Il caso
Smartphone a scuola sì o no, un dibattito vecchio di vent’anni
Nel nuovo Global Education Monitoring Report l'Unesco prende posizione contro gli smartphone a scuola e fa il punto su digitale e informazione
di Alessio Nisi
Vietare l’uso degli smartphone a scuola non è sbagliato. Pesano come un macigno le 434 pagine del Global Education Monitoring Report, l’analisi dell’Unesco dove si parla sì di cellulari all’ombra della campanella, ma anche di sovrabbondanza dell’informazione, di strumenti tecnologici, di rapporto fra docente e alunni e dove l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura cita la Cina che ha stabilito limiti per l’uso di dispositivi digitali come strumenti didattici, limitandoli al 30% del tempo di insegnamento, con pause regolari lontano dallo schermo. E dove sottolinea «che la semplice vicinanza a un dispositivo mobile distrae gli studenti e ha un impatto negativo sull’apprendimento in 14 paesi». Pesa come un macigno perché lo studio ha tutte le premesse per accendere nuovamente lo scontro tra quanti dicono sì e quanti sostengono il contrario. Un muro contro muro spesso squisitamente ideologico. E che lascia sullo sfondo i ragazzi (e la loro tutela), che sono i veri protagonisti di un rapporto che va letto riga per riga.
I costi del digitale sono sottovalutati
Tra le premesse del Global Education Monitoring Report due sembrano rilevanti e non riguardano solo gli smartphone. La prima: «I dati sull’impatto di computer e dispositivi elettronici sono contrastanti. I costi a breve e a lungo termine dell’uso del digitale sembrano essere notevolmente sottovalutati». La seconda premessa, che poi è un auspicio, è questa: occorre «imparare a vivere sia con che senza la tecnologia digitale».
Nel pieno della rivoluzione digitale la scuola arranca
Luca Piergiovanni è un insegnante di lettere esperto in tecnologie dell’apprendimento che collabora con centri di ricerca per la formazione degli insegnanti all’uso tecnico e didattico di strumenti e ambienti del web. Per Piergiovanni bisogna fare attenzione sia ai tecnofobici sia ai tecnoesaltati. Per questo, spiega, serve una formazione specifica per gli insegnanti. «Con questi discorsi sembra essere tornati indietro di vent’anni, eppure siamo nel pieno di un cambio di paradigma enorme e la scuola arranca. Ci vorrebbe una formazione capillare per capire come applicare queste tecnologie alla didattica», dice a proposito del rapporto.
Continuare a dire smartphone sì, smartphone no è un esercizio sterile, che non porta da nessuna parte. Con questi discorsi siamo tornati indietro di vent’anni
Luca Piergiovanni
Per l’insegnante, «continuare a dire smartphone sì, smartphone no, ma anche social sì o no, è un esercizio sterile, che non porta da nessuna parte». La sua proposta? «Formazione dei docenti e uso ponderato del digitale con una riflessione pedagogica di fondo». Un percorso di crescita degli insegnanti che andrebbe a lavorare su «approccio alla tecnologia e anche sulle competenze informatiche».
Nuove forme della didattica
Una strada che si spinge fino a creare le premesse, incalza Piergiovanni, di un nuovo approccio alla didattica. Ma questa è un’altra storia e si porta dietro una dimensione che entra dritta nelle riflessioni sull’infosfera di Luciano Floridi, filosofo e professore di Etica Digitale a Bologna e Oxford (non esiste più un digitale e un analogico, ma un’unica realtà guidata dalla conoscenza: l’onlife). Per tornare alla didattica, secondo Piergiovanni si deve arrivare a fare in modo che gli strumenti digitali, «diventino invisibili, come carta e penna».
Si deve arrivare a fare in modo che didattica e strumenti digitali diventino invisibili, come carta e penna
Luca Piergiovanni
Imprescindibile il rapporto con l’insegnante
Nella lunga analisi dell’Unesco si sottolinea anche l’importanza di «lasciare che la tecnologia supporti, ma mai sostituisca, il legame umano su cui si basano l’insegnamento e l’apprendimento». «Il rapporto umano è imprescindibile – sottolinea con decisione il docente – ma quello rimane anche con le tecnologie, ci mancherebbe. Prima di lanciare una qualsiasi attività didattica con i miei studenti, che sia con carta e penna, che sia con il digitale, cerco sempre di costruire un rapporto di stima e rispetto reciproco».
L’eccesso di informazioni
Tra le linee che emergono dal report, una tocca il fiume di informazioni in cui tutti siamo immersi. Per l’Unesco occorre «prendere ciò che è necessario da un’abbondanza di informazioni, ma ignorare ciò che non è necessario». Anche in questo caso Luca Piergiovanni rimanda alla necessaria formazione del corpo docente e al curriculum dello studente. «Permette di capire come e quando inserire certi argomenti. E una delle prime attività sa qual è? Distinguere le notizie vere da quelle false».
Foto in apertura Pixabay
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