Famiglia

Sminamento, l’umanitario in prima linea

In un campo profughi nel nord dell’Iraq un ordigno esplode. Tre bambini vengono uccisi in modo orribile. Come evitare che situazioni simili si ripetano?

di Nino Sergi

Al Tash, triangolo sunnita, nei pressi di Ramadi, marzo 2004. Nel campo profughi di 5.150 persone dove Intersos sta lavorando, tre bambini giocano con un ordigno esplosivo trovato sotto le macerie. Un boato. L?esplosione lascia sul terreno solo brandelli di carne, irriconoscibili. Quando, in Iraq, ho visto le foto e ho sentito la descrizione degli operatori di Intersos, ho rinnovato la volontà di rafforzare la nostra unità per lo sminamento e la bonifica di aree infestate da ordigni esplosivi. In Iraq, tra giugno e novembre scorsi, abbiamo già raccolto e resi inoffensivi più di 300mila tra mine e ordigni. Quante vite sottratte alla morte? Molte, probabilmente. Ma anche se questo lavoro fosse servito a salvare un solo bambino, considererei più che motivato il rischio corso dai nostri sminatori in questi mesi. L?immagine di quei brandelli di carne, come quelle dei mutilati angolani (più di 70 mila!) o di quelli afgani o cambogiani, distrutti nel corpo e nell?anima dalle mine disseminate e sempre attive, non possono lasciarci indifferenti. Qualcuno, anche tra le ong, dice che lo sminamento (che riguarda anche le micidiali bombe cluster) non può essere considerato un?attività umanitaria dato che si viene a contatto con ordigni esplosivi, “materia militare da cui stare alla larga”. Ma chi credono che lo possa fare se non le organizzazioni umanitarie? Va chiarito una volta per tutte che le forze armate, salvo casi di estrema urgenza e di immediato pericolo, non hanno e non possono avere alcuna competenza sullo sminamento nelle aree civili, tanto meno sullo sminamento umanitario finalizzato alla totale sicurezza delle popolazioni e al pieno ritorno alla vita sociale e produttiva. Nessuna forza armata ha fra i suoi compiti quello di sminare terreni ed edifici per usi civili. Lo sminamento militare è infatti finalizzato a scopi militari, per favorire le manovre belliche tramite l?apertura di passaggi per i mezzi e per rendere sicure le aree utilizzate dai contingenti stessi. La bonifica a fini umanitari (metro per metro, garantendo i massimi livelli di sicurezza, formando personale locale, assistendolo, guidandolo e tutelandolo) è invece finalizzata alla completa agibilità di aree pericolose per la popolazione e con l?unico scopo di permettere, dopo anni di angosciante pericolo, la ripresa in piena sicurezza degli spostamenti, delle attività sociali, produttive, economiche. Con le mine è impossibile parlare di sviluppo. Salvare, con spirito di solidarietà, le popolazioni e in particolare i bambini dal flagello delle mine e degli ordigni esplosivi e liberarle dall?angoscia della loro presenza è, al di là delle confusioni spesso strumentalmente agitate, un dovere e un compito che spetta solo alle organizzazioni umanitarie e che va svolto con spirito umanitario e secondo i suoi principi. Occorre inoltre ricordare che la lotta alle mine antipersona è uno dei risultati più qualificanti dell?azione del mondo non governativo internazionale. Per più di un decennio la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antipersona si è battuta perché la comunità mondiale ne mettesse al bando la produzione e commercializzazione. Per questo ha ottenuto il premio Nobel per la pace. Il Trattato di Ottawa, la cui approvazione è il risultato dell?azione della Campagna, rimane il simbolo di un doveroso obbligo internazionale ottenuto grazie alla convinta mobilitazione della società civile. Il coordinamento di tutte le operazioni contro le mine antipersona non è affidato ai militari ma a un organismo dell?Onu, Unmas, e lo sminamento compare fra le priorità di numerose agenzie umanitarie. I progetti in questo settore sono realizzati da importanti ong umanitarie quali Norwegian People?s Aid, Handicap International, Dan Church Aid, Danish Demining Group (formato da Caritas, Danish Refugee Council, Danish People Aid) e Intersos stessa. Tutte ong che potrebbero insegnare non poco sulla fedeltà ai principi umanitari. La parte più propriamente tecnica dei progetti di sminamento e di bonifica richiede conoscenze di base che sono peculiari di chi ha svolto, almeno per qualche anno, il servizio militare. Esperienza che garantisce una base tecnica concreta e affidabile, sulla quale sviluppare un?ulteriore formazione per un costruttivo approccio umanitario al problema. I tecnici non sono scelti tra il personale militare, ovviamente, data l?inconciliabilità tra la dimensione militare e quella umanitaria, ma tra personale civile che abbia avuto quel tipo di esperienza precedentemente. Le operazioni di bonifica necessitano peraltro anche di altre professionalità come quelle di coordinatore di progetto, di operatore per le attività di formazione ed educazione delle popolazioni contro le mine, di logista, di amministratore; operatori che vengono preparati insieme ai tecnici. In questi anni a Intersos abbiamo svolto una serie di corsi congiunti per tutte queste figure professionali, favorendo la loro integrazione in tutte le fasi del progetto. Solo chi affronta il problema in modo superficiale può fare confusione tra ?tecniche militari?, senza le quali non si riesce a togliere alcuna mina, e ?approccio militare? o ?connubio con il militare?, dimensione che è totalmente estranea alle ong del settore. Un nostro sminatore in Iraq, Paolo Simeoni, si è dimesso da Intersos ai primi di gennaio per tentare – si è ora saputo – una strada che gli appariva molto più redditizia, proponendosi come guardia del corpo a un?impresa per la ricostruzione. Alcuni l?hanno vista come la prova della confusione tra umanitario e militare e della scarsa attenzione alla selezione del personale umanitario. La prima affermazione confonde il livello delle scelte individuali, su cui un?ong può ben poco, con quello degli approcci etici e professionali dell?organizzazione. Sulla seconda è bene sottolineare che se le attività umanitarie di Intersos in una quindicina di Paesi (e non solo nello sminamento, che rappresenta solo un terzo delle attività) sono state apprezzate dalle popolazioni assistite e dalle Nazioni Unite, vuol dire che la selezione delle persone è stata generalmente attenta e severa. Oltre alla professionalità, si chiede infatti la condivisione dei valori e delle finalità umanitarie di Intersos espressi nella propria Carta fondamentale e la loro traduzione nell?azione quotidiana. Anche ai tecnici sminatori chiediamo il rispetto di tale Carta, pena l?interruzione del rapporto di collaborazione. Paolo Simeoni, per i periodi di collaborazione con Intersos, l?ha rispettata. Non ci sembra che abbia poi usato impropriamente o strumentalmente il nome di Intersos per il ben diverso successivo lavoro. Se dovesse emergere il contrario, provvederemo a tutelare Intersos e il lavoro svolto da decine di altri operatori umanitari nel mondo. Peccato che questo tema sia stato affrontato, in questi giorni, da alcuni predicatori di umanitarismo e di giustizia con il veleno nel cuore. Intersos sicuramente continuerà con sempre maggiore convinzione il suo impegno per lo sminamento e la bonifica per liberare le popolazioni in pericolo dall?angoscia e dalla paura e per favorire il riavvio dello sviluppo là dove è stato negato per anni.


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