incontriamo un manager della “nouvelle vague” della sostenibilità. Lungo il suo percorso professionale, oggi è director sustainability & social impact di Snam, si era occupato di altri importanti capitoli dello sviluppo del business, ma non direttamente di questo tema. Un’esperienza tanto più interessante, se riguarda il futuro di un player dell’energia impegnato nella transizione ecologica e in quel transitioning away dai combustibili fossili divenuto la parola chiave degli accordi di Dubai della Cop28 da poco conclusa.

In questa rubrica, però, partiamo sempre dall’inizio: qual è stato il suo?

Dopo la laurea in economia, in Bocconi, ho lavorato in Bain company, nel ramo della consulenza strategica. Dieci anni fa l’ingresso in Snam, con numerosi compiti legati dal fil rouge dello sviluppo del business all’estero.

Quali sono state le tappe principali?

Prima mi sono occupato di scenari di lungo periodo e merger and acquisition. Poi, con l’allora amministratore delegato, Marco Alverà, sono diventato il primo capo dell’office del Ceo e, successivamente, delle nostre società in Europa. Negli ultimi quattro anni, dal 2019 allo scorso maggio, sono stato in Cina per aprire la prima vera filiale di Snam all’estero.

Poi la sostenibilità.

Al rientro dalla Cina, il nuovo ad, Stefano Venier, appena insediato, cercava per il ruolo di Esg officer qualcuno che conoscesse la gestione delle attività aziendali anche dal punto di vista delle responsabilità dirette su obiettivi e risultati.

Il mio profilo si accordava anche se, a parte il vivo interesse personale per la tematica, avrei iniziato ad occuparmi concretamente di sostenibilità solo in questa circostanza.

Qual è la prima cosa che ha “scoperto”?

Studiando il nostro bilancio di sostenibilità, paradossalmente, ho visto subito le due anime di questo mondo. Una alta e aspirazionale, l’altra più legata a compliance e burocrazia, pensiamo solo alle nuove regole sul reporting. Ma, a differenza dei miei precedenti incarichi, dove i sentieri erano tutti da costruire, il percorso di Snam nella sostenibilità era già all’avanguardia. Ho perciò avuto il tempo di costruire le mie idee in merito, scoprendo con piacere che c’era ancora tanto da fare.

Quali sono i temi che ha sentito stati immediatamente più vicini?

Il primo è il concetto stesso di sostenibilità: siamo abituati a parlarne in termini di climate change e salvaguardia dell’ambiente, ma collegarla solo a questi temi è molto riduttivo, c’è molto di più.

Cosa?

La sostenibilità è il presidio dei valori che permettono a un’azienda di sviluppare il proprio business nel tempo, è l’elemento che permette di rispondere alla domanda: che cosa, tra vent’anni, consentirà alla nostra azienda di essere ancora sul mercato, di dare valore, di essere ancora leader di settore?

Per voi cos’è più importante?

Penso sia a tutti chiaro quanto la sostenibilità a 360° sia un tema decisivo e strategico per Snam, che lavora in un settore abbastanza complesso, quello dei combustibili fossili, al centro del fenomeno della transizione ecologica. Quindi – oltre a essere perfettamente sostenibili in ogni altro aspetto, a cominciare dal rapporto con le comunità locali – per noi è cruciale farci carico fino in fondo dell’evoluzione di un settore che, gestito in modi nuovi a cui già lavoriamo, può essere decisivo per raggiungere gli obiettivi attesi.

Cos’è cambiato rispetto al passato?

Vent’anni fa la sostenibilità era legata alla corporate social responsibility. Poi c’è stata l’evoluzione Esg, importante perché ha portato a bordo il tema nella finanza. Ma non era ancora abbastanza, perché la storia e i valori di un’azienda non emergono dagli indici legati a questi fattori, bensì nella dimensione più completa di quella che oggi chiamiamo sostenibilità e che Snam valorizza nelle relazioni che instaura con le comunità locali, con i fornitori, le sue persone, oltre che nell’attenzione per l’ambiente e la biodiversità. La sostenibilità oggi è diventata la vera strategia delle aziende per avere successo nel lungo periodo ed è questa la sfida che ci siamo dati.

Come un player dell’energia affronta l’epoca della cosiddetta policrisi? Pensiamo naturalmente alle guerre e al caro energia che ne è derivato.

Per Snam, la priorità è assicurare, sempre e comunque, che tutti abbiano l’energia e ci siano infrastrutture che permettano di portare il gas in Italia. La situazione di policrisi pone più sfide nello stesso momento. Da un lato, si scontra con l’obiettivo di lungo termine di arrivare all’energy transition, dall’altro costringe ad agire subito per fronteggiare le urgenze. Ad esempio, riattivando due rigassificatori in Italia, che possono sembrare soluzioni datate ma che oggi, per esempio, oltre a garantire la sicurezza energetica concorrono anche a scoraggiare il ricorso al carbone, un vettore molto più inquinante di cui l’anno scorso nel mondo abbiamo registrato consumi record.

Avevate piani diversi?

Snam aveva – ed ha – un piano di sviluppo finalizzato sull’energia e la rete del futuro, che trasporterà gas decarbonizzati quali biometano o idrogeno. Quanto è successo negli ultimi due anni ha modificato i piani del breve periodo, ma con un risvolto positivo: se il concetto di sostenibilità diventa sinonimo della strategia aziendale, il modo in cui approcci le urgenze del breve periodo – che noi cerchiamo sempre di affrontare guardando anche lontano – aiuta a capire se tieni davvero agli obiettivi di lungo periodo.

In un mondo così instabile, l’idea della sostenibilità non rischia di restare un’utopia?

Quella del climate change è una sfida molto difficile, globale, che richiede oggi un accordo fra le nazioni su come dovrà essere il mondo tra 20 anni. Ma non possiamo non provarci, è troppo importante. Senza diventare ideologici, come quando si è puntato il dito contro il nucleare affermando che esistono solo le rinnovabili, mentre l’atomo mostrava, per molti versi, di poter essere ancora considerato come una soluzione efficace in termini di riduzione delle emissioni ed economicità.

Oltre alla decarbonizzazione, quali sono oggi le sfide principali per il vostro Gruppo in fatto di sostenibilità ambientale?

Abbiamo ampliato l’esplorazione del lato ambientale, ispirandoci al concetto dei nove Planetary boundaries: per tanti anni si è pensato solo al tema delle emissioni, in realtà sono tante le sfide da affrontare per mantenere la vita sul pianeta non solo da qui al 2050, ma anche oltre.

Voi su quali vi state impegnando?

Fra i tanti capitoli, ci concentreremo in modo particolare, e lo stiamo anzi già facendo, sulla biodiversità e sull’uso del suolo. È un’area importante che già contraddistingue la filosofia di Snam, che da sempre costruisce le sue infrastrutture, ad esempio i gasdotti, ripristinando l’ambiente e il paesaggio nelle stesse condizioni in cui l’ha trovato. Ma intendiamo potenziare in senso trasformativo e rigenerativo la nostra azione.

Come farete?

Lo scorso novembre, Snam ha avviato il percorso che ha portato alla sottoscrizione del Corporate engagement program di Science based targets network – Sbtn. È il primo fondamentale passo verso l’ottenimento di una certificazione di natura scientifica sulla biodiversità per le aziende. Snam intende così aderire a un’iniziativa capace di strutturare l’impegno di imprese e istituzioni finanziarie nei confronti non più del solo contrasto alle emissioni climalteranti ma anche della natura nel suo complesso.  

A proposito di finanza, qual è il ruolo di quella sostenibile nel vostro assetto?

L’indebitamento finanziario netto relativo all’ultima relazione sui primi nove mesi del 2023 è pari a 14,3 miliardi di euro che, per l’80%, sono riferiti alla finanza sostenibile. È un target che Snam ha raggiunto con tre anni di anticipo. Ma, al di là dei nostri numeri, penso sia importante osservare che la finanza è oggi la principale leva a lavorare sulla sostenibilità, soprattutto nelle grandi aziende. Ed è cruciale perché sono temi sui quali c’è una spinta sempre più forte da parte degli investitori.

Tra i pilastri indicati nei vostri report di sostenibilità hanno molta importanza le persone. In che modo le valorizzate?

Sono le persone a rendere unica un’azienda nel tempo. Negli ultimi tre anni sono accaduti vari fenomeni dal Covid alle grandi dimissioni, senza contare l’incidenza dell’aspetto demografico e altri fattori di cambiamento. La nostra chiave di lettura è fare in modo che le persone si sentano realizzate professionalmente. Continueremo a puntare molto sulla formazione, ma vorrei citare una novità che riteniamo importante in ottica di welfare e wellbeing: da gennaio 2024 tutti i nostri oltre 3.600 dipendenti avranno la possibilità di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria integrativa gratuita.

Come vede le aziende italiane rispetto al tema della sostenibilità?

Snam non potrebbe esistere se non investisse sul tema della sostenibilità, ma credo che questo valga anche per tutte le piccole e medie imprese italiane: il fattore chiave è non vedere questo aspetto come un costo, ma come qualcosa di cui non si può fare a meno. Certo, di riflesso ci sono quegli aspetti relativi agli obblighi, la seconda anima che abbiamo citato all’inizio. Ma la sostenibilità va vissuta come qualcosa di necessario su cui non solo investire, ma impostare il proprio lavoro. Prima le aziende entreranno in questo mindset culturale prima riusciranno ad avere un vantaggio competitivo.

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